“Il Piave mormorò!”: 24 maggio, storia di un sacrificio (anche) cuneese

Enorme il sacrificio cuneese nella Grande Guerra, che pagò con quasi 11mila morti

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“Il Piave mormorò: non passa lo straniero!”. E lo straniero non passò. Molti mesi dopo, però, rispetto a quel 24 maggio che, secondo la propaganda dell’epoca avrebbe dovuto chiudere il cerchio con le guerre d’indipendenza iniziate 60 anni prima.

104 anni fa l’Italia entrava in guerra, dando il là a quella tradizione che la volle sempre neutrale all’inizio delle ostilità ed interventista in corso d’opera. Era la Grande Guerra, o così avrebbe dovuto essere.

Una blitzkrieg, “guerra lampo”, come avevano teorizzato i tedeschi. Rapida ed il più possibile indolore. Pretese moderne di strategia bellica che si scontrarono, però, poi, con le maledette trincee e con tutto ciò che portarono: morte, fame, pazzia, diserzione, fucilazioni massive.

Un’intera gioventù che non era mai uscita dal raggio di pochi chilometri da casa, quella italiana, gettata “a fare la guerra”. Lì, forse, si fecero veramente quegli italiani che Cavour, all’indomani dell’Unità, aveva progettato per completare l’unificazione della Penisola. Molti, però, morirono.

Campani e piemontesi, lombardi ed emiliani costretti a soffrire insieme, agli ordini di Cadorna prima e di Diaz poi. Alla fine, i militari italiani “andati avanti” furono 651mila, a cui si aggiunsero 589mila civili, per un totale di 1 milione 240mila morti (3,48% della popolazione).

E Cuneo? La provincia Granda pagò come poche altre la sete bellica dell’interventismo italiano: 10.786 morti, con 1609 dispersi. A completarne il macello la febbre spagnola, considerata ormai dagli storici come naturale conseguenza del conflitto, e che fece strage anche nelle nostre terre.

Lo straniero non passò, ma nemmeno il dolore per quel supplizio.