Per il Piemonte vendemmia 2023 a «otto stelle»

La nostra regione si conferma come seconda a livello nazionale per impatto di fatturato

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Due fattori climatici hanno caratterizzato l’annata vitivinicola 2023 in Piemonte: le temperature record e la siccità prolungata. Nessuna inversione di tendenza rispetto all’anno prima, se non nella raccolta delle uve: questa volta il clima ha inciso fortemente facendo diminuire la produzione di circa il 14%. Sono stati 2,06 milioni gli ettolitri prodotti contro i 2,26 milioni del 2022. La 2023 è un’annata che i tecnici definiscono «molto buona» assegnando alle uve una media qualitativa di «otto stelle» su dieci. Il Piemonte inoltre si conferma come la seconda regione a livello nazionale per impatto di fatturato con un giro d’affari per il comparto vinicolo che cresce a quota 1.362 milioni di euro (erano 1.235 milioni nel 2022). Tiene l’export: i vini Dop piemontesi sono andati meglio della media italiana, bene l’Asti spumante anche se i rossi fermi hanno subito una contrazione. Questa in sintesi l’analisi fatta da enologi, agronomi e giornalisti di settore in L’Annata Vitivinicola in Piemonte 2023, l’annuale pubblicazione curata da Vignaioli Piemontesi e Regione Piemonte in cui si analizzano dati tecnici e valutazioni sulla vendemmia appena passata e sull’andamento economico generale del comparto vitivinicolo.
In particolare, sul fronte delle performances e sul posizionamento competivivo dei vini piemontesi nello scenario di mercato, per quanto riguarda l’export di vini Dop italiani (-0,3% a valore, -3,9% a volumi), quelli piemontesi sono andati meglio della media, nel senso che l’Asti spumante Dop è cresciuto del 5,2% nei valori e leggermente calato nelle quantità esportate (-0,9%). I rossi fermi Dop piemontesi invece hanno subito una contrazione del 2,6% a valori e del 5% a volumi (contro, rispettivamente, un calo del 5,6% e del 8,1% che ha interessato l’intera categoria dei rossi Dop). Guardando ai principali mercati di export dei vini Dop piemontesi, le variazioni rispetto al 2022 si sono manifestate in maniera differente. Così, nel caso dei rossi fermi e guardando ai valori, i principali cali hanno interessato il Canada, la Norvegia, la Germania e il Regno Unito mentre all’opposto si sono registrati aumenti in Francia e Svezia. Per quanto riguarda invece l’Asti Spumante, il valore dell’export è cresciuto in Lettonia (si tratta per la gran parte di ri-esportazioni in Russia), Germania, Uk, Polonia e Austria mentre è diminuito negli Stati Uniti, Messico e Giappone. Infine, uno sguardo al lunghissimo periodo. Al di là dei fattori congiunturali che hanno interessato (e stanno interessando anche questo inizio 2024, tra l’altro a rischio di peggioramento alla luce delle tensioni geopolitiche in atto) il mercato del vino, vi sono altri elementi – in questo caso strutturali – che devono essere tenuti in considerazione per comprendere i possibili trend futuri del settore. Primo fra tutti l’evoluzione demografica dell’Italia e l’approccio al consumo di vino da parte delle nuove generazioni. Le previsioni demografiche rilasciate dall’Istat mostrano un Paese che al 2050 risulterà meno popoloso (-5 milioni di abitanti rispetto ad oggi) e più vecchio (il 35% della popolazione avrà più di 65 anni). Questo necessariamente si tradurrà in un minor consumo di vino (in quantità) che, comunque, già negli ultimi vent’anni è calato di quasi il 30%. Quindi per mantenere inalterata la struttura produttiva della filiera vitivinicola italiana (con tutti i risvolti positivi che esprime a livello socio-economico per il Sistema Paese e per i singoli territori), occorrerà sia esportare di più che comprendere per tempo l’evoluzione dei gusti e delle abitudini di consumo dei giovani d’oggi. Giovani che, attualmente nella scelta di acquisto di un vino, sembrano prediligere attributi in parte condivisi anche con le generazioni dei meno giovani (come l’origine territoriale, la valorizzazione dei vitigni autoctoni), altri indicati con maggiore enfasi (vini sostenibili) ma altri ancora dove il divario con la media dei consumatori italiani risulta molto evidente. È il caso dei vini “limited edition”, ma soprattutto dei vini adatti alla mixology.