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Piero Bianucci

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«Scrivo mentre le sorti del governo italiano sono incerte. È però un punto fermo della Legge Finanziaria la possibilità di scaricare come credito di imposta il 110 per cento dell’investimento in ristrutturazioni edilizie che portino a un risparmio energetico e al miglioramento di almeno due livelli nella qualifica dell’edificio. Non abbiamo ancora definito come spenderemo i tanti, tantissimi, soldi europei del Next Generation EU, ma questo è un modo di farlo giusto e intelligente, per noi, per l’Unione Europea e soprattutto per la Next Generation a cui si riferisce il provvedimento (smettiamo di chiamarlo Recovery Fund, una formula che non guarda al futuro ma a mettere toppe al passato). Questo provvedimento non è assistenziale, non è “a pioggia”, non è effimero. È qualcosa di strutturale che va nella direzione di adeguare il patrimonio edilizio al rispetto dell’ambiente che richiede il contesto ecologico del Paese, il nuovo corso “green” dell’Unione Europea e una gestione responsabile del mondo nella sua globalità, se vogliamo frenare il cambiamento climatico, un fenomeno che nell’arco di questo secolo può portare a conseguenze catastrofiche. Questo è l’obiettivo globale a media e lunga scadenza. Ma per i proprietari di immobili c’è il vantaggio immediato di risparmiare sulla spesa energetica e di valorizzare l’edificio. Una valorizzazione che si annuncia largamente compensatrice dell’investimento. Allargando lo sguardo, ecco qualche dato che incornicia il significato e l’importanza del provvedimento. L’accordo verde europeo del 2020 pone come traguardo da raggiungere entro il 2050 la “neutralità climatica”, cioè una situazione che non aumenti più le emissioni di gas serra. La riduzione di gas serra nell’Unione Europea dal 1990 al 2019 è stata del 24 per cento. È un dato incoraggiante, ma dice anche quanta strada si debba ancora fare per raggiungere un calo del 60% entro il 2030, come auspicato dalla European climate law. È quindi necessario che i paesi europei e quelli di tutto il mondo continuino a impegnarsi nella lotta al cambiamento climatico e restino tesi agli obiettivi da raggiungere. A incominciare da un cambio di passo radicale nei livelli di emissione di gas serra, la cui riduzione è fondamentale per salvaguardare l’intero ecosistema globale, inclusa la vita dell’umanità su questo pianeta.
Il nostro paese è passato dal 6,3% di energia rinnovabile sul totale di quella consumata nel 2004, al 18,2% nel 2019. Questa quota non solo è la più alta tra quelle dei paesi europei, ma segna anche la maggior crescita nel ricorso alle energie rinnovabili, con un aumento di 11,8 punti in 15 anni. Seguono la Germania (+11,1 punti), il Regno Unito (+11,2) e la Francia (+7,7). E’ anche interessante osservare che nel 2019, tutti e cinque i paesi registrano quote inferiori alla media Ue (18,9%), anche se di poco nel caso dell’Italia (18,2%). Il Regno Unito, che a fine 2020 si è staccato dall’Unione Europea spicca negativamente con percentuali ampiamente inferiori a quelle degli altri Paesi in tutti gli ultimi anni presi in considerazione. Insomma, c’è ancora molto da fare, ma si può fare e conviene farlo. Per l’immediato, e ancora di più pensando alle generazioni che verranno: figli, nipoti, pronipoti…»

BaNNER
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