«Mitigare gli effetti della crisi climatica? Sappiamo come fare»

La responsabile di Rai Meteo dopo l’alluvione in Emilia Romagna: «Piovosità straordinaria seguita a una lunga siccità, siamo costretti ad adattarci a questi eventi. Ci sono linee guida chiare, servono invasi e strutture adeguate. In Piemonte si fanno studi all’avanguardia. Questa è una sfida da vincere»

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Si occupa di una materia attuale, complessa e delicata, di pari passo con gli effetti drammatici del cambiamento climatico che abbiamo verificato nei giorni scorsi in Emilia Roma­gna. Il compito di Claudia Ada­mo, responsabile di Rai Meteo nella Direzione Rai Pubblica Utilità e volto televisivo del me­teo, è tutt’altro che semplice. Specie in tempi di “fai da te”. «Esistono tante piattaforme che forniscono previsioni – ci dice – e ognuno può trovarle. Il punto è come lo si fa. Non sempre sono informazioni corrette, a lungo termine non sono affidabili e comunque non le trovi gratis. Serve una fonte istituzionale e autorevole, ed è quello che facciamo noi in Rai: diamo informazioni certificate».

Dovremmo puntare sull’educazione meteorologica nelle scuole?

«È quello che ci impone di fare il cambiamento climatico. In molti altri paesi accade già, si educa alla meteorologia, intesa come scienza. Gli eventi estremi sempre più evidenti richiedono di conoscere i comportamenti da tenere in caso di alluvioni o in generale nelle allerte meteo. Diventa sempre più importante».

Bombe d’acqua e fiumi che esondano: tutto normale?
«Temporali ce ne sono sempre stati, quello che si nota a livello globale da un po’ di tempo è l’intensificarsi degli eventi estremi. Abbiamo una situazione sempre più caratterizzata da questa alternanza. Si va da lunghi periodi siccitosi a eventi estremi di piovosità al­tissima, come purtroppo abbiamo appena visto in Emilia Romagna. In due diversi eventi a due settimane di distanza abbiamo avuto così tanta precipitazione da causare la situazione che sappiamo: evento mai registrato».

Anche in Piemonte piogge ab­bondanti dopo la siccità: perché?
«Non c’è un motivo principale. Da due stagioni a questa parte succede che le perturbazioni da Ovest e quindi dall’Atla­n­tico, saltano il versante nord-occidentale ed entrano in una zona di “ombra pluviometrica” con le Alpi che fanno da scudo riparando il Nord-Ovest. Le precipitazioni sembrano andare più facilmente verso la Pia­nura Padana centrale e il Nord-Est, dove infatti il fenomeno della siccità appare meno in­tenso. Ma questo non significa molto, tra alcuni anni potrebbe accadere da un’altra parte».

Cosa dobbiamo aspettarci e cosa possiamo fare?
«È necessario procedere con opera di mitigazione e adattamento: mitigare cioè gli effetti del cambiamento climatico, impegnarci ad emettere meno anidride carbonica, meno gas serra nell’atmosfera per fermare il cambiamento globale. Da un lato deve esserci questo impegno e dall’altro l’adattamento deve essere la priorità. Il che significa costruire gli invasi per l’acqua ogni volta che ab­biamo precipitazioni per conservarla, al tempo stesso avere strutture in grado di trattenere qualsiasi precipitazione, anche la più violenta. Incidono inoltre i comportamenti dei singoli in­dividui, evitando gli sprechi. Ognuno di noi ha un ruolo im­portante, dobbiamo comportarci in maniera sostenibile. Così faremo la differenza».

Ci sono tavoli di discussione con esperti di ogni settore?
«Sì, a livello governativo e an­che nel mondo con il lavoro dell’Or­ga­niz­za­zione meteorologica mondiale. Pre­ziosi anche i report continui dell’Onu sullo stato di salute del territorio. Ecco, la scienza ha individuato qua­li sono le so­luzioni da mettere in campo per fermare cambiamento climatico e riscaldamento globale. Es­isto­no li­nee gui­da chiare da parte degli scienziati, passando dalle energie rin­novabili e da uno sviluppo sostenibile. È stato tutto delineato, ora bisogna seguire queste indicazioni. Immediata­mente».

Anche perché i risvolti economici sono di portata enorme.
«Ma questa attività di studio è cresciuta molto da quando ho cominciato ad occuparmene, arrivano tante informazioni dai satelliti e ricaviamo molte indicazioni dai modelli numerici. Per esempio, per quanto riguarda le nubi, possiamo avere simulazioni e proiezioni affidabili. Tutto lo studio che c’è dietro ha fatto registrare grandissimi passi in avanti negli ultimi venti anni».

Un tempo c’era il colonnello Bernacca.
«Le racconto questo. Sui nostri canali social ogni tanto mettiamo riferimenti “vintage”, cioè facciamo vedere com’era il tempo nello stesso giorno di tanti anni fa. E si vedono – nelle immagini Rai – le scritte “variabile al Nord” oppure “soleggiato al Sud”. Valeva per tutta la giornata. Questo ci fa capire i progressi fatti. Oggi le previsioni sono aggiornate a ogni ora e a distanza di pochissimi chilometri. Onore però al colonnello Bernacca che è stato l’apripista della comunicazione me­teo. E oggi resta preziosa la no­stra collaborazione con l’Aero­nautica militare».

Come è nato il suo interesse per il meteo?
«Ho studiato Fisica, con il dottorato in Fisica dell’atmosfera, la mia grande passione. In particolare per le nubi, i temporali e i fulmini, fenomeni difficili da capire e ancora non del tutto spiegati. Mi sono innamorata di questa materia, poi ho preso la via della comunicazione più che della ricerca. Ma la passione è rimasta intatta».

Negli Usa ha studiato i fulmini?
«Alla Nasa, in Alabama, dopo l’università a Seattle, Washin­g­ton Sta­te. In quel periodo si progettava un sensore per il ri­levamento dei fulmini da applicare a un sa­tellite che dopo la Nasa, è stato lanciato anche dall’Esa. Ci permette di monitorare la situazione delle nubi temporalesche».

Conosce il Piemonte?
«Bellissima regione dove tra l’altro c’è un’Arpa molto attiva, con studi sul territorio, proiezioni sul clima legate alla produzione del vino che è così importante. A proposito, se­gnalo il progetto “Highlan­der”, condiviso da Cmcc (Cen­tro Eu­ro-Mediter­ra­neo sui Cam­­bia­men­ti Clima­tici) e dai centri di ricerca, che approfondisce il problema an­che in maniera pratica su come sarà la coltivazione del vino nel futuro, in base al cambiamento della piovosità e all’evidenza dei giorni delle nevicate, inferiori rispetto a trent’anni fa, con conseguenze sul cambio di paesaggio, vegetazione e ricadute sulle biodiversità».

Un messaggio da lanciare?
«Dobbiamo vincere la sfida. La scienza ci dice come. Abbiamo il supporto di solide realtà universitarie. In Piemonte ci sono corsi per dottorati nello sviluppo sostenibile. Questa è la strada che porta a formare nuove figure professionali giovani».

Devo chiederglielo: come sa­rà l’estate?
Sorride ma ammette: «Le prospettive non sono incoraggianti. Ovvia­men­te non sappiamo se sarà un’e­state ancora più calda, ma la tendenza al riscaldamento è confermata…».

CHI È

Fisico dell’Atmosfera, si è laureata in Fisica a Roma all’Università di Tor Vergata e ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università di Ferrara. Ha sviluppato studi con diversi enti di ricerca dall’Isac del Cnr al Msfc della Nasa, visiting scientistic all’Università di Washington

COSA HA FATTO

Dopo gli studi, affascinata dai canali specializzati americani (in particolare Weather Channel), è entrata nella squadra redazionale di Sky dove è rimasta dal 2005 al 2018, prima di diventare responsabile di Rai Meteo nella direzione del servizio Rai Pubblica Utilità

COSA FA

Negli ultimi giorni è stata spesso invitata nelle dirette Rai – da “Uno Mattina” con Ossini a “La vita in diretta” con Matano per aggiornare i telespettatori sugli sviluppi del maltempo che ha colpito pesantemente le città dell’Emilia Romagna e mettendo in guardia sui continui peggioramenti registrati anche nel weekend