Teatro, ombre e danza: il Conservatorio Ghedini porta in scena il dramma di Didone e Enea con l’opera di Henry Purcell

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Domenica 18 giugno alle ore 18 presso il Teatro Toselli (via Toselli 9) gli studenti di Canto Barocco, l’orchestra del Laboratorio di Musica Antica e l’Ensemble Vocale del Conservatorio Ghedini, in collaborazione con il Coro dell’Accademia Maghini di Torino e la Compagnia Controluce Teatro d’Ombre, portano in scena “Dido and Aeneas”, opera in tre atti su libretto di Nahum Tate e musica di Henry Purcell.

L’opera è diretta da Elena Camoletto, che ha anche curato la preparazione del coro; la regia è affidata a Alberto Jona, Marco Crosetto è il responsabile della preparazione dell’orchestra, mentre Barbara Zanichelli ha curato la preparazione vocale dei solisti. Il progetto si è avvalso anche della collaborazione di del violinista argentino Pablo Valetti, che ha tenuto una masterclass per l’ensemble strumentale, e di Silvia Colli, docente di violino. L’ingresso è libero, prenotazione dei posti consigliata da www.conservatoriocuneo.it.

L’allestimento dell’opera di Purcell, lavoro più celebre dell’autore e capolavoro assoluto del teatro barocco rappresentato per la prima volta a Londra nel 1689, è l’esito del laboratorio di musica barocca che si è tenuto quest’anno al Ghedini, guidato dai docenti Pablo Valetti, Marco Crosetto, Elena Camoletto e Barbara Zanichelli; la messinscena è un raffinato gioco d’interazione fra teatro, ombre e danza che si avvale della collaborazione della Compagnia Controluce Teatro d’Ombre, che ha già rappresentato quest’opera in numerosi teatri e festival italiani e internazionali.

L’opera di Purcell è strutturata in tre brevi atti ed è incentrata sul periodo che Enea, protagonista dell’Eneide di Virgilio, trascorse a Cartagine come ospite della regina Didone. L’amore che scoppia tra i due si concluderà tragicamente, con la partenza dell’eroe troiano destinato a dare inizio alla storia di Roma e il suicidio di Didone. L’aria “When I am laid in earth”, il lamento di Didone che conclude l’opera, è uno dei brani più famosi e struggenti di tutta la storia del melodramma.