«I vaccini sono provvidenziali: ci stanno salvando dal Covid»

L’infettivologo genovese Matteo Bassetti fa il punto sull’andamento della pandemia

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Il Paese osserva sgomento il cambio di tendenza che il virus sembra aver preso negli ultimi giorni, dopo settimane in cui tutti gli indicatori erano in netto miglioramento, e guarda con inquietudine a un’estate che si sperava potesse essere, finalmente, tranquilla. Tanta la gente che vive con grande incertezza questi giorni: chi cerca chiarimenti, chi si affretta ad annullare vacanze già prenotate all’estero, chi si chiede, a volte con aria scettica a volte con sfiducia, come sia possibile sentire ancora notizie allarmanti dopo che la campagna vaccinale sembrava aver messo la situazione in sicurezza. In mezzo a questo marasma comunicativo il mondo mediatico si affida, ormai da quasi un anno e mezzo, a una ristretta cerchia di esperti attraverso cui si cerca di interpretare gli scossoni improvvisi a cui il virus ci ha drammaticamente abituato; gli unici che sembrano in grado di chiarire in quale direzione stiamo andando e quanto sia grave, di volta in volta, la situazione. «Oggi meno del passato, ma non bisogna mollare la presa», ci dice il direttore della Clinica Malattie Infettive del Po­liclinico San Martino di Genova Matteo Bassetti, con cui abbiamo provato a capire qualcosa in più.

Dottor Bassetti, cosa sta succedendo?
«Succede che i contagi stanno aumentando ma fortunatamente i decessi, grazie ai vaccini, rimangono contenuti. Oggi abbiamo coperto, tra vaccinati e chi ha già fatto il Covid, quasi due terzi della popolazione; se ci fossimo trovati al punto dell’anno scorso, con questa risalita dei nu­meri, sa­reb­bero stati davvero dolori. Voglio però chiarire che dopo le riaperture ci aspettavamo un fisiologico aumento dei contagi, anche se forse non così presto: da qui in poi bisognerà capire se questa risalita avrà un picco e poi scenderà esaurendosi oppure porterà a maggiori ospedalizzazioni. La situazione, quindi, vede un aumento dei contagi che però, ricordiamolo sempre, non coincidono sempre con casi di malattia».

Che cosa significa?
«Che stiamo parlando di persone che hanno un tampone positivo, una cosa ben diversa. È un indicatore che, preso da solo, non ha nessun significato e che, se non è chiarito, può indurre la gente a pensare che il virus stia tornando a fare danni nella stessa misura dello scorso autunno. Per il momento, non è così».

Settembre intanto si avvicina e le scuole temono di rivivere un’annata a singhiozzo come quella passata. Bisogna in­tervenire fin da subito?
«Assolutamente sì: se si de­vono prendere decisioni per la messa in sicurezza degli ambienti scolastici, quali la vaccinazione degli studenti e del corpo docente, bisogna attivarsi ora. Mi lasci dire che però, purtroppo, quando si parla di vaccini sui ragazzi c’è ancora molta incertezza tra gli italiani, spesso alimentata da una cattiva politica che specula su questo tema e a volte fa affermazioni gravi. Da parte mia, ho fatto vaccinare i miei figli e spero che tutti gli italiani affrontino con maturità questa scelta».

Quanto dobbiamo preoccuparci delle varianti?
«Tutti i vaccini danno ottime risposte contro le varianti, con qualche differenza in termini percentuali tra l’uno e l’altro: da Pfizer e Moderna fino ad AstraZeneca e Johnson&Johnson abbiamo avuto, comunque, eccellenti risultati. Vediamoli come dei grandi attaccanti: certo, poi c’è chi fa venti goal all’anno e chi trenta, ma siamo sempre tra campioni che fanno performance straordinarie, ben superiori, per fare un esempio, ai numeri del vaccino contro l’influenza, che dà una copertura tra il 30 e il 50%».

Eppure molti invocano in questi giorni anche per noi un modello francese, che limiti l’accesso a diverse attività ai non vaccinati. Condivide la linea dura di Macron?

«Guardi, lo dico da ligure a piemontese, da gente che è vicina alla Francia e conosce bene, spesso invidiando, la loro organizzazione. Anche questa volta avremmo dovuto lanciare noi un “modello Italia” e non limitarci, ora, a copiare da Parigi. Il “green pass” è uno strumento di “moral suasion” che i francesi stanno utilizzando per incentivare la gente a vaccinarsi e, personalmente, sposo in pie­no questa idea, che naturalmente può essere rivista per alcuni aspetti, come l’accesso ai bar o ai supermercati con il “foglio verde”, obiettivamente difficile da organizzare. Mi stupisce però sentire la contrarietà di alcuni politici, spesso proclamatisi in passato paladini della libertà e dei commercianti: in un Paese come il nostro, che è stato uno dei più chiusi al mondo, ci si dimentica che il “green pass” è lo strumento per non chiudere più e per far lavorare la gente in sicurezza».

In questo anno e mezzo ci siamo ormai abituati a sentire le voci che si accavallano e a quell’infodemia, quell’eccesso comunicativo, che spesso ha confuso ancora di più le idee degli italiani. Come ha vissuto personalmente questo ruolo mediatico che ha dovuto affrontare negli ultimi mesi?
«Mi sembra naturale che a essere interpellati siano stati gli scienziati, come d’altronde è successo in tutto il mondo. A chi dovevano chiedere se non a noi, che studiamo questi fenomeni da anni? Si­curamente c’è stato un mo­mento, soprattutto nelle pri­me fasi, in cui si sono manifestate visioni diverse e sono emersi, a causa dell’evoluzione rapida della situazioni, attimi di litigiosità; ma la scienza, come ben sappiamo, non è mai certa e solo con il dubbio si può creare una medicina di progresso. Mi sembra comunque che oggi nel mondo scientifico, che è altra cosa rispetto ai ciarlatani da social network, siamo tutti d’accordo sull’efficacia dei vaccini e ci sia un’unanimità di fondo. Trovo molto più conflitto nel mondo politico, e questo mi sembra molto grave: sento importanti esponenti politici che si mostrano ambigui sul tema dei vaccini, rimanendo vaghi e alimentando incertezze tra la gente. Mi sembra incredibile che persone capaci di rappresentare il 15-20% degli italiani rilascino dichiarazioni in cui mettono in dubbio la sicurezza della campagna vaccinale o stabiliscano fasce d’età sotto cui, a sentire qualcuno, scatterebbero dei pericoli. E questo è un problema che tocca tutte le forze parlamentari, a volte più attente ai sondaggi che alla salute pubblica. Come si può pensare di guidare un Paese se durante una pandemia non si è d’accordo neanche sull’efficacia dei vaccini?».