Gianni Arnaudo innovazione e sovversione

«Le mie opere sono rappresentative del concetto di “trasgressione”, inteso come atteggiamento creativo libero dagli schemi e dai condizionamenti»

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Laureato in architettura al Politecnico di Torino nel 1971, Gianni Arnaudo ha iniziato l’attività professionale nello “Studio 65”, tra il 1970 e il 1975. Appartengono a quegli anni le prime espressioni di architettura radicale e la collaborazione con “Gufram” dei fratelli Gugliermetto. Molte sono le opere dell’architetto Gianni Arnaudo presenti nei musei di tutto il mondo, tra cui il tavolino “Tea Time” di Slide all’Adam Museum di Bruxelles e il “Déjeurner sur l’arbre” al Centre Pompidou.
“L’archistar” collabora con molte aziende, tra cui: Slide, Poltrona Frau, FontanaArte, Bertolotto Porte. Nel 2012 è stato presidente del primo Festival dell’architettura di Cannes. È sicuramente il fautore della cultura pop e con lui la nostra rivista IDEA chiacchiera sempre con molto piacere.

I suoi progetti di architettura, come l’aeroporto di Cuneo-Le­valdigi, lo stabilimento Maina Spa di Fossano e la canti­na “L’Astemia Pentita” di Ba­rolo, hanno rivoluzionato un contesto paesaggistico ed alcuni canoni dell’architettura contemporanea. In quale direzione dovrebbe muoversi oggi l’architettura? 
«Durante il primo lockdown nella scorsa primavera del 2020 alla Fondazione per l’Architettura di Torino, ho rilasciato una video intervista sul tema “L’organizzazione urbana come possibile antidoto al virus”, tema trattato anche con altri colleghi, quali Cino Zucchi e Kengo Kuma. Il periodo di isolamento in casa ha fatto emergere una serie di esigenze abitative, quali quelle di avere spazi di fruizione esterna (terrazze- giardini esterni in quota) degli appartamenti che, in caso di incremento dei mezzi di comunicazione digitale, possono meglio contribuire a realizzare l’obbiettivo, indicato come prioritario in Europa, di uno sviluppo green dell’economia e del lavoro, che passa anche attraverso l’homeworking, lo sviluppo digitale e dei collegamenti con mezzi di trasporto pubblici. A quest’ultimo proposito ho fatto l’esempio di Copenaghen, città progettata come isocrona e cioè dotata di collegamenti con mezzi pubblici programmati in modo da garantire che i cittadini di una qualunque delle zone lontane dal centro città possano arrivarvi in un uguale tempo massimo (a Copenaghen è di 15 minuti).
Anche gli spazi pubblici, come le piazze, devono essere ripensati, per evitare interventi limitati a banali decorazioni, privi dell’indispensabile carattere innovativo contemperato con l’antica funzione di luogo “aggregativo”, rispondente alle esigenze funzionali della comunità in un’accezione moderna».

Nell’ultima imponente monografia appena pubblicata, “Gianni Arnaudo. Anti-Design”, che Skira ha dedicato alla sua opera, dopo la prefazione della conservatrice del Centre Pompidou Valérie Guillaume, lei tratteggia il suo personalissimo “metodo” da applicare all’architettura. In cosa consiste? 
«Il critico d’arte, il romanziere si esprimono con le parole, l’architetto con i progetti. Il dibattito in materia di architettura è spesso incentrato sul concetto di forma, sui materiali o sulla funzione: i miei progetti invece non sono né forma, né funzione, ma un messaggio. Le mie opere di architettura, così come quelle di design, sono “progetti critici”. Il linguaggio Pop è parte del mio DNA, è una forma espressiva del “progetto critico”, che da sempre è l’impronta che connota il mio pensiero. Il linguaggio Pop è un modo di manifestare con un “segno forte”, facilmente leggibile, identificativo di un pensiero più articolato su temi culturali che travalicano quelli ricorrenti nel mondo dell’architettura e, ancor più del de­sign, dove esiste un’offerta am­plis­sima di oggetti non sempre distinguibili l’uno dall’altro. Il tavolo Déjeuner sur l’Arbre (in copertina del nuovo libro, ndr) ha in sè tutti gli elementi connotanti quel linguaggio: lo sguardo Zoom ed il cambiamento di scala, il gioco di parole che ne lega la lettura al quadro di Manet e la “dissacrazione”, hanno reso un oggetto del quotidiano; il deodorante Arbre magique, oggi famoso come la minestra Campbell di Andy Warhol, un’icona».

Quali responsabilità comporta comparire tra le personalità caratterizzanti le svolte più significative nel campo artistico del ventesimo secolo?  
«Con la mostra Big Bang il Centre Pompidou ha classificato le opere presenti nella sua collezione permanente, identificando così i connotati fondamentali dei movimenti culturali del XX Secolo: le mie opere sono rappresentative del concetto di “sovversione”, inteso come atteggiamento creativo libero dagli schemi e dai condizionamenti dettati dal momento e dalle mode. Questo è il significato delle mie opere ed il messaggio che trasmettono».