«Con il politecnico per immaginare un mondo nuovo»

La missione del neoeletto rettore Stefano Paolo Corgnati: «Guidare le transizioni. A Mondovì progetti ambiziosi»

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Dal 18 marzo Stefano Paolo Corgnati sarà il nuovo rettore al­la guida del Politecnico di Torino. Gli abbiamo chiesto in anteprima progetti e aspettative.

Buongiorno professore, lei si appresta ad affrontare un incarico di grande responsabilità, quali saranno le sue linee guida?
«Il focus del mio mandato rettorale sarà quello delle transizioni ecologiche e digitali. Stiamo vivendo una fase di grandi cambiamenti: da un lato, gli effetti del cambiamento climatico che ci spingono ad intervenire per invertire la rotta. Dall’altro, la digitalizzazione sempre più diffusa in ogni aspetto della nostra vita, non solo lavorativa o di studio, ma anche quotidiana. La vocazione tecnologica dell’ateneo può aiutare e guidare le altre istituzioni in questi processi di profonda trasformazione sempre più dominante».

La parola chiave del suo programma è infatti Polito­in­transition…
«Il mio programma di candidatura, basato su obiettivi e azioni concrete, si è concentrato su un aspetto fondamentale: il Politecnico è un’istituzione pubblica che ricopre un ruolo importante nella dimensione nazionale ed europea, ma anche a livello locale può incidere su crescita e sviluppo. Accettando anche la sfida della decrescita demografica, dobbiamo rilanciare la nostra missione co­struendo un Politecnico at­trattivo, posizionato tra le principali università europee».

Quali significative esperienze fanno parte del suo bagaglio professionale?
«All’interno del Politecnico sono cresciuto come ricercatore e professore. Ho avuto poi l’opportunità di conoscere meglio il nostro ateneo e i suoi meccanismi organizzativi come vicerettore alla Ricerca, con il rettore professor Gilli, e poi alle Politiche Interne, con il rettore uscente professor Saracco, esperienze decisive per la mia crescita professionale di cui farò ora tesoro».

Come giudica la collaborazione con il mondo industriale?

«Si tratta di una sinergia fondamentale e necessaria per indirizzare sia la nostra formazione sia le nostre attività di ricerca e di innovazione. Uno degli obiettivi del mio mandato sarà quello di rafforzare il trasferimento tecnologico verso il mondo delle imprese e di creare stabili connessioni dove lo scambio sarà sempre continuo e virtuoso: i bisogni delle imprese aiuteranno a calibrare meglio la nostra offerta formativa e ad indirizzare la nostra ricerca. Anche il Politecnico continuerà a trasferire al mondo delle imprese nuove metodologie, processi e soluzioni tecnologiche».

La sua famiglia è originaria di Livorno Ferraris, cittadina che ha dato i natali a Galileo Ferraris con il quale lei ha curiosamente molti punti in comune…
«In effetti sono cresciuto un po’ sulle sue orme. Galileo Ferraris, conosciuto come inventore del motore ad induzione magnetica, che ha dato origine al motore elettrico, è stato anche uno dei fondatori del Politecnico di Torino e professore ordinario della mia stessa disciplina: ho provato molta emozione nell’interpretare i suoi studi e ho sempre ammirato la sua visione di considerare la tecnologia orientata al bene sociale, una visione inedita per la seconda metà dell’800».

E a Livorno Ferraris lei ha anche maturato una lunga esperienza come sindaco…

«L’esperienza amministrativa come sindaco è stata un tassello fondamentale nella mia crescita personale. Ammini­stra­re un comune è stato impegnativo e molto formativo. In particolare, ho compreso il valore del senso di comunità e dell’ascolto delle diversità che la compongono. Un aspetto che continuerò ad applicare anche all’interno del nostro ateneo, una comunità con i suoi talenti e le sue vocazioni da valorizzare».

Ma lei ha anche un legame speciale con l’Albese…

«La famiglia di mia moglie è in effetti originaria di Monforte d’Alba, dove mi sono sposato. Sono quindi molto legato a quel territorio, che offre straordinarie opportunità per la vocazione vitivinicola riconosciuta a livello internazionale e per la quale le tecnologie ingegneristiche e digitali stanno diventando chiave nell’ottimizzazione di processo».

Il Politecnico ha quattro sedi distaccate, ma per restare in provincia di Cuneo, cosa vede nel futuro del polo di Mon­dovì?
«La presenza del Politecnico di Torino sul resto del territorio deve essere funzionale ai sistemi produttivi locali e deve fornire un’offerta formativa dedicata. Le esigenze espresse da quel territorio diventano valore per la formazione politecnica. Per la sede di Mondovì, progetteremo e costruiremo, insieme agli stakeholders locali pubblici e privati e attraverso un percorso partecipato, le linee di formazione specialistiche, professionalizzanti e master in grado di rispondere ai bisogni e di valorizzare le unicità di quel territorio».

Guardando al futuro, come vede il Politecnico a fine mandato?

«Nel 2030 mi immagino un ateneo autorevole, capace di attrarre energie e giovani con l’opportunità di formarsi in un clima dove il valore della tutela dell’ambiente e di una società equa e inclusiva siano al centro dei loro principi di crescita. Vorremmo che si scegliesse il Politecnico perché offriamo una formazione di alto livello e perché si respira un’aria internazionale e globale, con una dotazione di servizi ben calibrata sui bisogni degli studenti. Quando parlo di servizi, non intendo solo le infrastrutture per la didattica e per le attività di ricerca, ma intendo anche una serie di iniziative culturali e di spazi aggregativi per cementare il senso di comunità assieme al corpo docenti e ai ricercatori e alle ricercatrici che si concentreranno prevalentemente all’interno del Campus di Torino».

C’è un invito che vorrebbe rivolgere alle nuove generazioni?
«Il mio invito ai giovani è quello di approcciarsi ai saperi tecnico-scientifici con la stessa curiosità di un bambino o di una bambina che scopre un nuovo gioco. Ogni gioco ha le sue regole ma i piccoli hanno uno strumento potentissimo per reinterpretarle: quello della fantasia. Il mio augurio è che continuino ad immaginare nuovi mondi, grazie alle scienze tecnologiche».

Stefano Paolo Corgnati, professore ordinario di Fisica Tecnica Ambientale, è stato eletto nuovo rettore del Politecnico, ruolo che ricoprirà dal prossimo marzo. Nato a Chivasso nel 1973, laureato in ingegneria meccanica e dottore di ricerca in energetica, è autore di numerose pubblicazioni a carattere tecnico scientifico. Per dieci anni è stato sindaco di Livorno Ferraris, dove tuttora vive. Durante il governo Draghi ha fatto parte degli esperti della Struttura per la Transizione Ecologica della Mobilità e delle Infrastrutture (Stemi) a supporto del Ministero della Mobilità e delle Infrastrutture Sostenibili, occupandosi in particolare del tema dell’efficientamento energetico del parco edilizio italiano.

Circa 40mila gli studenti iscritti alla più antica scuola italiana d’ingegneria

Il Politecnico di Torino, la prima scuola di ingegneria in Italia che affonda le sue radici nel lontano 1859, è oggi riconosciuto come uno dei più prestigiosi atenei europei per la formazione e la ricerca. Circa 40.000 studenti, il 20% dei quali proviene da 120 diversi Paesi, ne frequentano i corsi da sempre contraddistinti da rigore ed elevati standard di qualità. Dal grande complesso di Corso Duca degli Abruzzi, inaugurato nel 1958, l’attività spazia oggi con varie sedi distaccate in città cui si aggiungono i poli tecnologici di Alessan­dria, Mondovì, Biella e Verrès. Articolato in undici Dipar­timenti, dall’architettura all’elettronica, dall’ingegneria aerospaziale a quella gestionale o ambientale, offre un am­pio ventaglio di specializzazioni in cui si muovono ricerca e didattica. Il potenziamento dell’offerta formativa in lingua inglese e l’interscambio di studenti e dottorandi stranieri con l’opportunità di studio all’estero e la partecipazione a progetti congiunti ne sottolineano la sua dimensione internazionale.

Articolo a cura di Ada Corneri