L’opinione di Cristina Bonucchi

«La scuola media è il luogo in cui avvengono le prepotenze in un contesto dove vittime e autori non capiscono la gravità di quanto accade»

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IL FATTO
C’è un’emergenza silenziosa e riguarda il cyberbullismo, sempre più diffuso nella fascia d’età dei ragazzini tra infanzia e adolescenza. come dobbiamo affrontare questo problema?

L’hanno definita un’emergenza silenziosa. Perché sono i bambini, sempre di più, ad essere al tempo stesso vittime e protagonisti di episodi legati al cyberbullismo. I bambini, specie quelli sospesi nel passaggio tra infanzia e adolescenza.
L’allarme lo hanno lanciato psicologi, polizia postale e associazioni. I dati sono chiari, come ha spiegato Cristina Bonucchi, psicologa della Polizia di Stato: «Il cyberbullismo è un fenomeno che sta riguardando fasce di età di poco più che bambini: la scuola media è il luogo nel quale più spesso avvengono queste prepotenze in un contesto nel quale sia le vittime sia gli autori spesso non hanno la consapevolezza né di quanto sia grave quello che stanno facendo né di avere diritto ad essere messi in sicurezza quando subiscono qualcosa».
Non sembra quindi casuale la diffusione, proprio in questa fascia di età, di un disagio diffuso legato proprio alla difficoltà di gestire il mutato contesto sociale. Con conseguenze gravi, come ad esempio l’anoressia. I ragazzi che frequentano le scuole medie sono i più a rischio. Le problematiche sono complesse e c’è imbarazzo nel raccontare ai genitori quanto accade: «È un elemento molto importante perché i ragazzi non vogliono che i genitori sappiano che sono stati presi di mira, che sono stati troppo ingenui. Continuano a subire le vessazioni. Provano a farcela da soli ma in molti casi non ci riescono e anche qui a volte si rivolgono a noi direttamente, prendono coraggio perché si sentono protetti dallo schermo e ci scrivono per essere aiutati».
Chiaramente Cristina Bonucchi sottolinea quanto sia importante, anzi fondamentale, reagire immediatamente. Segnalare, denunciare, non perdere un secondo. «Per noi è molto importante ogni minima segnalazione, perché si tratta di un territorio vastissimo dove il rischio è sviluppato in vari ordini di grandezza». In primis c’è la dimensione digitale, dove risulta premessa essenziale la consapevolezza che tutto ciò che facciamo in rete lascia tracce, dati e informazioni su di noi, strutturano la nostra identità e reputazione digitale. Decidere se condividere un post social, capire cosa e dove pubblicare, impostare le preferenze di privacy nelle diverse piattaforme è essenziale per tutelare i nostri dati. Dare ai giovani una visione adeguata dell’uso della tecnologia permette loro di acquisire competenze essenziali per il loro futuro, che consentiranno di poter sfruttare appieno le opportunità offerte dagli sviluppi tecnologici e allo stesso tempo vivere il nuovo ecosistema digitale in modo sicuro e consapevole. La consapevolezza nella condivisione coinvolge anche i genitori, specie quando pubblicano su social e piattaforme web le foto o i video dei figli, un fenomeno sempre più diffuso che prende il nome di sharenting, dalle parole inglesi share-condividere e parenting-genitorialità.