«Benvenuti nella casa del buon vivere»

Il direttore dell’Ente turismo di Langhe, Roero e Monferrato Mauro Carbone illustra le strategie

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Questa è già di per sé una notizia: le colline Unesco che circondano Alba non solo sono la culla dei tartufi e dei vini definiti da migliaia di visitatori come i migliori al mondo. Ma sanno anche regalare la migliore esperienza di vita al mondo legata a queste eccellenze. Parola dello “stratega” del turismo albese-braidese, Mauro Carbone, direttore dell’Ente turismo, che dal 2019, oltre ai territori di Langhe e Roero, promuove quelli del Monferrato, per un totale di oltre 200 comuni.

Carbone, come si diventa direttore di un ente turismo?
«Non sono forse la persona più indicata per rispondere… Da giovane, infatti, sognavo di diventare un giornalista specializzato in ciclismo. Poi, probabilmente, qualcosa non è an­dato proprio se­condo i miei piani (ride, nda)».

Allora riformulo la domanda: come si è avvicinato al settore dell’accoglienza turistica?
«Per tentare di fare strada nel giornalismo legato al mondo del pedale, avrei dovuto trasferirmi, ma ero troppo legato alle nostre colline per spostarmi. Così rimasi in Valle Belbo, dove sono nato e cresciuto, e iniziai a collaborare con la So­cie­tà consortile Lan­ghe, Mon­ferrato, Roe­­ro, occupandomi di co­mu­nicazione con ta­glio turistico. Poi, si presentò un’op­portunità nel neonato Ente turismo di Langhe e Roero… ed eccomi qua».

Quando si è compresa la strategicità di puntare sul turismo?
«Nel 1996 cambiò la legge che contemplava le agenzie per la promozione turistica come entità strettamente dipendenti dalla Regione, alla stregua delle Asl. Ciò spinse i nostri territori a costituire una società a capitale misto pubblico-privato che si occupassero di promozione e accoglienza turistica. Nacque così l’Ente turismo. Fu una scelta lungimirante, voluta fortemente dal­l’Associa­zione com­mercianti albesi, in particolare, da Giancarlo Droc­co e da Ascom Bra: all’epoca, infatti, il turismo in zona non era minimamente pa­ragonabile a quello che ci troviamo a gestire oggi, tanto che in estate ci potevamo quasi permettere di tenere l’ufficio chiuso, cosa impensabile ora, visto che solo nella settimana di ferragosto registriamo il passaggio di 2-3 mila turisti. La nascita dell’Ente Fiera del tartufo, nel 2002, ci ha sgravati della responsabilità nell’organizzazione degli eventi. Infine, lo scorso anno, è arrivata la fusione con l’Ente turistico di Asti».

A un certo punto il numero di visitatori è letteralmente balzato alle stelle. Qual è stato il fattore “scatenante”?
«Le Olimpiadi invernali di To­rino 2006. Negli anni precedenti, vennero erogati diversi contributi per migliorare l’accoglienza turistica del territorio: numerosi imprenditori iniziarono a diversificare i propri investimenti, puntando proprio sul settore turistico, che ne uscì fortemente rafforzato. A completare questo successo di territorio ci hanno poi pensato i risultati conseguiti a livello internazionale da alcuni prodotti, come il tartufo e i vini, e il riconoscimento attribuito dall’Une­sco».

A livello promozionale qual è stata la chiave vincente?
«Far comprendere che qui da noi si può vivere la miglior esperienza al mondo legata al tartufo, ai vini e ad altre eccellenze».

Qual è l’identikit del turista che sceglie il nostro territorio?
«Appassionato di enogastronomia, amante dei paesaggi e delle attività all’aria aperta, oltre che dell’“Italian style” e del “buon vivere”».

Come sta il nuovo ente turismo, nato dopo la fusione con Asti?
«Fino allo scoppio dell’emergenza sanitaria le cose andavano molto bene. Poi abbiamo inevitabilmente rallentato. Ma stiamo tornando a pedalare insieme a ritmi molto elevati e lo faremo anche attraverso la promozione di eventi di grande richiamo come la Douja d’or, ad Asti e la Fiera del tartufo, ad Alba, la quale si presenterà con l’elemento che la rende unica, ovvero il Mercato mondiale».

A proposito di pedalate, anche il ciclismo sta diventando strategico in chiave turistica.
«Con la “cronometro dei vini” “Bar­baresco-Barolo” del Giro 2014 è stato definito un modello di promozione che stiamo continuando a replicare. Lo abbiamo fatto, quest’anno, con la “Milano-Sanremo”, transitata in Alta Langa, con il “Gran Piemonte”, arrivato a Barolo e lo faremo con la tappa del Giro che il 23 ottobre si concluderà ad Asti e con quella che prenderà il via da Alba il giorno successivo. Il futuro del turismo guarda con sempre maggior determinazione alla fruibilità del territorio attraverso l’utilizzo della bicicletta. Questi eventi ci aiutano ad accreditarci a livello mondiale come meta visitabile con questo mezzo di trasporto».

Oltre che di ciclismo, lei è un grande appassionato di rugby. Porterà qui anche i grandi eventi della palla ovale?
«Onestamente sarei già contento che si facesse un campo ad Alba. Nel frattempo, mi diverto nel campionato “master” con il team Taka-tani di Asti».

Sembra il nome di una squadra neozelandese…
«Anche un arbitro, effettivamente, pensava che fossimo una formazione straniera e, per questo, ci parlava in inglese. Detto ciò, il mio sogno è proprio quello di giocare a rugby, anche solo dieci minuti, in terra neozelandese».

In campo professionale qual è l’obiettivo?
«Tornare a camminare nel sentiero che stavamo percorrendo, con successo, prima del Covid-19. Servirà un po’ di tempo e, probabilmente, nulla sarà più come prima, ma ce la faremo».

Come ci riusciremo?
«Avendo sempre più consapevolezza dell’enorme valore del patrimonio naturalistico ed enogatronomico che ci troviamo a gestire. Tutto ciò puntando sempre più sulla formazione dei nostri operatori e sulla qualità dei servizi turistici erogati, che devono essere di livello altissimo. Perché, non dobbiamo mai dimenticarlo, noi siamo la casa del buon vivere».