«Nella mia trasmissione la gioia di condividere percorsi di vita»

La conduttrice di “Oggi è un altro giorno”: «Siamo un Paese che alla fine ce la fa sempre e abbiamo tante risorse, soprattutto umane. In tv possono emergere. Ai miei ospiti garantisco autenticità, loro si aprono sempre liberamente. Il giornalismo? È osservazione. Amo il Piemonte per quella sua bellezza mai sfacciata»

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Far circolare le emozioni attraverso il rac­conto di storie personali, quelle dei “vip”, che nella condivisione po­polare trovano elementi va­loriali in cui riconoscersi. Nel lavoro quotidiano di Serena Bortone, con la sua trasmissione “Oggi è un altro giorno”, ci sono anche questi dettagli. E c’è il riscontro dei dati: funziona.

Possiamo definire il suo programma un salotto dove troviamo uno spaccato della società italiana?
«Detesto la definizione di salotto, perché per me significa fatuità ed è un concetto che non mi piace. È un luogo dove si incontrano protagonisti, storie, personaggi, cultura, spettacolo, risate ed emozioni. Con la voglia di raccontare le variegate sfaccettature della nostra contemporaneità. È un “Lost” aperto, luogo di incontro e connessioni».

Nel quale è possibile andare in profondità?
«Sì, anche perché ho un’attitudine psicanalitica che mi viene dall’aver fatto tanta analisi. Mi piace poter indagare l’animo degli ospiti, portandoli a raccontare le motivazioni che hanno determinato il loro successo, l’amore, la famiglia, le cadute. Perché comunque non esistono perfezioni, ma proiezioni che da casa possiamo avere sui personaggi che raccontano le loro fragilità. Il nostro è un luogo di autenticità. Cerchia­mo di farla uscire dalle persone, in libertà».

Una trasmissione che racconta l’Italia?
«Siamo già a più di 500 puntate, con risultati di ascolto alti rispetto alla media della fascia negli anni precedenti: parliamo di un 16 per cento che prima era 4 punti sotto, da più di dieci anni non c’erano questi risultati. Nes­suno ha la presunzione di sentirsi rappresentativo, noi per mestiere non giudichiamo. Rac­­contiamo. Poi è evidente che in più di 500 puntate e con migliaia ospiti, sono tante le particolarità raccontate. Sen­za sentirci un “manifesto”, noi siamo racconto».

Abbiamo visto Paolo Brosio commuoversi ricordando cadute e risalite.

«Sì, capita spesso. Ultima­mente abbiamo avuto ospite Pupo che si è aperto tanto da rivelare quando sorprese, da bambino, la mamma con un uomo che non era suo papà. Chi si racconta lo fa sempre in un contesto onesto, accogliente. L’intervista “allo specchio” è il momento in cui il cosiddetto vip si confronta con il passato, l’importanza della famiglia e delle radici che sono preziose perché comuni a tutti noi, rimandano ai valori italiani».

Non c’è mai il rischio di scivolare nel gossip?
«No, sono rispettosa del racconto personale, il contesto non è mai morboso».

Un ospite che le è rimasto impresso nella memoria?
«Impossibile sceglierne uno. Ogni incontro è un viaggio nella memoria personale e collettiva. L’ospite più interessante è quello del giorno dopo. Comunque pochi giorni fa abbiamo ospitato una mamma che ha deciso di donare gli organi del figlio morto in un incidente automobilistico. Con lei la ragazza che ha ricevuto il rene. Un gesto d’amore incredibile, ca­pace di restituire qualità a un’altra vita: raccontarlo è stato il modo per ribadire l’importanza della donazione. Que­sto è valoriale».

Cosa le lascia, quotidianamente, la trasmissione?
«La gioia del condividere percorsi di vita. Lo faccio spesso anche personalmente con tanti amici che ho in­torno. Sono sem­pre stata por­tata all’ascolto e alla vo­glia di aiutare chi attraversa momenti di debolezza. Nel mio gruppo di amici sono quella che c’è sempre, una “problem solver” sia sul piano pratico che emotivo. La diretta televisiva restituisce il valore dell’emozione nella condivisione, perché se condividi non sei più solo. Non solo per chi lo racconta ma anche per chi a casa magari sta vivendo lo stesso tipo di ansia e insicurezza».

E questi sono tempi difficili.
«Dal Covid alla guerra, siamo tutti immersi in una realtà complessa, spesso spietata e dobbiamo cercare di trovare elementi di unione invece che di divisione».

È vero che da giovane ha conosciuto Lady D?
«Avevo 15 anni, facevo volontariato alla Città dei Ragazzi di Roma dove sono ospitati giovani con situazioni famigliari complesse. Era il 1985, Carlo e Diana in Italia in visita ufficiale, vennero in quella struttura. Io consegnai a Diana un mazzo di fiori, lei mi si fece incontro tra la folla e fu molto carina, affettuosa, molto attenta. Mi colpirono la sua bellezza e la sua grazia, oltre alla carnagione “english rose”».

Cosa ricorda dei suoi primi passi nel giornalismo?
«Ho iniziato come assistente nel programma “Alla ricerca dell’Arca” dove c’era di tutto, da Rudolf Nureev a Burt Lan­caster, un mondo fantasmagorico nel quale si univano esperienze diverse. L’altro giorno mi sono rivista “Tutti gli uomini del presidente”, film meraviglioso. Mi sono ricordata di quando Carl Bernstein, uno dei due giornalisti dell’inchiesta Watergate, venne ospite da Mino Dama­to e lo vidi prendere appunti su tutto: capii che il giornalismo è soprattutto osservazione».

Un’aspirazione per il futuro?
«Mai fatto i conti con le aspirazioni (una perdita di tempo) ma con le opportunità che si presentano. E questo mi ha sempre portato fortuna. La trasmissione mi impegna dal mattino alla sera con ritmi serratissimi, ho un grande gruppo di lavoro che mi supporta e mi “sopporta”: insieme facciamo un ottimo prodotto di servizio pubblico, aggiungendo che dedichiamo grandi spazi alla cultura, una parte divulgativa che consente al pubblico ampio e popolare di Rai 1, nel post pranzo, di avvicinarsi anche ad eccellenze culturali che prima non venivano mostrate in tv. Abbiamo avuto coraggio, gli ascolti ci hanno dato ragione».

Dal suo osservatorio privilegiato come vede l’Italia di oggi?

«Restiamo un Paese che alla fine ce la fa sempre. Abbiamo tante risorse, soprattutto uma­ne, e quindi – senza voler dare giudizi sociologici – c’è un’Italia appassionata e buona (uso un termine caduto di moda, ma che mi piace) che è giusto far conoscere, così come le fragilità e i problemi perché nessuno deve essere lasciato solo. Però spesso ci si dipinge in modo peggiore di quanto in realtà siamo. Nel programma cerco di valorizzare questa necessità di connessione che abbiamo dentro».

Conosce il Piemonte?

«Una realtà meravigliosa. Amo il Piemonte e Torino che è la città – oltre a Roma – dove vorrei vivere. Ha fascino cosmopolita, tanti eventi culturali. Pen­so al Teatro Regio – lì recentemente ho visto un’opera di Sa­lieri – o al Salone del Libro. L’ec­cellenza enogastronomica del­le Langhe è abbagliante. Da ra­gazza girai alcuni documentari sui viaggi della fede al Sacro Monte di Varallo Sesia, è una regione che ha bellezza e arte. Mi piace questo splendore mai sfacciato. L’eleganza, la sobrietà piemontese le sento a me vicine».

CHI È

Giornalista, conduttrice e autrice, nata a Roma l’8 settembre 1970, appare quotidianamente in tv con il suo rotocalco “Oggi è un altro giorno”,  programma di «racconti delle persone celebri e non solo per capire, per condividere, per conoscere meglio la realtà dell’oggi»

COSA HA FATTO

È entrata nella redazione di “Agorà” nel 2010 e a partire dal 2017 ne ha assunto la conduzione, su Rai3, restando in quel ruolo fino al 2020.
È stata la vetrina che le ha permesso di affermarsi proprio nel ruolo di conduttrice, con uno stile affabile e coinvolgente

COSA FA

Oltre all’impegno quotidiano (e molto coinvolgente) con “Oggi è un altro giorno” Serena in questa stagione è entrata anche a far parte della giuria di “Il cantante mascherato”, lo show
condotto da Milly Carlucci