Anziani deceduti da tempo senza nessuna segnalazione: i servizi sociali lanciano l’allarme

0
645

Asti, donna anziana morta in casa 5 mesi fa, ora trovata mummificata. Torino, anziano deceduto da tre mesi e nessuno aveva notato l’assenza. Quanto sta accadendo, prima ad Asti ed ora a Torino, ha destato preoccupazione negli assistenti sociali piemontesi. Si parla di una generazione fantasma: vivono di fianco a noi, ma nessuno si accorge della loro presenza.

 

Mesi, giorni, ore difficili in cui stanno venendo a galla situazioni di grave povertà (in senso ampio) e abbandono. Si tratta di un allarme sociale destinato ad aggravarsi nei prossimi anni. I dati Istat dicono che entro il 2065 la vita media crescerebbe di oltre cinque anni per entrambi i generi, giungendo a 86,1 anni e 90,2 anni, rispettivamente per uomini e donne. L’età media della popolazione passerà dagli attuali 44,9 a oltre 50 anni nel 2065. Si prevede un picco di invecchiamento che colpirà l’Italia nel 2045-50, quando si riscontrerà una quota di ultrasessantacinquenni vicina al 34%.   Barbara Rosina (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) ha espresso i suoi timori circa il dilagarsi di un’indifferenza generalizzata: “I cittadini, i vicini di casa, l’amministratore di condominio, nessuno di loro si è accorto dello stato di disagio in cui versava il nipote della donna anziana che è arrivato a perdere la casa?”   “L’episodio di Asti – afferma Rosina – evidenzia un deficit di informazione tra la popolazione che non consente di sapersi rivolgere nel posto giusto. Sappiamo che molti Comuni, ad esempio, offrono i funerali di povertà per gli indigenti. A supporto di questa particolare fascia d’età, le strutture ed i servizi non mancano. Tuttavia occorre che tutti professionisti impegnati nella cura orientino le persone perché possano usufruire delle risorse a loro disposizione e i loro diritti, di conseguenza, non vengano lesi”.   “I dati – aggiunge Rosina – offrono una panoramica in grado di orientare le politiche del welfare. Circa un anziano su due soffre di almeno una malattia cronica grave o è multicronico, con quote tra gli ultraottantenni rispettivamente di 59,0% e 64,0%. Molti anziani con grave riduzione di autonomia vorrebbero ricevere più aiuti (si parla di ulteriori ausili, attività di cura e domestiche)”.   Rosina conclude: “Dobbiamo, inoltre, considerare che tra i care giver uno su cinque è anziano. Se da un lato gli anziani sono destinatari di aiuto e sostegno, dall’altro ne sono anche fornitori. Sempre di più sarà opportuno valutare non adeguato il welfare familistico, in cui si attribuisce la responsabilità di cura alla famiglia stessa. Soprattutto in situazioni di solitudine presente o potenziale, è necessario che si operi in un’ottica preventiva in cui la collettività tutta diviene il generatore di risposte. Mi riferisco, ad esempio, a soluzioni come gli affidamenti degli anziani soli presso famiglie e adulti. Questo, come altri, è un modo per far diventare la persona anziana membro di una comunità e la comunità stessa in grado di riconoscere, sostenere, accompagnare le persone in difficoltà”.