Ci vuol fegato ad avere cuore

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Gentile allegro chirurgo, contrariamente a quanto si legge in rubriche analoghe, nel suo spazio sono predominanti gli interventi su temi per così dire “leggeri”. Io, invece, vorrei affrontare un problema bello grosso, che mi sta molto a cuore perché mi riguarda quotidianamente. In pratica da 15 anni mi tocca fare da cuscinetto tra mio marito e suo padre. Da quando quello che all’epoca era il mio fidanzato ha rinunciato a portare avanti l’attività di famiglia, per inseguire il suo sogno di diventare architetto, i rapporti con il padre si sono incrinati e, con il tempo, praticamente annullati. Ci si vede solo in occasione delle “feste comandate”, senza entusiasmo da parte di nessuno dei due. Neanche la nascita di due nipoti ha scalfito la reciproca indifferenza: il padre di mio marito li adora e viene a trovarli spesso, ma sempre quando sa che mio marito è al lavoro. Persino la pandemia, che ci ha tenuto lontani per mesi, non è servita a rompere questa cortina di ferro che li divide.
Io ho cercato un’infinità di volte di riavvicinarli, con il solo risultato di far arrabbiare sia mio marito che mio suocero.
A me pare assurdo che un motivo di attrito ormai superato nei fatti (mio marito sta bene a fare il lavoro che fa, suo padre ha ceduto l’attività e si gode la pensione) rovini la vita di due famiglie, ma né io né mia suocera siamo riuscite a scalfire il muro…
Temo che, a questo punto, io non possa far altro che arrendermi all’evidenza di una frattura insanabile.

Anna (Cuneo)