Strumia, caccia al miele «Partendo dal Roero»

Una passione che resiste: «Stregato dai limoni di Sorrento, che orgoglio a Sommariva del Bosco»

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«Guardo ai rimedi del­la nonna, più che al gusto. Cosa puoi fare con il miele di biancospino? È molto rilassante, aiuta per ansia e insonnia. Quello di fieno greco è antinfiammatorio». A Sommariva del Bosco, tutti lo conoscono come “il cacciatore di mieli rari e pregiati”. Tonino Strumia, 78 anni, a lungo ha gestito con la moglie una pasticceria in paese, al civico 9 di via Vittorio. «Cer­cavamo di offrire sempre prodotti di qualità. Avevo sentito parlare di un miele particolare, di limoni di Sorrento, venduto da un commerciante che spesso era a Venezia. Sono andato lì apposta per assaggiarlo. Erano gli anni Settanta, quel prodotto mi ha stregato».
Ne nasce una passione che continua a coltivare ancora oggi che, pensionato, ha ceduto la bottega. «Anche perché il Roero è una terra di mieli – spiega -. Lo sapete che il 60% del miele prodotto nella provincia di Cuneo arriva da qui? Ci sono l’acacia, il millefiori, il castagno… A me affascinano soprattutto quelli più rari, a patto che siano italiani». Li cerca dai produttori di tutte le regioni, dagli appassionati come lui che, negli anni, ha conosciuto. In negozio aveva fondato la prima mieloteca d’Italia, con decine di varietà. Adesso, in collaborazione con Slow Food, a Sommariva di­verse botteghe si sono unite in una Comunità dedicata ai mieli rari e pregiati. Si riconoscono grazie un’arnia posizionata davanti all’ingresso e ne hanno sempre diverse varietà pronte alla vendita. «Poi abbiamo il Festival dei mieli, ogni anno a settembre. La gente arriva anche dalla Liguria per visitarlo. È sempre un’emozione. Spesso ho contattato alcuni produttori perché venissero qui a farci conoscere i loro prodotti. Per esempio, quello di salvia: se è prodotto in Italia, è una rarità buonissima. Ricordo di un’annata in cui erano riusciti a produrne poco più di tre chili. In Croazia ne fanno molto di più, ma lì usano sistemi diversi e non è lo stesso prodotto».
Non c’è giorno in cui Strumia non ne mangi almeno un cucchiaino, al mattino, spalmato su una fetta biscottata. «Cambio la varietà in base al periodo. Da poco ho finito un vasetto di quello alla ciliegia marasca: una vera delizia».
Quello di erba cerea è detto “miele della felicità”. «Nei monasteri era vietato, visto che si dice che ha delle proprietà afrodisiache. Non come quello di colza, che secondo molti fa dimagrire».
Come si riconosce un buon miele? «Se costa meno di 10 euro al litro, difficilmente è stato prodotto in modo artigianale – conta Strumia -. Anche se, sul prezzo, incidono molti fattori. Cambia di stagione in stagione. Perché se un anno se ne riesce a produrre molto, non è detto che sarà così anche l’annata dopo. Adesso che le piogge non sono mai costanti e il clima sta cambiando, ci sono poche certezze».
Una, però, non vacilla: «Quel miele di limoni di Sorrento che mi aveva stregato tanti anni fa, continua a stupirmi ogni volta che lo assaggio. Succede spesso, ne ho un barattolo in casa anche adesso. Vedere che Sommariva è diventato un punto di riferimento per la cultura e la commercializzazione del miele mi inorgoglisce».

A cura di Luca Ronco