IL FATTO
il disegno di legge zan è all’esame del senato ma intanto ha già diviso la scena politica. Una proposta alternativa è quella che arriva dalla conferenza episcopale
Negli anni il peso di certe valutazioni è diventato meno evidente, se non meno autorevole.
La Conferenza Episcopale ha dovuto fare sempre di più i conti con una realtà diventata straordinariamente complessa, complicata e difficile da interpretare. Il tema proposto dal Ddl Zan, la nuova legge sull’omofobia all’esame del Senato, ha spinto però la Cei a prendere una posizione netta. Lo ha fatto comunque aprendo una strada verso il dialogo.
Se la scena politica si è spaccata, schierando da una parte i favorevoli pronti ad approvare la legge e dall’altra quelli che vorrebbero cancellarla senza appello, la Cei prova a non ignorare le ragioni di chi chiede un cambiamento, o meglio un adeguamento istituzionale. E allora il presidente Gualtiero Bassetti è intervenuto con decisione nel dibattito ma anche con estrema attenzione per spiegare: «No all’affossamento del decreto, sì a una sua correzione, a una modifica».
La questione ovviamente è delicata. Si tratta di trovare uno strumento legislativo adatto a combattere le intolleranze nel modo giusto, senza alimentarne di nuove.
Bassetti lo ha detto in occasione della messa celebrata con i giornalisti, quindi in una circostanza adatta a diffondere il messaggio. «Siamo per i diritti di tutte le persone», ha premesso il prelato chiarendo subito un concetto fondamentale. Ecco perché «la legge contro l’omofobia deve essere chiara, senza prestarsi a sottintesi».
Poi ha aggiunto: «In realtà c’è già tutta una legislazione sufficiente a tutelare le persone contro discriminazioni e violenze». Ma, al tempo stesso, «se si ritiene utile una legge specifica contro l’omofobia, va bene. Però, così come è ora, il testo si presta a essere interpretato in varie maniere e può sfociare in altre tematiche che nulla hanno a che vedere con l’omofobia, gli insulti o le violenze».
Il cardinale si riferisce principalmente a un tema, quello della cosiddetta identità di genere, che è anche l’argomento più delicato e al tempo stesso più divisivo: «Una simile confusione antropologica mette in discussione la differenza uomo-donna e per noi è inaccettabile. Questo non vuol dire che non si debbano accettare le scelte diverse o le fragilità. Però una legge deve tutelare le garanzie e i valori fondamentali, la distinzione fra uomo e donna esiste».
Frasi in linea con quanto la Cei aveva espresso già un anno prima sottolineando come fosse necessario «promuovere una seria prevenzione per scongiurare ogni offesa alla persona, senza polemiche ma attraverso un confronto autentico e intellettualmente onesto».