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Ferruccio Dardanello: impegno lungo una vita

Il Presidente della Camera di commercio spiega la passione per il suo lavoro e... il deciso “sì” al Tav

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Ferruccio Dardanello, presidente della Ca­me­ra di commercio di Cuneo dal 1993, il cui mandato scade nel 2019, ha concesso un’intervista a “IDEA” in cui affronta tanti argomenti, compreso… il suo futuro.
Presidente, in 25 anni molto è cambiato, non sempre in meglio. Secondo lei quali sono il miglioramento e il peggioramento più significativi?
«è una lunga stagione della mia vita vissuta al servizio di un’istituzione che resta un punto fer­mo dello sviluppo e della crescita di una società che ha trovato nell’economia e nell’impresa le ra­gioni del proprio successo. Negli anni passati purtroppo si è cercato, sbagliando, di azzerarne le fun­zioni con una visione dis­torta del bene e delle necessità di un Paese che ha nei territori il giacimento più prezioso della sua ricchezza. Azzerare o ridurre il ruolo delle istituzioni provinciali è stato un macroscopico errore! Oggi anche la politica se ne rende conto e speriamo che ci sia tem­po per porvi rimedio. Forse sa­rebbe stato meglio ridimensionare l’istituzione regionale e lasciare le mansioni originali alla Pro­vincia, così come per l’Ente ca­merale, il quale trae le proprie ri­sorse non dal bilancio dello Sta­to, bensì dalle imprese dei territori d’appartenenza. Le Cciaa so­no una straordinaria rete che unisce le realtà territoriali del nostro Pae­se e, a fianco delle Ca­mere di com­mer­cio italiane nel mon­do, contribuiscono alla con­­sa­cra­zio­ne del “ma­­de in I­taly”, un “brand” tra i più co­no­sciu­ti e ambìti dai consumatori del pia­­neta intero».
Lei ha la­sciato la guida di U­­­nion­ca­mere na­zionale e poi, a ottobre, quella regionale a
Vin­cenzo Ilotte. Tira i remi in barca?
«Nel sistema e nella rete rappresento il presidente più longevo nel servizio e, con il 2019, terminerò questa lunga e straordinaria avventura. Certamente i va­lori di questa esperienza li ri­serverò ancora, se ce ne sarà bi­sogno, a questa magica terra».
Conferma l’idea che i Paesi della sponda meridionale del Me­di­terraneo possano essere per l’I­talia una straordinaria fonte di crescita, malgrado di disastri del­le “primavere arabe”?
«Sulla sponda meridionale del Mediterraneo vivono circa 120 milioni di giovani con meno di 25 anni. Va da sé che un Paese come il nostro, che sta invecchiando, avrà sempre più bisogno di ricambi generazionali ac­culturati per rispondere alle necessità dell’oggi e del domani. Su questo tema non dimentichiamo mai che, nei secoli passati, siamo stati un Paese di emigranti ed è per questo che la nostra etnia oggi la troviamo in ogni angolo del glo­bo. Infatti le Camere di com­mercio italiane all’estero so­no gestite da imprenditori italiani a suo tempo emigranti».
Restiamo sugli “esteri”. Cosa pensa delle sanzioni occidentali alla Russia?
«Per noi sono state un “boomerang”. è un Paese, appena “fuori porta” rispetto all’Italia, che con­ta oltre 200 milioni di consumatori che sempre di più apprezzavano le nostre tecnologie, la no­stra meccanica, i nostri manufatti e il nostro agroalimentare ol­tre ad amare le emozioni turistiche della penisola. Ridi­mensionare l’“export” in quella direzione è stato un atto di masochismo e le im­prese cu­neesi, in particolare, sono state tra le prime vittime».
Lei non ha esitato a scendere in piaz­za a Torino a favore del Tav…
«è un’opera del corridoio che unisce sotto le Alpi l’economia e la società europee del domani e non capirne l’importanza mi preoccupa molto. Una classe dirigente che non abbia una visione lungimirante del futuro non merita, secondo me, di governare il Pae­se. Per questo, nel giorno della ma­nifestazione “Sì Tav”, mi sono recato a Santena, presso la tom­ba del conte Camillo Benso di Ca­vour, uno dei padri del nostro Paese, per depositare un messaggio di ringraziamento per quanto, con intelligenza, seppe realizzare nel 1858: la grande o­pera del tunnel ferroviario del Fréjus. Anche allora nel Par­la­mento sa­baudo vi erano i de­trattori dell’o­pera. Dagli atti di allora, si evince che avrebbero preferito allargare le mulattiere per attraversare le Alpi a un progetto che ci apriva all’Europa e al mondo. è tutto di­re. I benefìci li abbiamo raccolti in 150 anni così come le prossime dieci generazioni raccoglieranno i benefìci del Tav!».
Anche per l’Asti-Cuneo, l’aeroporto di Levaldigi e le altre ca­renze infrastrutturali della provincia lei non ha mai esitato a metterci la faccia…
«Non c’è bisogno di aver fatto le “scuole alte” per comprendere che, senza le infrastrutture, la competitività delle imprese e dei territori verrebbe me­no. Ferro, gomma e aria sono il trinomio su cui si sono giocate la crescita e le sfide delle aree più importanti e competitive d’Eu­ropa. Fino a og­gi abbiamo compensato queste de­ficienze con la straordinaria ca­pacità dei nostri imprenditori. Ma se non ci adeguiamo in fretta con le infrastrutture necessarie di certo limiteremo il nostro sviluppo. Ci fa male essere considerati la barzelletta d’Italia per l’A­sti-Cuneo, il traforo del Tenda, i valichi alpini non percorribili d’in­verno, una rete ferroviaria ferma all’800, la scarsa attenzione al nostro aeroporto, unica infrastruttura che po­tenzial­men­te ci collega con il mondo. Que­sto però dà il senso della storica mancanza cronica della politica di casa nostra su tali temi, seppure da sempre sia­mo un bacino prezioso di consensi elettorali. Scelte politiche ed economia de­vono andare di pari passo. Né vanno dimenticate le altre cose da fare che non possono più at­tendere come fermare le acque di ca­sa nostra (5 miliardi di metri cu­bi sprecati all’anno, buttati in A­driatico); la modernizzazione della ferrovia Savona-Torino che ci permetterà di di­ven­tare il retroporto naturale del porto di Vado per una nuova stagione del­­la logistica; il traforo Ar­mo-Cantarana che ci u­nirà in mo­do moderno e veloce al Po­nente li­gure e alla Francia. I so­gni ci porterebbero a immaginare altre co­se da fare, ma per i pros­simi anni fermiamoci pure qui».
Le Alpi del mare rappresentano un’altra delle intuizioni a cui lei ha dedicato molto impegno.
«Sono il sogno di un’area vasta che da tanti anni porto avanti con entusiasmo e convinzione cre­scenti. Essere nati in questa terra è un regalo che il buon Dio ci ha fatto. Mettere insieme le Al­pi e il Me­diterraneo in un “unicum” con tutte le loro potenzialità è qualcosa di straordinario an­che per la valorizzazione del no­stro futuro. Il riconoscimento del­l’Unesco a patrimonio dell’u­manità, in di­rittura d’arrivo, ar­ricchirà il valore del riconoscimento già ottenuto dal­le Langhe e farà div­entare que­sta terra una delle aree del mondo più attrattive per le sue complementarietà».
La dicotomia infraprovinciale fra le Langhe e il Roero e il resto della Granda è endemica. Ora l’a­rea al­bese in campo turistico “spo­sa” quella astigiana: se­con­do lei è un bene o un male?
«Le battaglie di campanile han­no caratterizzato per secoli la storia e le tra­di­zio­ni di un’I­talia che aveva nel campanile e nei Co­­mu­ni le ra­gioni delle proprie di­ver­sità. Il mondo per fortuna è cambiato e sempre di più le aggregazioni e le sinergie di­ven­­ta­no in­di­spen­sa­bili per es­sere vincenti. Anche sul piano tu­­ristico un “collage” di emozioni e di op­por­tunità è utile e da perseguire».
Infine, come e dove si vede fra dieci anni?
«Chissà! Se la vita vorrà riservarmi ancora futuro, penso che se­guirò più da vicino la crescita e la formazione dei miei nipotini Anna e Marco, senza comunque dimenticarmi di questa società e di questa terra che continuerò ad amare, alla quale ho il dovere di dire “Grazie!” per le opportunità che mi ha donato».

BaNNER
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