«Nel mondo che cambia servono informazioni sempre certificate»

Il direttore: «La nostra agenzia offre la possibilità di formare colleghi che hanno saputo affrontare il tema del virus attingendo alle fonti giuste. Ogni notizia è verificata più di una volta. La pandemia ha richiesto una presenza sul campo. Il flusso da Piemonte e Langhe per noi è molto importante»

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Direttore Contu, che cosa significa dirigere l’agenzia An­sa in questo mo­men­to storico?
«Significa dover fare i conti con una grande responsabilità, quella di fornire al mondo dell’informazione un’assistenza qualificata. Ci rivolgiamo ai media, alle istituzioni, ai cittadini, al mon­do del web e, se sbagliamo noi, sbagliano tutti. Questa è indubbiamente una grande responsabilità e i due anni di pandemia l’han­­no accentuata».

Come si fa a restare autorevoli in un contesto così complesso?

«Il suo ruolo l’Ansa lo ha sviluppato negli anni grazie a una struttura nazionale e regionale specializzata e questo ci ha consentito di affrontare al meglio ogni difficoltà con un’informazione 24 ore su 24, sul territorio, grazie a colleghi che si sono sempre trovati nel posto giusto al momento giusto, con i necessari collegamenti alle fonti per verificare le mille notizie che arrivano dalle stesse. Ora queste fonti si sono ampliate: per esempio, gli istituti di ricerca hanno assunto una forte centralità».

Come è stato sviluppato il rac­conto della pandemia?
«È stato un racconto drammatico ma intenso, che ha coinvolto tutte le agenzie, a partire dal territorio locale, fino a quelle internazionali. Ha mostrato le inattese difficoltà del mondo intero alle prese con una pandemia inaspettata, con un grande impatto sul sistema, sulla salute pubblica e una crisi che ha coinvolto anche l’Italia. Ma non abbiamo raccontato solo le difficoltà e le tragedie, per fortuna: anche i progressi della medicina, quelli della campagna vaccinale e la ripresa. Abbiamo fatto cronaca sviluppando un racconto realistico, senza fare sconti ma esponendo i fatti così come sono, senza giudicare, come nel ruolo dell’Ansa».

In questo contesto si è capito quanto sia necessaria una specializzazione di chi fa in­formazione: è così?
«Serve formazione. Per fortuna la nostra agenzia offre la possibilità di formare colleghi che hanno già saputo affrontare il tema del virus attingendo alle fonti giuste, avendo i contatti degli scienziati da consultare. Abbiamo raddoppiato la vigilanza e ogni notizia è verificata più di una volta proprio perché abbiamo attraversato un momento delicato. Lo è stato fin dall’inizio, da quando abbiamo diffuso la prima notizia di una misteriosa polmonite che arrivava dal­la Cina. Non si sapeva molto di più, ma abbiamo visto poi che la notizia era già quella giusta. In seguito, abbiamo capito che si doveva verificare ogni dettaglio, valutare ogni studio scientifico. L’altro aspetto è stato quello della presenza sul campo. La pandemia ha richiesto che fossimo presenti, il giornalismo da remoto non si poteva fare, bisognava essere vicini ai fatti. I nostri colleghi erano negli ospedali, nelle zone rosse. Abbiamo fatto reportage pur rischiando, seguendo però lo spirito del nostro lavoro per l’agenzia».

Sembra però che si sia creata una frat­tura con una buona par­­­­­te degli u­ten­ti: esiste un’informazione ufficiale distinta da un’altra più “social” e, di­ciamo, alternativa?
«Penso che questa pandemia abbia dimostrato che l’informazione ha bisogno di essere certificata da fonti sicure. Noi, in questo caso, ci fidiamo di fonti scientifiche. So che molte persone credono che quanto accaduto sia il frutto di una presunta intesa segreta tra governi e multinazionali, ma noi dobbiamo credere nella scienza e, nel contempo, continuare a cercare eventuali responsabilità, nell’ambito dei Paesi democratici, basandoci sui fat­ti. Questo non significa che non si commettano er­rori, il pa­­­­norama è dav­­vero com­­pli­cato».

Molte in­for­mazioni, an­che da fon­ti ufficiali, si sono rivelate fuorvianti…

«Ci sono state dichiarazioni im­precise o erronee da parte della stessa Organizzazione Mon­diale della Sanità, all’inizio abbiamo pensato che il Covid fosse una semplice influenza, poi però la campagna vaccinale è stata un successo. Noi abbiamo riportato gli eventi. Non esiste un’informazione alternativa. I vaccini hanno contribuito a ridurre la pericolosità del virus, non ci so­no altre strade. Noi raccontiamo questa realtà, senza censure, riportando le opinioni».

Un’altra cosa che il virus ha evidenziato è che abbiamo tutti sempre bisogno di cultura, in tutte le sue forme. Che ne pensa?

«Siamo dentro a questo mondo, non siamo scrittori ma cronisti. Dobbiamo chiaramente informarci, leggere, studiare ed essere consapevoli e responsabili».

Glielo dico perché penso alla sua biblioteca di famiglia, un patrimonio che lei ha riscoperto per un trasloco, trovando un tesoro di informazioni e ricordi. Come è andata?
«Ho vissuto un periodo esaltante, che non è ancora finito perché sto ancora svolgendo ricerche sui tanti appunti che ho trovato. Sapevo di avere questo “baule di ricordi” ma non mi aspettavo questa mole di scritti che parte da fine ’800, dai miei bisnonni fino a mio padre. Mi ha colpito perché c’è un filo logico con la storia, tra queste generazioni di giornalisti. Ci sto lavorando, la sento come una ricchezza da trasmettere ancora. Da piccolo faticavo a capire le cose che mi diceva mio padre, a leggere i suoi libri, ora avverto questa atmosfera magica nella ri­scoperta. Ne sto scrivendo. Non so se uscirà un libro, forse sarà solo un racconto, vedremo».

Torniamo all’attualità: l’Ansa ha raccontato le alluvioni in Sicilia. Un tema che ritorna…
«Il tema è ricorrente e prevede che noi lo raccontiamo al meglio come abbiamo fatto benissimo da Catania, con foto e reportage, con approfondimenti. Noi media generalisti siamo i primi a dover evidenziare la portata dei cambiamenti climatici. In linea con l’Agenda 2030. Senza demagogia, i risultati di oggi sono conseguenza di come abbiamo trattato la Terra fin qui».

A proposito di territorio: conosce quello delle Langhe?
«Conosco Alba, ci sono stato sia per vacanza sia per lavoro. Spes­so ho incontrato i colleghi torinesi. Per l’Ansa è importante raccontare le eccellenze di questi territori, dove una grande crescita è stata accompagnata da una costante ricerca della qualità. Il flusso di notizie dal Piemonte, in questo senso, per noi è molto importante».