DOP e IGP: una “Granda” tutta da gustare | Il viceministro Olivero: “Il Cuneese si conferma territorio di eccellenza e la scelta di sviluppare le indicazioni geografiche sta dando i risultati sperati”

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Il viceministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Andrea Olivero, i dirigenti del dicastero e quelli dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea) hanno presentato, a Roma, il Rapporto Qualivita 2016 sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane Dop, Igp e Stg.

Le Dop sono le Denominazione di Origine Protetta, in cui, per la legislazione europea, che ha unificato i marchi rilasciati dai vari Paesi membri, rientrano anche le Docg e le Doc italiane del vino.

Le Igp rappresentano le Indicazioni Geografiche Protette, di cui fanno parte, per le stesse motivazioni precedenti, le Indicazioni Geografiche Tipiche italiane riguardanti il vino.

Le Sgt costituiscono le Specialità Tradizionali Garantite.

Il Rapporto ha messo in evidenza che l’Italia è la nazione leader (la prima) a livello mondiale, con un paniere di 814 certificazioni di qualità legate agli alimenti e ai vini (571 Dop, 241 Igp e 2 Stg).

Tradotto in termini economici significa una corrispondenza di 13,75 miliardi di euro, con una crescita del 2,6% rispetto al 2015 e un peso del 10% sul fatturato totale dell’industria agroalimentare nazionale.

Dati chiave anche dal punto di vista dell’export con 7,8 miliardi di euro venduti sui mercati esteri, pari al 21% delle esportazioni complessive dell’agroalimentare e un trend positivo del più 9,6%.
Il settore alimenti (166 Dop, 123 Igp e 2 Stg) è costituito da 80.010 operatori che hanno generato 6,35 miliardi di valore, con un aumento al consumo dell’1,7% e nella grande distribuzione del 5%.

Invece, il comparto vino (405 Dop e 118 Igp) ha raggiunto 2,84 miliardi di bottiglie messe in commercio per un importo di 7,4 miliardi di euro e un più 5,8%.

Il sistema italiano delle denominazioni e delle indicazioni garantisce la qualità e la sicurezza attraverso la rete dei 247 Consorzi di tutela (137 per i cibi e 110 per il vino) riconosciuti dal Ministero e oltre 162.000 controlli effettuati dagli organismi preposti.
In questo contesto, la provincia di Cuneo, tradizionalmente caratterizzata da una forte vocazione agroalimentare, riveste un ruolo di straordinaria importanza.

La “Granda”, infatti, nel totale delle certificazioni di qualità, con 35 Dop e Igp, per impatto economico (364 milioni di euro) si colloca all’ottavo posto tra le province italiane, dietro a Parma, Modena, Reggio Emilia, Treviso, Verona, Brescia e Bolzano. In Piemonte, Asti è al ventesimo posto.

Il reparto alimenti vede Cuneo in undicesima posizione, con 17 Dop e Igp e un valore di 182,5 milioni di euro. A livello di cibo, in Piemonte non ci sono altre province nei primi venti posti.

Per quanto riguarda il settore vini la “Granda” si classifica quarta (18 Dop e Igp e un controvalore di 181,5 milioni di euro), preceduta da Treviso, Verona e Siena.

In Piemonte, sono tra le prime venti province anche Asti (5º posto) e Alessandria (12º posto).

Entrando nel dettaglio delle produzioni, tra i formaggi Cuneo è nona (7 Dop e Igp e 162,7 milioni di euro), con Novara in 17ª posizione. Nelle carni non sono presenti province piemontesi nei primi venti posti.

Tra i prodotti ortofrutticoli Cuneo vanta un rilevante terzo gradino del podio (4 Dop e Igp, 18,4 milioni di euro), alle spalle di Bolzano e Trento.

In Piemonte, Asti e Torino occupano l’11º e il 14º posto.

“Il Rapporto – dichiara il viceministro Olivero – rappresenta un riferimento, uno strumento di conoscenza indispensabile di analisi e di monitoraggio delle produzioni agroalimentari e vitivinicole certificate.

Per il nostro Paese ne emerge un quadro estremamente positivo: questo è un vanto, ma anche una sfida in quanto il nostro compito, alla luce delle dinamiche internazionali, è guardare con lungimiranza allo scenario futuro e accompagnare il sistema dei consorzi, dei produttori e delle aziende di trasformazione a raggiungere ulteriori obiettivi di crescita, consolidamento e innovazione”.

In quale modo? “Continuando a lavorare su prodotto e territorio: un binomio vincente dell’Italia, capace di dare valore alla nostra qualità.

Poi, tutelare le nostri indicazioni geografiche che non vuol dire protezionismo, ma garanzia delle stesse eccellenze.

Infatti, 247 Consorzi di tutela e un sistema di controlli unico al mondo rendono i nostri prodotti i più sicuri che esistano.

La produzione certificata deve essere percepita in modo ancora più evidente come portatrice di elementi valoriali: dall’espressione del territorio al rispetto dell’ambiente, alla sicurezza alimentare”.

La provincia di Cuneo occupa l’ottavo posto tra le province italiane per le produzioni Dop e Igp: un’ottima posizione. Quale futuro si prospetta per la “Granda” nel settore anche sotto il punto di vista dell’ottenimento di nuove certificazioni di qualità?
 “Il Cuneese si conferma territorio di eccellenza e la scelta compiuta di sviluppare le indicazioni geografiche sta dando i risultati sperati.

Mi complimento con le imprese, i consorzi e gli enti preposti al controllo ed alla certificazione: è un sistema vincente.

Ciò nonostante sono sicuro che potremo fare ancora meglio e nei prossimi mesi dovremo lavorare per far crescere alcune produzioni tutelate, soprattutto in settori come quello caseario e quello delle carni fresche, nel quale da qualche settimana possiamo vantare una nuova Igp: quella del “Vitellone piemontese della coscia”.

Vini, ortofrutta, formaggi, carni e salumi: nulla ci manca per essere campioni della qualità italiana.

Tutto questo non dà solo lustro al territorio, ma reddito alle imprese e consente una giusta remunerazione ai produttori, cosa che spesso non avviene per i prodotti non certificati”.