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«In cima al monviso con il cappello alpino e la tromba»

L’ultima impresa di Fabrizio Bollati? Andare a piedi da Villafalletto alla cima del Re di pietra

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Spesso non è quello che si fa che caratterizza l’azione, ma la motivazione per cui essa è stata compiuta. Vale, per esempio, per le molte imprese portate a termine dall’alfiere della sezione di Vil­lafalletto del gruppo Ana, Fabrizio Bollati, che di avventure da raccontare ne ha compiute parecchie.
Trentatreenne di Villafalletto, adora mettersi alla prova in ogni situazione, cercando di spostare sempre un po’ più in là i propri limiti. A tal pro, nelle scorse settimane ha deciso di partire dalla propria abitazione per arrivare a piedi fino alla punta del Re di pietra. Un’avventura che merita di essere raccontata attraverso la sua voce.

Fabrizio, quand’è nata in lei questa passione per le imprese particolari e faticose?
«Credo da sempre. A 18 anni ho raggiunto per la prima volta il santuario di Sant’Anna di Vinadio ai piedi da Villafalletto, cosa che ho poi ripetuto ogni anno, e una volta finita quella camminata mi sentivo bene, ed ero soddisfatto. Eravamo un gruppo di 6 persone, partite tutti da Villafalletto. A De­mon­te ero rimasto solo: gli altri purtroppo, chi per la stanchezza chi per il dolore ormai insopportabile alle gambe, avevano alzato bandiera bianca. Pure io ero molto stanco, ma sostenuto da alcuni amici ho deciso di non interrompere la marcia. Ricordo che all’arrivo davanti al santuario scoppiai in lacrime… Era la prima volta!».

Di certo queste imprese richiedono un duro allenamento.
«In realtà non ho un allenamento specifico, semplicemente ho sempre camminato alternando i dislivelli in montagna a lunghe camminate su strade pianeggianti, il più delle volte su percorsi superiori a 50 chilometri, ov­vero la distanza che separa Vil­la­fal­letto da Ponte­chianale, luogo di partenza per l’ascesa al Mon­vi­so».

Quali pensieri la accompagnano durante le sue camminate?

«Cerco di pensare ad altro e non concentrarmi troppo su quello che sto facendo, altrimenti mi perdo d’animo. Più che altro tengo nei miei pensieri tutte le persone che apprezzano le mie imprese, penso che non voglio de­luderle, ma la forza più grande mi deriva dal pensiero di mio nonno che non c’è più: lui mi ha sempre sostenuto ed era orgoglioso di me, per quello non voglio mollare, e cercherò di non farlo mai».

Qual è il viaggio che più le è rimasto nel cuore?
«Ricordo con un sorriso enorme sul viso una pazzia fatta nel 2009 assieme a mio padre e mio fratello: abbiamo affrontato un viaggio con un trattore d’epoca da Villafalletto a Bassano del Grappa, senza sosta, ma alternandoci alla guida del mezzo. Impresa poi ripetuta nel 2014 e nel 2019 aggiungendo anche il viaggio di ritorno. Sono sta­te esperienze bellissime e allo stesso tempo molto impegnative, visto che Bassano dista 465 chilometri da Villafalletto e il trattore è del 1955».

Che cosa l’ha spinta a entrare a far parte dell’Ana?

«Faccio parte del gruppo di Villafalletto da 9 anni, con il ruo­lo di alfiere. Apprezzo molto le varie iniziative sul territorio che portiamo avanti; siamo sempre presenti e disponibili ad esempio a favore della casa di riposo, in occasione delle feste patronali, con i bambini. In­somma, cerchiamo sempre di dare supporto agli altri enti organizzatori e ci impegniamo a ricordare e onorare i nostri caduti nelle varie ricorrenze, oltre che rappresentare il nostro gruppo nelle varie manifestazioni fuori sede».

Una delle ultime imprese, forse anche la più faticosa, l’ha compiuta pochi mesi fa, ci racconti!

«È stata una delle più lunghe a piedi, sono partito alle 18 di giovedì 20 dal Santuario Madonna degli Alteni che si trova vicino a casa mia, ho percorso la val Variata passando per la strada principale, fino alla località di Castello, frazione di Ponte­chia­nale impiegando 9 ore. Lì sono stato raggiunto da mio padre il quale mi portato gli scarponi necessari per raggiungere la vetta e lo zaino affardellato con tutto l’occorrente, compresa la tromba e il cappello alpino. Di lì ho iniziato la salita che mi ha portato alle 11,10 di venerdì, in vetta a quota 3.841. Ho scattato un po’ di foto poi ho indossato il cappello alpino e ho eseguito con la tromba il brano “Signore delle cime”. Mi sono fermato in vetta per circa mezz’ora poi ho iniziato con calma la discesa e alle 18 sono arrivato a Castello finendo la mia avventura durata esattamente 24 ore».

BaNNER
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