Jannik Sinner, amore rosso

Il tennista ha sfiorato soltanto l’impresa, ma le Atp Finals di Torino lo hanno reso popolarissimo. Amato oltre lo sport come succedeva con Alberto Tomba o Valentino Rossi

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C’è un club ristretto, in Italia, di campioni amati oltre il loro sport, popolarissimi perfino tra chi ignora le regole delle discipline che praticano: Alberto Tomba, Valentino Rossi, il compianto Marco Pantani, Federica Pellegrini. Adesso, dopo le Atp Finals, si aggiunge Jannik Sinner, capace di accendere passione anche tra persone che mai hanno impugnato una racchetta. Non possiamo dire sia nata una stella, ché un suo ritaglio di tifo l’aveva già, ma certo in pochi giorni, in un crescendo d’affetto, è diventato figlio, amico, l’idolo di tutta l’Italia, sportiva e no, e dentro salotti, taxi, bar, a Torino come a Roma, Napoli o Milano, Palermo o Venezia, oltre che nell’infinito social, s’è parlato solo di lui. Come succedeva quando Albertone sciava o il Dottore divorava l’asfalto in moto. «Ma loro sono grandi campioni – s’è schermito Jannik il rosso -. Io ancora non ho vinto tanto, è presto per certi paragoni».
Non ha vinto nemmeno al PalaAlpitour, ma è come se lo avesse fatto: la caduta nella finale – che nessun italiano mai aveva raggiunto – con Djokovic per altro battuto durante il torneo -, non scalfisce un’impresa storica, una crescita straordinaria, un sostegno tracimato in delirio: è stato necessario perfino sgombrare in parte i tifosi che avevano invaso il foyer per assistere al suo allenamento. Sinnermania, la chiamano, ed è una vertigine dolce, con le sue piccole, accettabilissime controindicazioni: «A volte al ristorante vorrei mangiare tranquillo, ma sono problemi belli da avere» riflette Sinner, e aggiunge accennando un sorriso: «Con questi capelli rossi, nascondermi è difficile».
Da lì i Carota boys, ragazzi in costume che lo seguono nel mondo, le parrucche e le magliette arancio sempre più diffuse in un pubblico folto del palazzetto che è specchio di quello record davanti alla tv, a dispetto di chi immaginava Sinner freddo solo perché essenziale, poco incline alle parole e poco mondano, così concentrato da scegliere di passare un giorno libero comunque al PalaAlpitour in tribuna a spiare i rivali anziché regalarsi un po’ di relax.
Non c’è eccezione all’umiltà nel paragonarsi a una macchina da Formula 1 («Siamo un po’ come loro, appena c’è qualcosina, anche minimo, lo senti»), in effetti da tre anni frequenta Formula Medicine, centro sportivo che cura gli aspetti mentali della preparazione (di qui sono transitati tra gli altri Senna e Verstappen, Alonso e Leclerc), perché nelle corse come nel tennis, il cervello arriva a contare più dei muscoli e una volta che il corpo è allenato, tirare per tre ore a pochi centimetri dalla linea di fondo diventa una questione di testa. Bisogna imparare a gestire le sensazioni negative, come la paura di perdere, la frustrazione in un momento di difficoltà, la rabbia scatenata da un errore. In ogni caso, il paragone successivo è il top della semplicità: «Migliorarsi è come cucinare una pasta al pomodoro: dosi gli ingredienti, ne aggiungi, cerchi l’equilibrio». Una metafora che evoca radici solide, perché papà è chef, e la famiglia è fondamentale per la forza caratteriale e la volontà di ferro di questo ragazzo altoatesino che rivendica normalità ma sul campo è un marziano. Non ha vinto, ma è come se avesse alzato il trofeo. A 22 anni ha tempo per rifarsi e intanto ha conquistato l’amore di un Paese.