Home Articoli Rivista Idea «La guerra continua: chiedo aiuti e pace. italiani, grazie!»

«La guerra continua: chiedo aiuti e pace. italiani, grazie!»

La nostra intervista al campione ucraino Andriy Shevchenko vincitore del Premio Liedholm a Lu e Cuccaro Monferrato

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I segni della guerra si vedono soprattutto negli sguardi. Il viso di Andriy She­vchenko ne è la conferma. L’eroe dell’Ucraina calcistica, ex bandiera e tecnico della nazionale gialloblù e già pallone d’oro, vincitore con il Milan di una Champions League e di tanti altri trofei internazionali, mercoledì scorso è stato a Lu e Cuccaro Monferrato come vincitore del premio che celebra Nils Lied­holm, “campione sul campo, si­gnore nella vita”. A Villa Boemia, in quella che è stata il “buen retiro” del Barone, Sheva, un altro atleta, proprio come lo svedese, capace di primeggiare anche fuori dal rettangolo di gioco, non ha nascosto il dolore che lui e tutto il popolo ucraino stanno provando per la guerra in corso nel loro Paese. Ma il caloroso abbraccio che gli hanno regalato le colline patrimonio Unesco e i tanti milanisti presenti lo hanno rinfrancato. Il presidente dell’As­so­ciazione Nils Liedholm, Fabio Bellinaso, ha spiegato che, nell’anno del centenario della nascita del compianto ex allenatore di Milan e Ro­ma (omaggiato, nella nuova sede del sodalizio, con una mo­stra di cimeli) e nell’undicesima edizione del riconoscimento (andato, in passato, a sportivi del calibro di Ancelotti, Platini, Maldini e Pioli), non poteva es­serci miglior premiato di Shev­chenko, «come Liedholm, un grande campione pieno di umanità e modestia». Sulla stessa lunghezza d’onda il figlio di Nils, Carlo Liedholm, presente con la famiglia: «Rimasi molto colpito dalla sua scelta di visitare il luogo della tragedia del Ponte Morandi, a Genova – ha detto Carlo Lied­holm -. Soffriva molto, proprio come oggi soffre per la guerra». Insomma, un atleta davvero speciale Shevchenko, come hanno ricordato con un video-messaggio due suoi ex allenatori, Al­ber­to Zaccheroni e Carlo An­celotti. Un identikit confermato anche dalle toccanti parole dell’amico Alessandro Alciato: il giornalista biellese di Dazn ha raccontato al pubblico il volto meno conosciuto di Sheva, a partire dall’infanzia vissuta a tu per tu con la minaccia atomica di Cherno­byl, fino alla giovinezza, fatta di calcio, duri allenamenti e del profondo rapporto con l’allora neonata Ucraina. Poi la consegna del Pre­mio e altre splendide perle di storia del calcio e umanità, raccontate da un altro ex milanista, oggi collaboratore di She­vchenko, Mauro Tassotti, e dal giornalista della Gazzetta dello Sport Alberto Cerruti, i quali hanno evidenziato i tanti punti di contatto presenti tra Liedholm e Sheva. Noi di IDEA eravamo presenti e abbiamo intervistato il campione ucraino.

Shevchenko, conosceva già questo territorio?
«Certo: è una zona bellissima! E poi chi, nel mondo, non co­nosce il tartufo e i vini di questi luoghi?».

Cosa rappresenta per lei il Pre­mio Liedholm?

«Ho sempre sentito parlare mol­to bene di Nils. Fece pure esordire Paolo Maldini. Era rispettato da tutti, dentro e fuori dal cam­po. Ricevere questo premio è un grande onore».

Sono venuti a salutarla alcuni dei bambini ucraini ospitati in zona. Cosa ha provato?
«Questi bambini avvolti nelle bandiere ucraine li ho notati appena arrivato qui: ringrazio voi e il vostro territorio per l’accoglienza e il supporto che state assicurando al popolo ucraino che in questo momento sta soffrendo davvero molto».

Di recente è stato in Ucraina: che situazione ha trovato?
«La guerra è distruzione totale; ha stravolto vite, ha portato via vite. Il mondo dovrebbe imparare da tutto questo».

Come si racconta la guerra ai nostri bambini per aiutarli a essere solidali con chi fugge dalle zone del conflitto?

«Io credo che si debba dire loro la verità, spiegando ciò che sta succedendo e le conseguenze che la guerra sta portando. Ai bambini, però, bisogna anche di­re che l’Italia ha aperto il cuore, che sta accogliendo con grande generosità tante donne e tanti bambini ucraini. Ringrazio molto il vostro Paese».

Quanto è importante in questa fase l’accoglienza?

«Tanto, perché queste persone, in questo modo, da qui a quando potranno rientrare in Ucraina, avranno l’opportunità di inserirsi nelle comunità che le ospitano, di imparare l’italiano, di studiare, di collaborare, di sentirsi vive».

Le ultime notizie sul conflitto?

«Qualche giorno fa, al G20, si sentiva parlare di pace, sembravano esserci spiragli. E, invece, la Russia è tornata a effettuare degli attacchi missilistici pesanti, che mirano a distruggere infrastrutture nevralgiche. La guerra, purtroppo, prosegue. Sarà un inverno molto difficile per gli ucraini».

Cosa manca per la pace?

«Il nostro Presidente è stato chiaro: la Russia deve cessare il fuoco e liberare tutti i territori ucraini che ha occupato».

Il suo appello?

«Alla gente chiedo di continuare ad aprire il cuore, perché c’è an­cora tanto bisogno di aiutare l’Ucraina e il suo popolo. In generale, occorre trovare la pace e serve l’aiuto di tutto il mondo».