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«Aiutiamo i nostri figli a inseguire le stelle»

Il nuovo romanzo dell’albese Teresio Asola invita a riflettere

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Non bisogna smettere di avere fiducia nel prossimo e nemmeno di inseguire le proprie stelle, anche nei momenti più duri. Lo insegna “Zuruni. Per riaccendere le stelle”, l’ultima fatica di Teresio Asola, scrittore originario di Alba.

Asola, partiamo dall’inizio… “Zuruni” è una parola araba. Cosa significa?
«“Zuruni” è un romanzo, basato su una storia vera perché nulla è più fantasioso della vita. Quanto al significato di “Zu­runi”, ragazzi iracheni incontrati in Inghilterra nell’estate del 1980, che cantavano un’aria malinconica che portava quel titolo, mi dissero voler dire “vieni da me”. Me ne scrissero la pronuncia e io ricambiai facendo lo stesso con la nostra “La monferrina”. Apprezzarono. Quel “vieni da me” della canzone implica un ritorno, da quei ragazzi temuto per i sentori della guerra imminente e nel contempo desiderato, al pensiero di notti d’estate trascorse sui tetti di casa a Baghdad ad ammirare le stelle».

Ecco, le stelle… Che significato assumono?

«Sono alla radice del desiderio, anche etimologicamente: la parola “desiderare” deriva dal latino “de” e “sidera”, letteralmente “mancanza delle stelle”. Il romanzo è anche il ritorno al 1980 e a quei giovani di diversa cultura dalla mia, incontrati in Gran Bre­tagna, che sognavano un futuro puntando ad altre stelle, diverse da quelle di Baghdad cui erano abituati: iscriversi a un’università britannica per diventare ingegneri e costruire ponti in un mondo di pace. Il ritorno alle stelle di Baghdad è impossibile, se non a costo di affrontare una guerra, come faranno».

Un ritorno, invece, è fattibile, anche se per poco tempo e senza dover affrontare situazioni così dure…
«Sì, quello del protagonista, trent’anni dopo, ad Alba e alle discussioni animate con i suoi genitori, come faceva a vent’anni nella casa davanti alla stazione. È un ritorno, questo, alle stelle e ai desideri del giovane albese che, in attesa di prestare servizio civile, calcava le strade del­l’Europa, fonti di confronto e conoscenza».

La canzone viene percepita come uno strumento per evadere dal contesto (difficile) in cui ci si trova e, in generale, per tornare a riaccendere le stelle. Cos’è che le oscura nel­la nostra società?

«Le spegne l’incapacità di porgersi all’altro. La non volontà di costruire ponti, anche solo studiando lingue che non ci ap­partengono. La non disponibilità a desiderare, dunque a vedere le stelle, che ognuno di noi dovrebbe coltivare, dentro».

Nonostante contraddizioni e sogni infranti, alla fine, prevale l’ottimismo: è la fiducia nelle persone e nelle relazioni umane che ispira questo sentimento?
«È la constatazione che la vita non può che vincere. E vincono i ritorni e gli incontri, persino in un periodo poco propizio agli uni e agli altri come questa pandemia che finalmente stiamo sconfiggendo. Le relazioni e il vi­vere prevalgono».

È sicuramente decisivo anche il rapporto tra genitori e figli. Il suo consiglio?
«Non sono persona incline a dare consigli. Nel libro ho voluto registrare il rapporto contrastato tra genitori e figli, tipico del ventenne. In diverse occasioni ho scritto più come figlio che come padre, sin da “Volevo vedere l’Afri­ca”, realizzato partendo dai diari e dalle confessioni di mio padre morente».

Essere padre cosa ha rappresentato per lei?
«Mi ha aiutato a meglio entrare nelle “segrete cose” del rap­­porto tra diverse generazioni. Una cosa che ho imparato da padre è lasciare che i figli volino via ad accendere e raggiungere le proprie stelle, rafforzati dagli strumenti che abbiamo messo a loro disposizione».

Le Langhe e, in questo caso, Alba sono sempre grandi protagoniste nelle sue opere. Quali emozioni e suggestioni suscita in lei questo territorio? Qui le stelle si vedono ancora, per fortuna…
«Sono un territorio imprescindibile. Un luogo in cui persone illuminate hanno teso la mano verso le proprie stelle, desiderandole e raggiungendole. Per questo, e non solo perché vi sono nato, questo territorio ricorre così spesso, direttamente o evocato, magari con nomi diversi, nei miei libri, quale metafora di coraggio e saper fare. An­che nei due prossimi romanzi, che verranno pubblicati nei prossimi mesi, la presenza di Alba e delle Langhe si avvertirà».

BaNNER
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