Aperta l’accoglienza diffusa a Saluzzo. Calderoni chiede “una revisione urgente delle norme sul lavoro stagionale”

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO la nota del sindaco di Saluzzo che annuncia: "In autunno ospiteremo una conferenza nazionale di enti e associazioni che condividono la necessità di una riforma delle regole sull'immigrazione e il mercato del lavoro

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Mauro Calderoni

Da pochi giorni è aperta l’accoglienza di Saluzzo: un piccolo passo che si somma ai molti
già fatti su un percorso lungo, figlio dell’emergenza, che ha portato una comunità, se non
ad una meta, sicuramente lontano.

Intanto, anche a Cuneo si dibatte sul lavoro degli stranieri in agricoltura: le ricadute sulle
comunità sono tali che il tema non può più essere eluso o confuso con quello delle
migrazioni internazionali. La rimozione, così come l’artificiosa confusione delle due
questioni, hanno a lungo impedito di sviscerarne gli elementi di dettaglio e di confrontarsi
in maniera equilibrata ed efficace.

Anche se qualche forza politica indugia irresponsabilmente nella disinformazione, il
contributo dei lavoratori stranieri al settore primario non è più negabile. I numeri sono
inequivocabili: gli stranieri rappresentano una forza lavoro necessaria e, tuttavia, le regole
d’ingaggio sono obsolete. La popolazione della zona frutticola della Granda è molto accogliente, ma la deregolamentazione del mercato del lavoro crea disagi che si ripetono da un decennio e sono più pesanti con la pandemia.

Un Comune, piccolo o grande, non può dare risposte esaustive ad una vicenda tanto complessa, però la nostra comunità ampiamente intesa (istituzioni, Comuni di Busca, Costigliole, Cuneo, Lagnasco, Saluzzo, Savigliano e Verzuolo, forze dell’ordine, parti sociali, aziende e terzo settore), non si è sottratta all’impegno, anche oltre le strette competenze, per contenere una situazione da anni fuori controllo.

Pur apprezzando il piano di monitoraggio del Questore, la nomina regionale di un commissario straordinario e l’impegno del Prefetto per coordinare le forze attraverso un protocollo, sappiamo bene che vicende di politica del lavoro e dell’integrazione continueranno a degenerare in situazioni emergenziali finché non si aggiornerà la normativa. È urgente quindi una revisione delle norme sul lavoro stagionale, specie in agricoltura. La Bossi-Fini è ormai anacronistica: persone che danno un contributo essenziale all’economia del Paese hanno bisogno di tutele e dignità.

Una prima definizione di competenze trapela dalla normativa anti-Covid quando stabilisce che «al fine di contrastare efficacemente i fenomeni di concentrazione dei cittadini stranieri in condizioni inadeguate a garantire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie necessarie
al fine di prevenire la diffusione del contagio da Covid-19, le Amministrazioni dello Stato competenti e le Regioni, adottano soluzioni e misure urgenti idonee a garantire la salubrità
e la sicurezza delle condizioni alloggiative”.

Ma al di là della pandemia, sul settore agricolo pesano vecchie questioni: l’estrema precarietà del lavoro stagionale non può prescindere da un collocamento nazionale e da un piano per l’ospitalità per i contratti ultra-temporanei. Non potremo fingere a lungo che le attuali regole siano adeguate! È giunto il momento di rivedere il complesso normativo, frutto di una precisa impostazione ideologica, teso ad impedire l’integrazione delle persone straniere nel tessuto sociale ed economico del Paese.

Noi amministratori non possiamo dare risposte, ma possiamo porre domande, richieste di cambiamento. Lo facciamo da anni e col merito, credo, di aver creato un approccio culturale ora condiviso da tanti. Non si tratta di dispute ideologiche, ma di uomini e donne che necessitano di concretezza.

Saluzzo in autunno ospiterà una conferenza nazionale di enti e associazioni che condividono la necessità di una riforma delle regole sull’immigrazione e il mercato del lavoro, per proporre una nuova legge sul lavoro stagionale e discutere la distribuzione di valore lungo la filiera. Un tavolo di lavoro che parta da competenze ed idee dell’Italia rurale che, con le sue eccellenze, fa conoscere il nostro Paese nel mondo.

Territori, istituzioni, associazioni, sindacati, aziende, terzo settore, riuniti per riformare le leggi che bloccano lo sviluppo del comparto agroalimentare e producono marginalità e sfruttamento che poi ricadono su imprese e comunità locali. Gli obiettivi sono almeno due: il superamento della “Bossi-Fini” e dei “decreti sicurezza”, che fabbricano disperati alla ricerca di un contratto qualsiasi pur di rinnovare il permesso di soggiorno e la creazione di una banca dati nazionale finalizzata ad un collocamento pubblico ed obbligatorio. I braccianti stranieri, diventati “pendolari” del settore primario, viaggiano da Sud a Nord in cerca di ingaggio e per loro non c’è l’obbligo di alloggio in azienda, come invece per chi proviene dall’estero. Così nascono accampamenti informali, dove molte persone vivono in
condizioni indegne.

Mauro Calderoni