«Intagliare il legno è la mia miglior cura»

Giuseppe Leardi di Lequio Tanaro è apprezzato per le particolari “panchine degli ex innamorati”

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Ci sono storie d’amore che vengono raccontate al cinema o nei grandi classici della letteratura, riuscendo a vincere il tempo. La maggior parte, invece, hanno come sfondo una panchina: quelle del parco o quelle di fronte a scuola, dove si incontrano i più giovani.

A Lequio Tanaro vive un uomo che ha fatto della passione per il legno la sua ragione d’essere e che da un po’ di anni è diventato famoso nel nostro territorio, ma anche fuori regione, per aver creato “le panchine degli ex innamorati”: è Giu­seppe Leardi, classe 1941, meglio conosciuto come “Beppe u Resiau” (“il segantino”, ndr).

Come nascono le panchine “de­gli ex innamorati”?
«Nel corso di un mio viaggio in Austria vidi una coppia seduta su una panchina in cemento, le sedute non erano allineate, ma esattamente opposte e pensai che volesse significare la fine di un amore: i due non riuscivano a guardarsi negli occhi da quella posizione, quando si è innamorati la direzione dello sguardo è la stessa… E così, a distanza di molti anni da quell’episodio decisi di provare a costruirne una in legno e la misi dietro casa mia, sulla strada che porta al cimitero. In poche settimane ricevetti ordini per sette panchine, tutte per ricorrenze molto particolari, ma nessuno ha mai voluto ripetere la scritta “ex innamorati”, dicevano che la posizione delle sedute invogliava a scambiarsi dolcezze non a evitarsi…».

Quante panchine ha realizzato?
«A dire il vero non saprei, la prima l’ho creata nell’ottobre del 2017, non ho mai sentito la necessità di contarle, sicuramente un’ottantina. Molte sono posizionate in Langa, una mi era stata commissionata dal Comune di Dogliani per la biblioteca e si trova vicino al busto di Luigi Einaudi, con dedica “agli innamorati della lettura”. Un’altra, invece, è posizionata all’ingresso di Sant’Anna di Vinadio ed è molto apprezzata dai pellegrini. Altre sono state portate fuori dal Piemonte».

Una è stata consegnata in Ve­neto e un’altra le è stata commissionata da un cantante…
«Ne ho realizzata una molto particolare, dipinta di rosso per la giornata contro la violenza sulle donne ed è stata consegnata in provincia di Treviso. Un’altra l’ho portata io di persona al cantante Matteo Bensi, durante un suo concerto a Calenzano di Bettola, in provincia di Piacenza. Dopo averne vista una delle mie nel­l’Alessandrino, ne voleva una con una dedica per sua moglie e sua figlia da presentare sul palco insieme alla sua canzone “La nostra panchina”. Inizial­mente non ero molto dell’idea di intraprendere un viaggio così lungo, ma la serata è stata davvero commovente e pochi giorni dopo il concerto mi ha contattato l’onorevole Marco
Pe­rosino, anche primo cittadino di Priocca, per realizzarne una per il suo comune».

La sua passione per il legno è frutto di una lunga tradizione, ma ha un significato molto più profondo per lei.
«Ogni membro della mia famiglia ha un legame con questo materiale, il primo a fare della lavorazione del legno un’arte è stato certamente mio nonno, “Pinotu il Biund”. Per me intagliare il legno significa poter esprimere quello che provo, mi ha aiutato in molti momenti difficili della mia vita. Quando trovo un pezzo di legno che può rivivere creo qualcosa: una panchina, una sedia, un tavolo».

C’è un tavolo molto importante tra le sue creazioni, qual è la sua storia?
«Mio padre aveva una segheria, quando è mancato il suo laboratorio è stato dismesso, ma tutto il legno e le assi che aveva ordinatamente nu­merato rimasero lì. Mi sono sempre riproposto di utilizzare quel legno per qualche lavoro speciale, ma non trovavo mai il momento adatto. All’im­provviso, però, la malattia di mia figlia è piombata nelle nostre vite, sconvolgendo la nostra quotidianità: non giocavo più a carte, non andavo più al campo da bocce, non avevo più la forza neanche di leggere o scrivere (Leardi ha realizzato molti libri, anche con Maria Tarditi, ndr). Ho iniziato così a lavorare il materiale lasciato da mio padre, mi aiutava a tenere lontano i brutti pensieri: ho selezionato 74 tipi di legno diverso e ho costruito un tavolo. Tutti i pezzi utilizzati sono numerati e tracciati grazie a una tabella».

Ci sono dei nuovi progetti in corso?
«L’ultima opera che ho realizzato è una carriola, volevo riprodurne una fatta interamente di legno, che restasse a memoria di quelle che si usavano una volta in campagna, una come quella che aveva mio padre. L’ho rifatta con le stesse misure della sua, la ruota l’ho recuperata in un mercatino, sopra ho inciso questa frase “Il buon nome di un padre è la migliore eredità per un figlio”. Mi è stato già proposto di realizzarne una gigante. Ma su questo non posso svelare nulla di più ora».