La vera storia della Bela Rosin e il suo Roero

Gian Mario Ricciardi spiega chi c’era all’ombra di Vittorio Emanuele II: «Una donna di potere»

0
509

Rivolgere domande a chi nella propria carriera giornalistica ha intervistato alcune delle persone più importanti al mondo può risultare molto semplice o molto difficile; dipende dalla prospettiva. Con Gian Mario Ricciardi (tra le altre cose, già capocronista della Rai in Piemonte, dove ha seguito gli avvenimenti di cronaca e costume per il Tg re­gio­nale e per Tg1, Tg2, Tg3) è semplicemente su­perfluo, perché basta un piccolo input per ricevere le informazioni necessarie a completare l’articolo.

«Quando mi sono occupato di scrivere la sto­ria di Sommariva Perno (era il 1992, ndr) ho avuto la felice intuizione di intitolarla “Il paese della Bela Ro­sin” che poi è diventata un’espressione comune per in­dicare Som­ma­riva Perno», esordisce il giornalista roerino. «In realtà in quel libro c’era poco sulla storia della Bela Rosin, quindi già allora mi era rimasta la voglia di ap­pro­fondire questa figura. Poi, pe­rò, Ro­berto Ger­vaso ha pubblicato “La Bella Rosina” e quindi ho riposto il mio progetto nel cassetto. Trent’anni dopo ho ritenuto potesse essere giunto il momento di riscrivere questa vicenda facendo nuove ri­cerche, sfruttando la mia formazione di laureato in storia. Ho scritto un libro storico, ma con il mio stile, molto popolare, seguendo il consiglio di Gio­van­ni Arpino: «Scrivi in modo che tua mamma ti possa capire».

E cosa è venuto fuori?
«Un bellissimo racconto, con un taglio molto insolito: siamo abituati a pensare alla Bela Rosin come alla moglie morganatica di Vittorio Emanuele II, alla sua storica amante. Ma la Bela Rosin era mol­to più di questo e molto altro: era una donna di go­verno, con una “vis politica” accesa, che si in­teressava agli affari di stato, ecco perché le forti contrapposizioni con personaggi come Cavour. Era una donna di potere, che si è saputa attorniare di persone fidatissime, creandosi una sua cerchia; forse non era ben accetta alla corte dei Savoia ma se ne è creata una privata… Ha certamente detto la sua anche nel lungo processo che ha condotto Vit­torio Emanuele II a partecipare alle guerre di indipendenza e, credo, nella stesura del “Grido di dolore” (le cui bozze sono conservate nelle stanze di Vittorio Emanuele II a Sommariva Perno) che ha impedito che Vittorio Ema­nuele II arrivasse in ritardo sul­la storia. Se Vittorio Emanuele II è arrivato dove è arrivato lo deve anche a lei; che lui fosse un dongiovanni incallito e l’abbia tradita non cancella il fatto che poi sia sempre tornato da lei».

Ha dedicato una parte del libro per tornare a dettagliare il legame che c’era tra Bela Rosin, Sommariva Perno e il Roero?
«Oltre a un approfondimento sulla sua figura, il libro ha l’intento di ancorarla al territorio. Roero Verde e il Parco forestale del Roero propongono questi “Incontri con la storia”, ossia con personaggi storici che han­no avuto a che fare con il nostro territorio, legando ambiente e cultura. Ho dunque voluto in­dagare a pieno il legame della Bela Rosin con queste zone, sono andato a vedere i luoghi che amava. Spero che il libro possa ridare luce anche all’iniziativa “A spasso con la Bela Rosin”, un percorso creato qualche anno fa tra le vie del centro di Sommariva».

Qual è la sua percezione circa l’in­­teresse suscitato da temi come questo?
«Penso che in questo momento, in cui siamo a contatto con eventi così drammatici come quelli legati al Covid, la gente abbia voglia di sognare, e quella della Bela Rosin è l’ultima fiaba d’Italia. Il mio è un libro che si legge facilmente, scritto in un linguaggio semplice, che permette di sognare in un momento in cui non è facile farlo».

Per lei, costretto a seguire la stretta attualità, ha forse anche un valore terapeutico rivolgere l’attenzione a vicende più lontane… Il più ampio respiro della storia le dà sollievo?
«In effetti faccio un altro me­stiere e quando mi dedico a libri come questo per me si tratta sempre di fughe dalla mia personale realtà. In altre occasioni mi sono rifugiato nelle vite dei santi (Gian Mario Ricciardi è autore di diversi libri sui Santi sociali piemontesi, ndr), stavolta in una bella storia d’amore che ha attraversato tutta l’unità d’Italia».

Ha già individuato dove rivolgere il suo sguardo d’autore per il prossimo futuro?
«Ho in mente di fare una carrellata di grandi personaggi che ho avuto la fortuna di seguire durante la mia carriera: da Gorbacev a Giovanni Paolo II, grandi figure che hanno caratterizzato il secolo scorso e parte di questo. Sto pensando a ritratti molto brevi, quasi delle icone, che permettano di rivivere la storia attraverso i personaggi che ho conosciuto».