«Dipingo la natura tra il Sud America e la luce di Langa»

Il viaggio di Ernesto Morales, nato a Montevideo, cresciuto a Buenos Aires e approdato a Torino prima di ritrovare le sue origini a Castiglione Tinella: «Nei miei quadri esploro la metamorfosi e il cambiamento della materia. Con Artefora promuoviamo la collaborazione tra realtà artistiche»

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La natura. Un richiamo, una necessità, un modo di viaggiare dentro se stessi per ritrovarsi, per trasformarsi, per continuare a essere e a rivelarsi attraverso i colori, la luce e le sfumature. Il pittore Ernesto Morales ha lasciato l’Argentina da più di 20 anni e il suo instancabile muoversi lo ha portato in Europa e poi nelle Langhe dove ha avuto l’urgenza di avere una base, uno spazio dove fermarsi e costruire.

Partiamo dall’inizio, ci racconti un po’ di sé.
«Sono nato a Montevideo in Uruguay e ho iniziato la mia carriera a Buenos Aires dove ho vissuto fino al 2006 per poi trasferirmi in Europa. Do­po un primo periodo a Parigi ho stabilito il mio studio in Italia, inizialmente a Roma e dal 2011 a Torino».

In Argentina ha fatto l’insegnante.

«Dal 1999 al 2006 ho insegnato Pittura e Storia dell’ Arte presso l’Universi­dad de Buenos Aires e ho rivestito l’incarico di direttore dell’Academia de Bellas Artes de Buenos Aires. Il mio periodo accademico è stato un mo­mento meraviglioso di scambio e di arricchimento con gli studenti».

Le sue opere hanno fatto il giro del mondo dagli Stati Uniti all’Europa, passando per l’America Latina, Asia e Italia, ci spiega la sua essenza?

«Mi interessa indagare sui processi di trasformazione della natura, ho bisogno di trovare una connessione con la natura e vivere da vicino quella trasformazione, soffermandomi sull’impermanenza di ogni cosa. La mia è una pittura fatta di memoria e di distanza, che indaga sul linguaggio pittorico e si muove al limite tra astrazione e rappresentazione, dove in alcune occasioni si accenna a paesaggi rarefatti avvolti nel silenzio di atmosfere metafisiche».

Non dipinge solo ciò che ve­de.

«Il paesaggio che rappresento non riguarda necessariamente ciò che è davanti ai miei occhi, ma piuttosto una rielaborazione mentale che tocca profondamente alcuni temi fondamentali per me. Esploro la natura in continua trasformazione, rifletto sulla sua essenza naturale e sull’interazione dell’uomo con essa».

Qual è la sua tecnica?
«Lavoro con la pittura da sempre, ho sperimentato molte tecniche ma da una ventina d’anni lavoro con l’olio su tela o su carta utilizzando pigmenti naturali che elaboro direttamente, sempre nell’ottica di inseguire la trasformazione della natura e quindi accompagnare anche con la creazione del colore alla natura che si trasforma».

Nuvole, foreste, boschi, nebulose sono le principali protagoniste dei suoi quadri.

«Dipingo la metamorfosi e il cambiamento della materia e della luce. Guardando gli elementi della natura nella sua complessità e nella sua lenta trasformazione riusciamo a fare un percorso di introspezione guardandoci dentro. Non possiamo prescindere dal legame che abbiamo con ciò che ci circonda».

Cosa unisce il tutto?
«La luce: essa funge da simbolo effimero, legato alla materia pittorica, intensa e penetrante nei boschi, avvolta nella nebbia dei paesaggi e scintillante nelle costellazioni. La luce diventa quindi un filo conduttore che lega i cicli della natura e della vita urbana, trasmettendo un senso di continuità e mistero attraverso i paesaggi che attraversiamo».

La natura l’ha, poi, portata in Langa.
«Mi sono innamorato delle sue colline, dei suoi paesaggi, della storia dei suoi borghi, e dopo una decina di anni da quando mi sono spostato a Torino, ho sentito la necessità di ritornare nella natura: era per me come tornare, in una maniera quasi universale, alle mie origini».

Ha creato Artefora a Ca­stiglione Tinella, il suo Centro per l’arte contemporanea in una grande cascina.
«Con Artefora promuoviamo la collaborazione tra realtà artistiche e culturali internazionali attraverso l’organizzazione di progetti culturali, mostre, seminari, convegni e workshop in dialogo con la natura e il paesaggio circostante. Portiamo avanti progetti e residenze artistiche internazionali con istituzioni e realtà imprenditoriali, contribuendo a sviluppare un circuito diffuso all’insegna dello scambio tra saperi e professionalità diverse. Sono convinto che l’arte si nutra dalla filosofia, dalla poesia, dalla scienza».

Un domani potrebbe dedicarsi di nuovo all’insegnamento?

«Non saprei, ma mi piacerebbe restituire quello che ho ricevuto in passato promuovendo approfondimenti o mo­menti formativi».

In Langa si è anche fatto conoscere.

«Ho sviluppato diversi pro­getti, a cominciare da Tierra, una mostra diffusa sul territorio delle Langhe che ha coinvolto tre sedi contemporaneamente, la Torre di Barbaresco, il Castello di Neive e le Tenute dei Marchesi di Grésy. Poi a Bussia, a Monforte d’Alba, ho realizzato due opere murales sulle facciate delle Cantine di Ceretto e di Francesco Clerico».

Il 23 marzo esporrà alcune opere ad Albaretto Torre all’interno del progetto “Radici Connesse”.
«L’arte dialogherà con la natura alla ricerca di uno sguardo aperto, attento e sostenibile. Esporrò alcune opere delle serie dei Boschi, oltre a quattro quadri nuovi sulla serie del Cosmo».

L’Argentina ritorna nella sua visione?

«L’Argentina, l’Uruguay, Latinoamerica, tornano sempre. Nell’orizzonte basso che si perde lontano, in questa luce capace di accendersi e spegnersi, in questo ciclo continuo di andata e ritorno».

La domanda di rito: progetti futuri?

«Quest’anno sono impegnato con i preparativi per una grande mostra che terrò nel Rothko Museum in Lettonia dove le mie ultime opere dialogheranno con quelle del famoso artista lettone Mark Rothko: proprio a lui, fra l’altro, la fondazione Louis Vuitton di Parigi sta dedicando una grande retrospettiva».

Articolo a cura di Daniele Vaira