Le stelle, quei piccoli puntini luminosi che riempiono il cielo, hanno dentro di sé un’in­finità di caratteristiche. An­gela Delgrosso Bellardi, sa­luz­zese di nascita, astronoma presso l’Osservatorio di Pino Torinese, può aiutarci a comprendere le peculiarità degli astri, ma anche raccontare il suo percorso professionale, co­stellato di grandi soddisfazioni.

Angela, su quali ambiti ha lavorato come astronoma?
«Mi sono dedicata allo studio delle stelle doppie e durante il percorso ne ho anche scoperte alcune, pubblicando il risultato delle mie ricerche su “Astro­nomy and Astrophysics journal”. Si può so­lo immaginare il mio grado di fe­licità per la strada che avevo intrapreso».

A un certo punto però ha cambiato professione. Cosa le ha fat­to voltare pagina?
«Sicuramente quello che capita a ogni donna, ovvero il suono dell’orologio biologico, la vo­glia di diventare mamma. Que­sta è una cosa che mi ha segnato molto, perché nonostante tutto ciò che avevo costruito nella mia giovane vita e piccola carriera, non era abbastanza per far sì che mi sentissi anche realizzata come donna all’interno della mia sfera personale. Ho avuto un bellissimo bambino, ma questo mi ha costretto a fare delle scelte: o continuare una vita frenetica e piena di spostamenti, la quale evidentemente era poco compatibile con il ruolo di mamma, oppure deporre le armi e dedicarmi a una vita più tranquilla. Ho scelto la seconda opzione, dedicandomi a un lavoro che mi permettesse una presenza co­stante nel crescere mio fi­glio».

Quanto le è costato compiere que­sta scelta?
«Molto, anzi direi moltissimo: e­ro così giovane e con così tan­to in mano. Ma a un certo pun­to bisogna valutare nella ma­nie­ra più obiettiva quale sia la scelta migliore, che nel mio ca­so è stata quella di intraprendere un cambiamento drastico».

Ha poi proseguito la sua carriera insegnando matematica presso le scuole medie e successivamente la sua scelta è ricaduta sui diversamente abili. Come mai questa decisione?
«Non sono mai stata una persona da scelte facili; inoltre la burocrazia legata a quel lavoro mi soffocava. Ho così voluto intraprendere una sfida con me stessa cimentandomi nell’insegnamento di una materia considerata ostica come la matematica, cercando di renderla il più possibile vicina anche al mondo dei “diversamente abi­li” grazie a un ponte tra realtà e diversità».

Ma nemmeno questa esperienza l’ha fatta fermare, e così ha in­trapreso la carriera aziendale.
«Ebbene sì, nemmeno l’insegnamento è stato un punto di ar­rivo. A un certo punto avevo capito che quell’ambito non faceva più per me. Io ho una mente sempre in movimento, così mi sono reinventata ancora una volta e ho avviato una azienda di impiantistica. Mi sono interessata di piscine e laghetti e in questo modo ho portato avanti la mia azienda, con la passione per quello che facevo, arrivando a soddisfare le esigenze anche dei clienti più esigenti, i quali trovavano in me e nella mia azienda sicurezza e professionalità».

Tra gli ultimi progetti c’è lo “Spazio culturale pie­­­montese” a Saluzzo. Ci spiega cos’è?
«È un luogo a disposizione di tutti coloro che hanno qualcosa di culturalmente valido da trasmettere a chi ama la conoscenza in generale, vista da ogni an­go­lazione possibile. Il locale è al servizio di associazioni, privati, enti o gruppi di artisti, ci si può anche servire di questo luogo per promuovere eventi vari».

Ultima, non per ordine d’importanza, la sua passione per la scrittura.
«Lo stretto legame tra la voglia di conoscere e la volontà di tramandare il passato, con la paura che si perdessero le memorie delle origini piemontesi, mi hanno portata alla creazione di questo ro­manzo storico, intitolato: “Dal Rosa al Viso”, una saga famigliare am­bientata nell’800 in Pie­monte, tra le pendici del monte Rosa, Torino e Saluzzo. Mi sono recata negli archivi storici e parrocchiali di Saluzzo, Verzuolo, Cuneo, To­rino e di Calasca-Castiglione e nelle bi­blioteche comunali, per ricostruire il mio albero genealogico. Per riuscire a scrivere e de­scrivere a pieno il periodo storico risorgimentale, mi sono documentata e ho letto moltissimi libri appartenenti a quel secolo, affinché le descrizioni ed i personaggi rappresentassero il più possibile la realtà».