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Un mondo pieno solo di “storie senza paura”

L’albese Elisa Giordano registra e mette a disposizione sui social le fiabe lette ai figli

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“Leggeva ad alta voce, parendole così di capir meglio. Leg­ge­re ad alta voce significa affermare a sé stessi la propria lettura”. Co­sì scriveva Victor Hugo ne “I miserabili”. Ab­biamo chiesto che cosa significhi leggere per gli altri a Elisa Giordano, albese d’adozione, originaria di Cos­sano Belbo, si occupa di comunicazione e mamma di Zeno e Nina, che da qualche settimana presta la sua voce alle “Storie senza paura”, piccoli racconti divertenti a portata di clic. Su diverse piattaforme e social, come Facebook, In­stagram, Spotify e Itunes si possono infatti ascoltare le divertenti avventure del Gruffalò, delle bambine ribelli o dell’orso bianco che ha perso le sue mu­tande, registrate direttamente dal­la cameretta dei bambini di Elisa.

Com’è nata questa idea?
«Mi è sempre piaciuto leggere ad alta voce. Ho iniziato con Zeno, quando era appena un neonato e non ho più smesso. Purtroppo però mi capita spesso di essere senza voce e siccome i bambini vogliono ascoltare sempre le stesse storie, ho pensato di registrarmi per “dare il cambio a me stessa”. Da questo alla pagina Fa­ce­book e Instagram il passo è stato breve, mi piace l’idea che anche altri genitori possano usufruire di favole già lette per far addormentare o rilassare i loro figli».

Qual è la differenza tra leggere per sé e per gli altri?
«Quando si legge ad alta voce si deve pensare a che cosa emozionerà gli ascoltatori, per questo quando registro penso sempre di avere davanti Zeno e Nina. In­terpreto le storie come piace a loro cambiando tono, dando la giusta attenzione ad ogni parola ma senza eccessiva enfasi, il tono deve essere naturale, altrimenti si lamentano. Sono giudici molto esigenti, mi incalzano con i loro “Leggi piano, preferivo come hai letto la volta scorsa, adesso fai proprio la voce dell’orso”. E io eseguo, leggo seguendo le indicazioni con le mie corde vocali un po’ sbilenche e la mia “s” leggermente sibilante. Come tutti faccio fatica a sentire la mia voce registrata, così non mi riascolto mai».

In realtà la voce è perfetta: cal­ma, divertita e piena di sfu­ma­ture. Si nota una dizione ac­cu­ra­ta, lei ha un passato da attrice?
«Ho seguito un corso di teatro durante gli anni del liceo e per i primi due anni all’università, poi mi sono trasferita a Torino e ho smesso. Ho amato molto recitare e ancora oggi quando leggo ad alta voce mi viene spontaneo stare attenta alla dizione. Una voce neutra è importante per non stancare l’ascoltatore e dare forma alle storie più diverse. Quando si legge si è interpreti, bisogna essere flessibili».

Ascolta storie raccontate?
«No. Gli audiolibri sono perfetti per chi fa sport o viaggia molto in auto o ha un lavoro creativo. Mio marito Valerio (Berruti) ha ascoltato “Dra­cula”, un librone di mil­le pagine, mentre realizzava i 700 disegni del progetto “L’ab­braccio più forte”, legato alla raccolta fondi per l’ospedale di Ver­duno. In questi giorni di isolamento mi hanno però salvata i podcast di “Morgana”, storie li­bere di donne fuori dagli schemi, condotto da Michela Mur­gia».

Perché questo titolo, “storie senza paura”?
«A casa mia da sempre per fare addormentare i bambini serve una storia, spesso più di una. Ma c’è sempre uno scoglio da affrontare: le vicende non possono essere spaventose oppure tristi o peggio spaventosamente tristi! Prima di essere letti i testi infatti vengono vagliati attentamente da Zeno che (come me da piccola) vuole essere sicuro che non compaiano all’improvviso streghe, mostri, orfani o qualche altra tragedia che nelle favole classiche non manca mai. Per questo la nostra selezione è ga­rantita: solo storie senza paura».

Che cosa prova pensando che altri bambini ascoltano le storie che racconta?
«Sono molto felice. Amici di New York e una ragazza australiana mi hanno scritto dicendo che usano i podcast con le nostre storie per ripassare l’italiano».

Qual era la sua favola preferita?
«“Pattini d’argento” è il primo libro che ho letto da sola, ricordo che lo amavo. Siccome i miei genitori gestivano un ristorante e avevano poco tempo, mi feci regalare una collana di cassette dove le favole e le filastrocche si ascoltavano, i “Racconta­storie”. A forza di sentirle ho imparato a leggere da sola, ben prima di an­dare a scuola. Mia mamma però era una “storyteller” nata e invece di usare i libri, le favole se le inventava. Era molto più brava di me che interpreto soltanto, lei creava universi dal nulla».

Come nascono tecnicamente le “storie senza paura”?
In modo semplice, in casa, registro nel posto in cui di solito leggo più spesso: la camera dei bambini. Come sigla c’è la voce di Nina e Zeno e la musica di Lucio Disarò».

BaNNER
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