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«L’antica roma è viva dai flussi migratori alle guerre infinite»

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Il tema del libro diventa una lectio: domani, ve­nerdì, Aldo Cazzullo sarà ospite della Fon­dazione Mirafiore per parlare di “Quando eravamo i padroni del mondo. Roma: l’impero infinito”. Un appuntamento che per il vicedirettore del Corriere della Sera è anche l’occasione per fare tappa a casa.

Ritorna al Laboratorio di resistenza di Mirafiore: quanto è importante questo luogo di cultura nelle Langhe?

«Tornare ad Alba per me è tornare a casa, farlo a Mi­rafiore poi significa far parte di una comunità, quella fondata da Oscar e da Paola Fa­rinetti che ora la gestisce interamente. Ma soprattutto è un luogo di confronto e discussione che attira persone da fuori Alba, lontano dalle Lan­ghe e quindi è una bellissima esperienza».

Il suo libro su Roma parla delle origini di tutti noi italiani.

«Permettetemi di dire che è il saggio più venduto da due me­si a questa parte, siamo già a 60mila copie e sta andando molto bene. Alba stessa ha un nome romano, Alba Pom­peia, noi non siamo discendenti diretti con gli antichi romani perché ci siamo me­scolati con altri popoli, al nord per esempio con i Longobardi, però possiamo rivendicarne l’eredità perché abitiamo città da loro fondate, percorriamo strade da loro tracciate (pensiamo all’Aure­lia in Liguria), usiamo le loro parole, i pensieri, lo stile di pittura, architettura, scultura. Quindi Roma è più viva che mai».

In che senso lo è?
«Roma doveva affrontare tut­ta una serie di questioni che sono le stesse del nostro tem­po, a cominciare dalla guerra permanente. I romani erano sempre in guerra e sapevano anche pensare alla guerra, oltre che a farla. E poi le ondate migratorie, che i romani risolvevano con l’integrazione: si poteva diventare cittadini indipendentemente dal colore della pelle, dal posto da cui si veniva, dal dio che si pregava. I romani non erano razzisti, se non nei confronti dei goti (oggi diremmo i “crucchi”) considerati troppo alti, troppo biondi e un po’ sciocchi».

Quanto è cambiato il rapporto tra Occidente e resto del mondo?
«Oggi l’Occidente è in difficoltà anche perché è diviso al suo interno. Le giovani generazioni quasi si vergognano di essere occidentali. L’Occiden­te ha commesso errori e crimini – e talora li sta ancora commettendo – però resta la nostra parte del mondo, l’unica in cui i valori di libertà e democrazia siano radicati. Libertà è una parola romana come repubblica, res publica, la cosa pubblica. Nasce a Roma l’idea che lo Stato sia di tutti e credo siano valori che vadano difesi».

La battaglia di Ponte Milvio: primo bivio geopolitico della storia?

«Pensiamo agli imperatori romani come persecutori dei cristiani. E alcuni lo furono. Ma se oggi il Papa è in Italia, se l’Occidente è cristiano, se noi preghiamo Gesù, è perché Roma diventò cristiana. Ho ricostruito la Battaglia di Ponte Milvio che fu un episodio grandioso: Costantino, secondo la tradizione, sogna la croce e la fa tracciare sugli scudi dei suoi uomini (“in hoc signo vincies”), sconfigge Massenzio e Roma diventa cristiana».

“Una giornata particolare”: la citazione del film di Scola…

«L’idea è stata di Urbano Cai­ro, l’editore, poi realizzata dal direttore di La7, Andrea Salerno. Io ci ho messo del mio: “de te fabula narratur”, la storia parla di te. Sia se parliamo di Caporetto e dei nostri nonni, sia del fascismo, ma anche della battaglia di Ponte Milvio o di Dante, stiamo parlando di noi, delle nostre radici, del nostro orgoglio di essere italiani. E poi sì, è il titolo di un bellissimo film di Scola a cui ci siamo ispirati».

Come sta andando la trasmissione?
«Va benissimo con 3,5 milioni di contatti per ogni puntata e una media di un milione di spettatori e un quasi 6% di share che è una specie di miracolo per la storia in pri­ma serata. Siamo tutti felicissimi».

Lo spettacolo teatrale su Mus­solini intanto è stato anche in Spagna.
«Sì, a Madrid dopo aver girato tutta l’Italia passando pure per Alba. Si chiama “Il duce delinquente” e doveva essere anche il titolo del mio libro che poi è diventato “Musso­lini il capobanda”, un po’ più sfumato. Ma in realtà la condanna di Mussolini è ben presente e nessuno ha potuto di­re che nel libro ci sia un errore, un numero sbagliato o un nome errato».

Però ha ricevuto minacce e insulti.

«Tutti di natura ideologica. E, seppur non siano ovviamente arrivati da Alba, anche qui ho sentito qualcuno dirmi “eh, allora si capisce da che parte stai”. Ma cosa stiamo dicendo, ab­biamo forse di­men­­ticato che il capo della Resi­sten­za sulle no­stre colline era un maggiore degli alpini, Enrico Martini detto Mauri, che fece tutta la Re­sistenza con il cappello da alpino? Abbiamo dimenticato che Beppe Fenoglio era un partigiano monarchico che votò per il re al referendum del ’46? La Resistenza non è una cosa rossa, di sinistra, fu fatta anche da liberali, monarchici, cattolici e l’antifascismo non è un valore di sinistra, dovrebbe essere comune a tutti. A maggior ragione a tutti gli albesi».

Moni Ovadia ha espresso un punto di vista sul conflitto nella Striscia di Gaza che gli ha procurato accuse e polemiche.

«Con Moni Ovadia ho idee diverse sia sulla guerra Russia-Ucraina e sia su quella tra Israele e Palestina. Però lui non solo è ebreo, ma da trent’anni porta la cultura ebraica su palcoscenici di tutto il mondo. Che adesso possa essere accusato di essere nemico degli ebrei, è ridicolo».

Come valuta il recente accordo tra Italia e Albania per la gestione dei flussi migratori?

«Si tratta di un palliativo, un provvedimento tampone. La crisi dei migranti va risolta in Africa, non in Albania».

Recentemente ha raccolto lo sfogo di Corrado Augias, passato a La7 come già altri protagonisti della Rai. Che ne pensa?
«Non c’è dubbio che la Rai si stia impoverendo, in particolare Rai 3 che ha perso alcuni dei suoi volti storici: anche Fazio, Littizzetto, Annunziata, Berlin­guer, Gramellini. Mi sembra un dato oggettivo, non una mia opinione. La cosa che più mi ha colpito della vicenda Augias è che i prossimi anni che compie sono 89 ed è ancora un protagonista della scena culturale ed editoriale italiana. Speriamo di essere alla sua altezza, anche se è molto difficile».

CHI È

Nato ad Alba nel 1966, da oltre trent’anni racconta sui giornali le principali vicende italiane e internazionali. Attualmente realizza interviste speciali e cura la pagina delle Lettere del «Corriere della Sera», di cui è vicedirettore ad personam

COSA HA FATTO

Dopo gli studi, nel 1988 è stato assunto come praticante nella redazione de La Stampa; grazie alla sua penna attenta e audace è stato una delle firme più note del quotidiano torinese sino al 2003, quando è diventato editorialista e inviato per il Corriere della Sera

COSA FA

Conduce in prima serata su La7 la trasmissione dedicata ai grandi eventi storici, “Una giornata particolare”, che è anche il titolo del suo saggio dedicato appunto alle “piccole e grandi storie d’Italia”. L’ultimo libro invece ripercorre il legame solido che unisce la nostra storia a quella dell’antica Roma. Spesso è ospite di talk in prima serata come opinionista

BaNNER
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