Oggi l’Unione Europea dovrebbe accogliere la richiesta di Confindustria Cuneo di abolire il meccanismo del “reverse charge” | Si attende la risposta della Commissione Europea contro la misura del Governo Italiano

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Oggi la Commissione europea dovrebbe accogliere la richiesta di Confindustria Cuneo di abolire il meccanismo del “reverse charge”, introdotto dal Governo italiano nell’ultima Legge di Stabilità. La misura, nota anche come inversione contabile, avrebbe costretto tutti i fornitori della Grande Distribuzione Organizzata a fatturare senza Iva a debito, creando un enorme problema finanziario alle aziende che, non incassando l’Iva dalla Gdo, avrebbero sì potuto vantare un grande credito nei confronti dello Stato, ma realisticamente avrebbero potuto incassare il rimborso dell’Iva un tempi molto lunghi, anche due o tre anni, troppo per poter continuare l’attività senza incorrere in gravi problemi di liquidità.

 

Accogliamo con soddisfazione la notizia arrivataci oggi direttamente da Bruxelles – commentava ieri a caldo il presidente di Confindustria Cuneo, Franco Biraghi, che per primo in Italia si era schierato contro il provvedimento -. Siamo soddisfatti di aver contribuito a riportare nel suo alveo naturale una norma assurda, che avrebbe provocato la chiusura di numerose nostre aziende associate, legittimando di fatto un modo alquanto discutibile del Governo di fare cassa a spese delle aziende. Infatti, quella che il Governo spacciava come misura contro l’evasione fiscale, alla fine agli occhi dell’Unione Europea si è svelata per quello che era realmente, vale a dire un prestito forzoso e senza interessi allo Stato sulle spalle di aziende già in ginocchio a causa della crisi. A nome di tutte le aziende associate ringrazio tutti quanti nei mesi scorsi si sono battuti per evitare che questo scellerato provvedimento entrasse in vigore e in particolare l’eurodeputato Alberto Cirio, che aveva fatto sue le istanze dell’industria cuneese presentando due interrogazioni all’Unione Europea”.

 

Da un sondaggio effettuato a gennaio da Confindustria Cuneo su un campione di aziende associate sulle conseguenze dell’entrata in vigore della misura, era risultato che il 52% degli imprenditori intervistati avrebbe dovuto ridurre il personale, il 53% sarebbe stato costretto a ritardare i pagamenti dei salari, il 46% avrebbe dovuto andare a rifornirsi sui mercati esteri invece di comprare materie prime italiane e addirittura il 40% avrebbe paventato una cessazione dell’attività.

 

Dopo la denuncia di Confindustria Cuneo, sull’abolizione del provvedimento si erano anche pronunciate, tra i tanti: Ance Cuneo, altre territoriali italiane (Confindustria Piemonte, Asti, Alessandria, Como, Nord Sardegna, Toscana Sud, Novara), oltre a Assolatte, Federalimentare, Federdistribuzione, Coop, Conad, Federtessile, Assotelecomunicazioni e Assitol (Associazione industria olearia).