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Una fede gioiosa

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Il Fantacalcio è fenomeno popolarissimo, appassiona milioni di persone, e l’ultima kermesse dell’Ariston, oltre che con il televoto, ci ha coinvolti attraverso il Fantasanremo. Sempre dalla Liguria, ad allungare il filone, arriva una novità divertentissima, ovvero il Fantabenedizioni, brevetto d’un parroco che sa parlare ai giovani anche attraverso i social su cui è seguitissimo. Il meccanismo è semplice e giocoso, in verità rispetto agli speculari modelli calcistico e canoro più legato al caso senza scomodare alcuna competenza, giacché i chierichetti che accompagnano il prete per case guadagnano punti per mera fortuna e possono al massimo perderli per distrazione o dabbenaggine. Partono dall’ultimo piano dei condomini e a turno bussano alle porte, se i residenti accettano la benedizione incassano due punti e altri s’aggiungono in base a parametri fissati: se chi apre per esempio ha gli occhiali, se indossa capi con il brand Genoa o Sampdoria, se tossisce o starnutisce, se offre la merenda oppure no. Altri parametri, poi, dipendono dalla presenza di bimbi inferiori ai sei anni o dal possesso di animali domestici. I “meno” sono legati invece a errori commessi durante il cerimoniale, tipo far cadere l’acqua benedetta o dimenticare di consegnare l’immagine sacra che fa da ricordino, oppure a danni frutto di fretta e goffaggine, per esempio rompere un oggetto d’arredamento: soprammobile o portafoto, quadro o vaso di fiori. «Penso sia importante far vivere forti esperienze di fede ai nostri bambini e ragazzi – spiega l’ideatore, don Francesco Fiscer -: una fede forte, e gioiosa, che si fa sentire e fa rumore, che annuncia una festa» e le sue parole svelano come il gioco sia superficie, come il Fantabenedizioni sia specchio d’un linguaggio innovativo, prezioso per avvicinare le nuove generazioni alla Chiesa. In fondo, un’evoluzione dello sport o del teatro in oratorio, quando le strutture – e le possibilità delle famiglie – scarseggiavano e campetti polverosi o palchi d’assi sconnesse richiamavano piccoli e adolescenti in parrocchia, nella speranza di avvicinarli alla preghiera e intanto allontanandoli dai pericoli della strada.
Don Francesco a ben pensarci è un passo oltre, non richiama al rito con attività sorridenti ma ammanta il rito stesso di sorriso, copre di leggerezza l’austerità della benedizione senza nulla togliere all’impegno dei chierichetti portati anzi ad aumentare l’attenzione per non intaccare il punteggio accumulato tra occhiali e colpi di tosse. Ce le immaginiamo le buffe smorfie dentro soggiorni e salotti e cucine, tra l’odore dei mobili nuovi di giovani coppie o i ricordi d’una vita attorno ai vecchi, tra case piene di vocii e appartamenti silenziosi. Il disincanto favorisce la partecipazione, scongiura la chiusura di chi teme rigori antichi e protocolli polverosi, attira perché diverte e nel contempo forma, accompagna nella crescita e fa che si cresca volentieri nella chiesa. L’idea di base, in fondo, è trasferire la spiritualità nella quotidianità dei bambini di oggi. Don Francesco, fondatore anche di una radio, attivissimo sui social, riferimento della parrocchia come i preti d’un tempo ma vicino per spirito e modi alle new gen, ha solo applicato il suo modo d’essere pastore, la capacità di guidare un gregge eterogeneo annodando tradizione e modernità. Basta, per comprenderlo, il video in cui spiega le regole, tonaca classica e colletto bianco però cappellino da baseball con visiera all’indietro. Indossa anche gli occhiali: punti aggiunti se dovesse aprire la porta.

BaNNER
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