«Il buddhista che non ride non fa la differenza»

Il Lama Paljin Tulku Rinpoce riconosce in ogni religione elementi di saggezza, non sempre colti

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“Festina Len­te”, ovvero “Affrettarsi lentamente” è stato il mantra della prima edizione di TEDxCuneo che ha visto sfilare una serie di studiosi, “startupper”, im­prenditori invitati a raccontare l’arte sublime dello scegliersi il proprio tempo. Tra loro è salito sul palco il monaco bud­dhista e guida spirituale Lama Paljin Tulku Rinpoce che ha narrato il potere sorprendente e l’inaspettato benessere derivante dalla pratica quotidiana della gentilezza. A lui abbiamo chiesto qualche altro consiglio per migliorare la nostra vita, frenetica o lent­a che sia.

Sembra che i giovani di oggi siano più attratti da forme di religione lontane dalla nostra cultura, come il Buddhismo, quasi fossero alla ricerca di risposte che la religione cattolica in parte non sembra in grado di fornire. Concorda?
«La religiosità non è una delle istanze dei giovani perché non è più un valore importante della società. Una volta andavamo tutti all’oratorio e in Oriente le famiglie ritenevano prestigioso avere almeno un figlio monaco. Adesso vedo molti nostri giovani riunirsi in piazzetta o al bar e molti giovani monaci orientali che vogliono venire in Occidente alla ricerca del benessere materiale. Oggi i giovani non cercano risposte spirituali ma hanno bisogno di una identità. Invece le persone già mature, che spesso hanno un profondo disagio psicologico dovuto ai problemi del quotidiano, sono attratte da filosofie esotiche nella convinzione che tutto si risolva recitando un mantra o con rituali “fai da te”. Secondo me, tutte le religioni forniscono risposte valide, ma molti oggi sono troppo frastornati e confusi per co­gliere l’essenza liberatrice della propria tradizione e si rivolgono con entusiasmo a ciò che viene da fuori: di fatto non hanno la pazienza di approfondire i tesori della propria cultura e credono di aver facilmente capito quella degli altri. Questo è un grave errore di presunzione ed è indice della superficialità con cui l’uomo bada alla propria crescita interiore».

Se non è troppo personale, come si è avvicinato al Buddhismo?
«Si tratta di una domanda estremamente personale, perché ognuno di noi quando fa una scelta è solo con sé stesso. Mi sono avvicinato al Buddhismo dopo an­ni di completo di­sinteresse verso le religioni. Sono stato attratto dal Buddhi­smo tibetano perché mi affascinava l’alone di magia che era stato creato intorno al lamaismo da una letteratura fantasiosa ma accattivante. Nel tempo ho scoperto che i valori trasmessi dalla dottrina del Buddha andavano ben oltre l’immagine dei lama che volano e che leggono i tuoi pensieri. Mi sono piaciuti i concetti di altruismo e di compassione, li ho fatti i miei, ed eccomi qui».

Il pensare comune vuole la persona vicina al Buddhismo in possesso di una consapevolezza che si esprime in una sorta di armonia con l’universo. Questa idea corrisponde a realtà?
«Il pensare comune crede nelle favole. Non basta essere buddhisti per sentirsi in armonia con l’Universo: bisogna essere buddhisti e praticare tutti i giorni, in particolare la meditazione. Ma meditare non vuol dire sedersi nella posizione del loto e imitare i santoni. Chi medita deve padroneggiare la tecnica e deve meditare con lo scopo di acquisire le qualità positive utili all’aiuto degli esseri che soffrono, e poi sviluppare queste qualità in ogni momento della giornata, verso tutti: amici e nemici. In questa condizione mentale si diventa sereni. La consapevolezza è uno stadio più avanzato del percorso perché consiste nell’aver percepito l’unità del Tutto e sapere di farne parte.

I precetti del Buddhismo sintetizzati in una frase?
«Non pensare, dire o fare qualcosa che possa portare danno a te o agli altri».

Dopo la morte che cosa c’è per i buddhisti?
«I buddhisti credono nella rinascita e ritengono che il “continuum” mentale di un individuo, in conseguenza delle azioni compiute in questa vita o in vite precedenti, quando lascia il corpo sia proiettato dalle forze karmiche verso una nuova esistenza che può aver luogo in differenti ambiti e condizioni: qui su questa terra o in altri mondi visibili e invisibili. C’è chi crede che la rinascita abbia luogo fisicamente e chi sostiene che tutte le dimensioni in cui dimora il “continuum” mentale siano in realtà stati della mente».

Ascoltandola parlare si percepisce un grande senso di rispetto e di tolleranza verso le altre religioni, quasi le basi di tutti i credo avessero una matrice comune. È così?
«È vero. Ho grande rispetto verso le altre religioni perché in esse si trovano elementi di saggezza che possono accompagnare la vita di ognuno. Il problema sorge quando una religione vuole affermarsi come unica detentrice della verità. Credo che la base co­mune possa essere una spiritualità senza etichette che parla al cuore e circola liberamente tra tutti gli esseri».