Ghisolfi a Restart: «Quello bancario non è un sistema, ma…»

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Il Banchiere scrittore è intervenuto in collegamento con lo studio condotto e coordinato da Annalisa Bruchi sul tema dei profitti bancari in un ambito che pone in competizione 430 istituti di credito di varia grandezza e dimensione organizzativa e territoriale.
Alla puntata specifica hanno preso parte, in rappresentanza dell’agone politico, il sottosegretario leghista all’industria, Massimo Bitonci, titolare della delega relativa al fondo di garanzia per le PMI, e la vicepresidente in quota PD della Camera dei deputati Anna Ascani.
È stato definito con chiarezza il concetto di extra profitto: non esiste, né potrebbe essere diversamente, in un settore a forte concorrenzialità interna, dove su circa 430 banche attive una sola è transitoriamente pubblica, il Monte dei Paschi di Siena; al più, esso potrebbe avere un senso laddove vi fosse, ma non è questo il caso, la presenza di un solo operatore giuridico economico che agisca in regime di monopolio naturale.
Diversamente, ha puntualizzato Ghisolfi, non ci si deve dispiacere della circostanza di istituti bancari con risultati economici positivi, sui quali già adesso pagano tassazioni addizionali non previste per altri settori, mentre la devoluzione della quota differenziale di utile a patrimonio netto le rafforza nella direzione della possibilità di continuare a erogare credito, in forme anche agevolate che variano da banca a banca, a detenere titoli di Stato, a remunerare le proprie obbligazioni e ad assorbire il costo dei prestiti incagliati o in sofferenza.
Il punto è semmai un altro, e qui dovrebbe intervenire il sistema politico istituzionale con una operazione di fiducia: le aziende, anche in presenza di eventuali condizioni agevolative, a causa delle prospettive macroeconomiche ritenute non incoraggianti, sono portate a non richiedere nuovo o ulteriore credito, nel timore di non poterne onorare la restituzione. D’altronde, anche in tempo di pandemia le banche hanno sempre dovuto continuare a osservare le regole nazionali ed europee in vigore in tema di merito creditizio, ciò nonostante hanno cercato di garantire liquidità al mondo imprenditoriale massimizzando l’opportunità offerta dalle rinforzate garanzie statali a valere sui fondi PMI.
Un punto quest’ultimo su cui ha cercato di intervenire il sottosegretario Bitonci, promettendo che – pur non essendo al momento previsto nulla di integrativo a favore del fondo gestito dal ministero dell’industria e del made in Italy – lo stesso verrà rimpinguato da un maxi emendamento del Governo Meloni con l’obiettivo di aumentare la soglia unitaria di credito assicurata, di inserire ulteriori voci finanziabili a favore della transizione ecologica e digitale delle industrie e di ricomprendere il terzo settore no profit.
Bitonci ha inoltre replicato che mentre l’attuale esecutivo di centrodestra si è ritrovato a dover operare potendo contare solo sulla possibilità di uno scostamento in regime di extra deficit di circa 14 miliardi nel bilancio dello Stato, i governi precedenti (di cui la Lega ha comunque fatto parte nel Conte 1 e nel più recente ministero Draghi) hanno potuto disporre di uno scostamento fino a 200 miliardi di euro.