Super ammortamenti? Per Giuseppe Piumatti “sì, ma anche investimenti in ricerca e sviluppo”

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Il super ammortamento così detto 140%? Una misura senza dubbio importante, che recupera il concetto di detassazione dei beni di investimento, più volte adottato prima e accantonato poi dal legislatore nelle forme più varie dal 1994 a oggi, ma che, per quanto sarà di certo impegno delle aziende ancora liquide utilizzare nel corso dei prossimi dodici mesi (oltre a quanto eventualmente già fatto negli ultimi tre mesi del 2015), va accompagnata al riconoscimento di una agevolazione analoga con riferimento alle spese in ricerca e sviluppo, che in gergo tecnico si definiscono immobilizzazioni immateriali.

Quelle finalizzate cioè alla stabile acquisizione, al patrimonio d’impresa, di conoscenze e competenze – dai brevetti all’assunzione di ricercatori – per concretizzare beni, servizi e processi aziendali al servizio di una maggiore capacità competitiva e di mercato.

 

“Oltre che da imprenditore, parlo anche sulla base della mia più che decennale esperienza recente di dirigente di categoria – spiega Giuseppe Piumatti dal quartier generale della Bra Servizi – Ogni detassazione è bene accetta, meglio se coincide con un calo strutturale della pressione fiscale sulle aziende, mentre la misura in questione è solo temporanea; ma affinché un soggetto potenziale beneficiario possa utilizzarla appieno, occorrono delle precondizioni anche dal punto di vista di più favorevoli mercati finanziari e dei capitali, altrimenti rischia di verificarsi la solita e già nota circostanza per cui determinate agevolazioni finiscono unicamente per fotografare la realtà esistente di chi già a priori può permettersi di investire. Meglio sarebbe, e torno di nuovo a ribadirlo, indirizzare gli stessi sforzi, se non maggiori visto che si parla per il super ammortamento di un budget a termine di un miliardo circa di euro su una manovra complessiva che ne vale oltre 30, al fine di agevolare o per lo meno di non ostacolare le realtà maggiormente in grado di promuovere e realizzare iniziative di rilancio economico diffuso nei propri rispettivi territori di insediamento, così da ridare ossigeno a quei distretti industriali e artigianali in affanno anche in aree come la Granda a ogni accenno di crisi, di delocalizzazione o di ridimensionamento annunciato da qualche gruppo”. L’acquisto di un macchinario finito è importante per i processi produttivi futuri, ma altrettanto lo è garantire tutte quelle premesse tramite cui possa avvenire nei singoli distretti e territori la ricerca applicata a permettere anche alle piccole e medie imprese di procurarsi in autonomia tutte le innovazioni di conoscenza necessarie non solo ad aumentare di qualche punto ma a moltiplicare la competitività e produttività concretizzabili: questo può realizzarsi prevedendo una sorta di super ammortamento per le spese sostenute in ricerca & sviluppo, attraverso le quali possano essere assunte quelle figure professionali, magari formatesi con profitto nel Cuneese e in Piemonte, ma che allo stato attuale trovano migliori condizioni di inserimento all’estero.

 

“Non dobbiamo mai dimenticare le nostre origini – conclude l’imprenditore braidese – Moltissime realtà anche cuneesi hanno contribuito a decenni di benessere economico e sociale italiano, perché nascendo da storicamente piccole entità, potevano e in effetti han potuto sviluppare la ricerca necessaria a modellare la produzione e a trasformare materie prime anche limitate e non abbondanti, in giacimenti enormi di beni e servizi innovativi. Se non riprenderemo questo cammino, e si continuerà a spendere la maggioranza delle risorse prelevate attraverso imposte e tariffe in realtà para o semi pubbliche che nascono già obsolete e socialmente onerose, un macchinario in più acquistato avrà senza dubbio la propria importanza sul piano micro economico ma non servirà a riattivare tutta una filiera sempre in sofferenza”. Una proposta, quella dei super ammortamenti anche per le spese in ricerca & sviluppo, sicuramente meritevole di essere portata avanti assieme a tutte le sigle del manifatturiero industriale e artigiano, anche perché fonti governative stesse stimano che il minore spread avrebbe fatto risparmiare nel 2015 circa 5 miliardi di interessi pubblici: perché non dedicarne almeno un altro, oltre che per acquisire macchinari finiti, anche per agevolare l’inserimento di competenze e intelligenze in grado a loro volta di moltiplicare produzioni e prodotti?