Bra, Raschera e Toma Piemontese a spasso tra i secoli

0
1

Le infinite potenzialità del Bra Duro sono un dato di fatto quantomai noto. Il formaggio principe della tradizione piemontese è un punto di riferimento sicuro in termini di gusto. Il suo sapore spiccato, unito a una personalità decisa e forte, ha contribuito a renderlo, da secoli, il protagonista più apprezzato sulle tavole locali e non. Proprio in virtù delle sue preziose caratteristiche, infatti, il Bra era particolarmente amato dai commercianti liguri che lo reclamavano per la produzione del pesto. Ma non solo: trattandosi di un formaggio capace di sopportare lunghi mesi di navigazione senza subire alterazioni dovute agli inevitabili sbalzi di temperatura, questa Dop veniva anche esportata oltreoceano. Un componente prezioso all’interno delle mi-gliori cucine che condivide con altri due comprimari d’eccezione: il Raschera e la Toma Piemontese. Un trittico sublime che sta riscuotendo un successo sempre più grande, a riprova del fatto che per spiccare non è necessario ricorrere a fuochi d’artificio. È sufficiente basarsi su pochi ma solidi punti di forza, quei mattoni che costruiscono l’architettura di un gusto che ci accompagnerà sempre, rinnovando costantemente lo stupore di trovarci di fronte a formaggi simili. Oltre all’aroma inimitabile, il loro valore aggiunto risiede nell’ecletticità con cui si presentano agli occhi e ai palati dei commensali. Sappiamo tutti come una degustazione in purezza rappresenti la prova del nove quando vogliamo testare la massima genuinità. Dal primo morso emergono tutti quegli elementi che contribuiscono a connotare Bra, Raschera e Toma Piemontese come vere e proprie eccellenze. Cresce sempre più, tuttavia, la volontà di sperimentarli anche all’interno di ricette variegate che vengono impreziosite dalla potenza insita in queste tre Dop. I cuochi dell’Associa­zione Alta Etruria che in quanto a buona cucina la sanno lunga, forti di una tradizione secolare di gran pregio, ci suggeriscono versioni inedite di tali formaggi, utilizzati in pietanze di derivazione antica ma resi attuali dalle tre perle lattiero casearie. Se gli gnocchi al Raschera sono un classico dell’arte culinaria piemontese, la creatività degli chef toscani ha pensato di impiegare, invece, la sapidità del Bra Duro per adornare gli gnocchi di riso con latte cotti all’acqua e al forno. La ricetta deriva dal Cuoco Maceratese di Antonio Nebbia, un volume che risale al 1820, reinterpretata in modo accattivante e nuovo. Un piatto con cui stupire i vostri commensali puntando sul legame tra l’unicità di un formaggio ineguagliabile e la forza di una tradizione enogastronomica riconosciuta e apprezzata ovunque. Grazie alle linee guida degli chef potrete replicare anche voi una proposta originale per riscoprire come la semplicità sia la chiave di volta del gusto.

GNOCCHI DI RISO CON BRA DURO E LATTE COTTI ALL’ACQUA
E AL FORNO

(A cura dello chef Gianfranco Giannetti – Associazione Cuochi Alta Etruria)

INGREDIENTI per 4 persone
200 g Bra Duro; 800 g latte; 250 g farina di riso; 180 g burro; sale q.b.
PREPARAZIONE
Versare in una terrina la farina di riso, stemperarla con una frusta, aggiungendo 1/3 di latte freddo. In casseruola portare a ebollizione il restante latte, insaporire con sale, incorporare la farina di riso facendo attenzione a non formare grumi, cuocere a calore moderato per 15’ ca aggiustando di sale. Aggiungere metà di Bra Duro e burro nell’impasto di farina di riso e versarlo su una spianatoia. Con l’ausilio di un mattarello, stendere l’impasto fino a raggiungere uno spessore di ca mezzo cm. Lasciarlo freddare e tagliarlo in strisce di ca mezzo cm di larghezza. Tagliare trasversalmente, dando agli gnocchi una lunghezza di 5 cm ca. Cuocerli in acqua bollente e salata finché non saliranno in superficie. Saltarli con il restante burro, versarli in pirofila, cospargerli di burro e gratinare a 180° prima di servire
Gli gnocchi di riso con Bra Duro e latte cotti all’acqua e al forno – Nella storia
In una cazzarola metteteci sei once di farina di riso, stemperatela con due fogliette di latte, e sale a giudizio; avvertite che quando si disfa la farina con latte, ci vuole il giudizio, e l’attenzione di non fargli fare i trozzi, mentre non si discioglierebbero col cuocere. Ciò fatto, mettete la cazzarola in un fornello, e andatela sempre mescolando per sino che saranno cotti; tenete in ordine cinque once di formaggio, con sei oncie di butirro; questo lo metterete ella cazzarola subito che la mettete al fuoco; la farete cuocere per un quarto d’ora; dopo di essersi stretta, la ministrerete in un piatto, stendetela, e lasciatela per la grossezza di mezzo dito; fatela freddare per sino a tanto che la potrete tagliare; la stenderete sopra una tavola polita prima di tagliarli, e dopo li taglierete lunghi mezzo dito, e della larghezza suddetta; questi gnocchi di latte si possono cuocere, e condire in due modi; uno si fa bollire l’acqua in una cazzarola con sale, e quando bolle, gettate i vostri gnocchi nell’acqua, quanto che si riscalda: incasciate il piatto, che dovete mandare in tavola con formaggio e butirro: quelli poi cotti al forno (ed è l’altro modo) finito che avrete d’incasciare dopo che li avrete tagliati, aggiustateli nel piatto, che dovete mandare in tavola, accomodateci i vostri gnocchi, cioè, un solaro di gnocchi, ed un solaro di formaggio parmigiano; terminato che avrete il vostro piatto di gnocchi, mettete sopra mezza, libbra di butirro a pezzetti, dappoi mettete il vostro piatto al forno, e fateli fare il brulè sopra, e mandatelo in tavola caldo.

Articolo a cura di Linda Arnaudo