Un castello e tre “nobil signorine” a Monticello

A “tu per tu” con Lucrezia, Domitilla e Clotilde Roero, tutte molto legate al maniero di famiglia. Le figlie del cont­e Aimone e della contessa Elisa Ricardi di Netro raccontano la vita all’interno della fortezza che domina il paese

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Dirette discendenti del capostipite Conreno (1300 ca.-1350), le “no­bil signorine” Lucrezia (20 anni), Domitilla (15) e Clotilde (6 anni “e mezzo”, come tiene a precisare) Roero di Mon­ti­cello sono le figlie del cont­e Aimone e della contessa Elisa Ricardi di Netro.

Le incontriamo nel castello di Monticello, dove trascorrono i week-end e tutta l’estate e che la famiglia possiede ininterrottamente dal 1375, quando i fratelli Per­civalle e Aimonetto Roero conquistarono militarmente il maniero (su sollecitazione del vescovo di Asti) sconfiggendo la famiglia astigiana dei Mala­baila. Come riconoscimento i Roero vennero investiti del feudo con titolo signorile. Titolo che nel 1422 papa Martino V tramutò in comitato (giurisdizione di un conte, contea) e tutt’oggi vigente.

Ci accomodiamo nel giardino, all’ombra della maestosa facciata con la torre cilindrica a de­stra e quella quadrata a sinistra.
Ciò che mi colpisce di queste tre ragazze (se scrivessi che Clotilde è una bambina non me lo perdonerebbe mai!) è la semplicità e l’innata riservatezza che quasi sconfina nella timidezza.

Delle tre, la più “famosa” è la più piccola, Clotilde, che in periodo di quarantena Covid-19 ha spopolato su Facebook con numerosi video in cui faceva da assistente a papà Aimone presentando ogni mattina og­getti curiosi custoditi nel maniero monticellese. Grazie ai suoi squillanti “Buongiorno a tutti!”, al suo sorriso timido e ai suoi azzurri occhi “furbetti” incorniciati dai lunghi riccioli biondi, Clotilde è diventata un fenomeno social e due importanti quotidiani le hanno dedicato ampi articoli.

Clotilde, qual è l’oggetto curioso, tra quelli che hai presentato, che più ti è piaciuto?
«La staffa per bambini, quella che ha una piccola pantofola metallica per permettere ai bambini, che all’epoca erano per lo più scalzi, di poter cavalcare senza indossare gli stivali».

Ti piace abitare nel castello di Monticello? Come passi le giornate?
«Oh sì, mi piace tantissimo! Gioco con i miei amichetti (i fi­gli del custode, ndr), vado a spas­so con Gipsy, il mio cavallo pezzato, e adesso che fa cal­do faccio il bagno in piscina. E…»

Sento che sta per arrivare una dolente nota. E…?
«E la mamma mi fa fare i compiti per la scuola».

Che classe frequenti?
«La prima elementare alla Scuola francese di Torino. Lo sai che sono stata promossa?
Bravissima! Senti Clotilde, mi dici cosa ti piacerebbe fare nel tuo castello?
«Voglio imparare a suonare il pianoforte e poi vorrei fare ancora dei video con papà per far vedere gli oggetti strani che troviamo nel castello».

Il ghiaccio si è definitivamente sciolto: ora siamo amici. E come potrebbe essere diversamente con una “ragazzina” come Clotilde? Non c’è niente da fare: ti cattura.

Domitilla è la secondogenita e, come la sorella maggiore, ha lunghi capelli castani e occhi azzurro-verdi. Le chiedo di parlarmi di lei.
«Ho quindici anni e frequento il Liceo francese internazionale “Jean Giono” a Torino, lo stesso istituto che frequenta Clotilde. Sono al secondo anno. Mi piace lo sport e ho praticato nuoto, canottaggio e equitazione. Ma ciò che amo maggiormente è leggere. Ho la fortuna di avere, qui al castello di Monticello, una fornitissima biblioteca e in questi giorni sto leggendo “Guer­ra e pace” di Tolstoj. Il castello di Monticello è la mia casa, dove mi sento a mio agio, dove posso scoprire sempre co­se nuove, dove, con Lucrezia, aiuto papà nei piccoli lavori di bricolage e manutenzione. In questi giorni stiamo montando una piscina e abbiamo costruito alcune panche. Il parco del castello è anche il luogo dove faccio passeggiate a cavallo. Certo che la vita al castello non sempre è rose e fiori. Solo da pochi anni abbiamo il riscaldamento ma gli ambienti sono tanti e grandi. Nel marzo scorso, ad esempio, ho patito tantissimo il freddo».

Ha detto che nel castello trovate sempre cose nuove. Mi fa un esempio?
«Pochi giorni fa, al terzo piano abbiamo scoperto una nuova stanza, un bagno. Sapevamo che c’era, ma non ne conoscevamo l’ubicazione: ora l’abbiamo trovato! E in un’altra stanza abbiamo trovato circa una ventina di scatole contenenti vecchie lastre fotografiche che vorrei poter stampare. A tale scopo sto facendomi consigliare da un fotografo professionista».

Lucrezia è la primogenita: si racconti, per favore.
«Ho 20 anni e frequento il corso di scienze politiche all’U­niversità dell’Aia, in Olanda. Ovviamente, appena posso ritorno a Monticello, nella mia casa, dove conservo bellissimi ricordi come le giornate estive trascorse con mia nonna (Maria Umberta Turinetti di Priero, ndr) che mi raccontava curiosi aneddoti di quando, novella sposa, venne nel castello di Monticello. Anch’io ho praticato canottaggio ed equitazione ma il mio hobby è la fotografia e la recente scoperta a cui ha accennato Domitilla mi ha entusiasmato: non vedo l’ora di ammirare le foto stampate!».

Avete detto che il castello di Monticello è la vostra “casa”. Come reagivano i vostri amici, i vostri compagni quando dicevate di abitare in un castello?
«Noi non abbiamo mai detto di abitare in un castello ma, inevitabilmente, si veniva a sapere. E i nostri compagni erano entusiasti e anche un po’ stupiti: “Scu­sa… ma è vero… che abiti in un castello? Ma è stupendo! Come mi piacerebbe vederlo!”»

Come vi firmate?
«Nei documenti ufficiali Roero di Monticello, altrimenti solo Roero».

Tornando a Lucrezia, vista la facoltà scelta, ha in mente una carriera politica?
«No, assolutamente. Ho scelto questa facoltà solo perché mi interessa l’argomento. Una vol­ta laureata mi piacerebbe intraprendere la carriera diplomatica. Vedremo. Poi vorrei anche occuparmi, con i miei genitori, del castello di famiglia con l’annesso ristorante e B & B. A­man­do molto i bambini mi piacerebbe organizzare qualche evento per farli divertire e sorridere: c’è nulla al mondo che e­guagli il sorriso di un bambino!».

È ora di andare ma avrei ancora mille cose da chiedere a queste cordiali e simpatiche “nobil signorine” e, a dirla tutta, quello trascorso in loro compagnia è stato un bellissimo pomeriggio.

Articolo a cura di Elio stona