Paolo Casalis, regista braidese autore di puntuali documentari dedicati al no­stro territorio come “Barolo boys”, “Langhe Doc” e “Il corridore”, percorre ogni estate i chilometri di terra descritti nei suoi lavori cinematografici in bicicletta, e non da solo. Da anni, infatti, divide la sua vita tra gli impegni di regista e quello di guida turistica su due ruote. Dalla sua capacità di raccontare unita all’esperienza su strada è nata la “Guida alle Langhe in bicicletta”.

Niente è lasciato al caso in questa indispensabile compagna di pedalate: dai disegni ai racconti, dalle interviste alle personalissime scelte di cantine e ristoranti, tutto è stato realizzato dall’autore. Una sorta di “one-man-show” editoriale, per una guida snella e divertente che invoglia a un giro tra le nostre colline, anche per chi fosse a piedi.

Paolo, perché questo progetto?
«Mancava una guida per ciclisti con una componente legata all’arte, alla storia, alla cucina, con suggerimenti per fermarsi a mangiare o a degustare nei posti giusti. Ho provato a scrivere u­na sorta di piccola Lonely Pla­net del ciclista sulle nostre colline, in cui, come nella ce­lebre gui­da, la sintesi e il punto di vista personale sono i valori aggiunti».

Chi pensa sia il lettore ideale?
Chiunque ami la bicicletta, dall’appassionato che la usa appena può a chi da anni non ci saliva e ora ha voglia di provare l’ebbrezza di pedalare nella natura. Ci sono percorsi che vanno dai 35 chilometri del tour del Barbaresco fino agli oltre 70 chilometri del giro in alta Langa. Si tratta di percorsi ad anello e per le partenze ho scelto posti in cui esistano diverse possibilità di pernottamento e di ristorazione, in modo da permettere un minimo di vita sociale di sera. Molti ora optano per la e-bike ma io consiglio di armarsi di coraggio e provare con la bici tradizionale: fi­no ai 50 chilometri al giorno, se­guendo il proprio ritmo, i circuiti sono fattibili da tutti. E la soddisfazione di avercela fatta con le proprie forze è impagabile».

In base a che cosa ha scelto le indicazione su dove mangiare e dormire?
«Sono tutti luoghi provati e sperimentati più volte. Ho cercato di segnalare posti adatti a tutti i tipi di esperienza: si va dal “relais chateaux” di lusso fino al piccolo campeggio, dal ristorante stellato alla “piola” rustica di una volta».

C’è un modello da cui è partito?
«Dalla guida Lonely Planet di quindici anni fa che presentava prima gli autori e la loro vita e poi, in una manciata di pagine, raccontava un Paese attraverso le esperienze private e uniche degli autori stessi, una vera soggettiva. Ecco, io preferisco sbagliare su consiglio di qualcuno, perché magari abbiamo gusti di­versi, piuttosto che ricevere suggerimenti generici. Questa guida ha forse questo pregio: si parla delle strade che conosco, dei ristoranti in cui amo mangiare, delle cantina in cui mi fermo volentieri».

Qual è il valore aggiunto del visitare le Langhe in bicicletta?
«Con l’auto si perde l’esperienza completa della nostra regione. In bici sei raggiunto dai profumi, dalla lentezza, dal silenzio, godi di un contatto fisico con la terra. Quando percorri una discesa hai l’impressione di entrare davvero dentro al paesaggio, come se fosse un enorme quadro a cui, ad ogni curva, ti avvicini, ti allontani, ti avvicini ancora…»

Tre motivi per venire a pedalare su queste colline?
«L’estrema varietà del paesaggio. Gli immancabili vini e soprattutto la ricchissima tradizione culinaria. E, a seguire, la godibilità dei nostri percorsi. Nonostante manchino quasi del tutto le ciclabili, dal punto di vista del traffico e della percorribilità le nostre strade sono perfette. L’alta Langa, poi, è un paradiso: si pedala ore e ore senza incontrare un’automobile. E’ più facile che ci si perda in qualche bosco».

Quali sono le specificità del turista in bicicletta?
«Dipende. Gli italiani sono più competitivi e attenti alla performance sportiva. Gli stranieri sono più goderecci, i loro tour sono fondati sull’unione di percorsi ciclistici con ampio spazio per la parte enogastronomica. La pedalata diventa quasi un intervallo tra una cantina e un ristorante di qualità».

Come ha risposto il pubblico di ciclisti a questo lavoro?
«Sono soddisfatto. Sta per uscire la ristampa e contemporaneamente stiamo preparando la versione inglese. Per la traduzione mi affiderò a qualcuno che conosca la realtà e i nostri modi di dire, parte integrante di ogni viaggio alla scoperta vera di un territorio».

La parte migliore del suo lavoro?
«Il fatto che le differenze sociali siano totalmente annullate. Quando si entra nella reception di un “relais chateaux” vestiti da bici dopo una salita impegnativa, non importa chi sia l’amministratore di una grande azienda e chi ricopra ruoli meno altisonanti, siamo tutti stanchi e sudati. Il turismo in bicicletta è tipo “’a livella” di Totò: rende tutti uguali».

Dopo questo anno tanto eccezionale, come cambierà l’accoglienza nelle Lan­ghe?
«Io sono positivo, il turismo in queste zone è sempre stato di qualità medio-alta, di piccoli gruppi, con un livello culturale elevato e un’ampia conoscenza enogastronomica. Andremo forse verso un turismo ancora più sostenibile. Le condizioni per uscirne a testa alta ci sono tutte».