«Non ho paura perché so di essere dalla parte di Chi ha già vinto». La voce del parroco di una cittadina della Granda che è l’esorcista per la Diocesi di Alba infonde una pacata tranquillità mentre risponde alla domanda più ricorrente: un esorcista teme il diavolo? «Mi capita di sussultare davanti a reazioni improvvise della persona per cui sto pregando. Ma paura, no. E pensare che non sono particolarmente coraggioso». Il sacerdote incontra quotidianamente persone in cerca di aiuto perché sospettano di essere vessate dal demonio. Il discernimento tra questa possibilità e quella di una problematica umana o di un forte disagio legato alla sfera psichica richiede esperienza, tempo e una particolare capacità di ascolto.

Quando è diventato esorcista e qual è l’iter?
«Il primo settembre 2016. Non si tratta di una nomina, ma di una delega del Vescovo, l’unico deputato a eseguire gli esorcismi. Nonostante sia raro che av­venga una preparazione pri­ma di iniziare, si possono trovare corsi di approfondimento presso l’Associazione Interna­zionale Esorcisti o presso alcune facoltà teologiche».
Quali caratteristiche dovrebbe avere il perfetto esorcista?
«(Prende un libretto dal tavolo, nda) Le qualità sono elencate qui, nel Codice di Diritto Ca­nonico, ma ogni volta che le rileggo penso che siano ben lontane dalle mie… (legge, nda) Canone 1172, paragrafo 2. “L’ordinario del luogo (il Vescovo) concede tale licenza (di effettuare esorcismi) solo al sacerdote che sia ornato di pietà, di scienza, di prudenza e di integrità di vita”».

E come avviene, tecnicamente, un esorcismo?
«Di per sé si tratta di un atto liturgico, una antica forma di preghiera. Si inizia con l’accoglienza della persona, sempre accompagnata da qualcuno, e con il segno di croce. Seguono le litanie dedicate a Maria e ai Santi, si pregano alcuni salmi, si ascolta il Vangelo. Segue un’imposizione delle mani e un’invocazione a Dio, si rinnovano le promesse del Battesimo dove si chiede alla persona di rinunciare a Satana, al male e a ogni forma di occultismo. Segue la professione di fede della persona attraverso il “Credo”. A questo punto si entra nel vivo dell’esorcismo».

In che cosa consiste?
«È composto da due grandi preghiere: una parte invocativa in cui chiedo a Dio di spezzare i legami con il male, nella quale solitamente vado a braccio, e una parte imperativa in cui mi rivolgo direttamente a Satana e gli ordino di andarsene. Questa è la parte di maggior sofferenza per la persona, se il suo malessere è di carattere spirituale, perché avviene un confronto diretto con la forza che lo disturba».

Pronuncia anche il famoso “vade retro, Satana!”?
«Non proprio, ma dentro la formula imperativa dell’esorcismo, che è in latino, c’è “vade, Satana”».

Quali sono le reazioni della persona a queste preghiere?
«Vanno dal mutismo, al grande fastidio, alla tosse, fino alla deformazione del volto e all’avversione all’acqua benedetta. Per evitare che ci si lasci suggestionare a volte l’acqua non è benedetta, a volte si prega in silenzio e si osserva se ci sono reazioni».

E il demonio risponde agli ordini che gli impartisce?
«Sì. Cerca di distrarre dalla preghiera. Talvolta si esprime in lingue straniere sconosciute alla persona. Rivendica eventi passati come se ne fosse l’artefice, sbeffeggia i presenti, mi ri­volge minacce di morte. Spesso mi ripete che sto perdendo tempo e che quella persona è sua. Oppure può rivelare presunti segreti o azioni sconvenienti legate ai presenti. Ma siccome Gesù stesso lo definisce “menzognero”, tutto questo vie­ne considerato per quello che è, ovvero inficiato dalla falsità».

La possessione ha sempre una causa scatenante?
«Il demonio è come un cane alla catena: morde chi entra nel suo raggio d’azione. Spesso esistono collegamenti con il mondo dell’occulto, della magia o an­che della massoneria esoterica. Si va dal ragazzino che compie un rituale trovato su Internet all’adulto che ha prestato il fianco a situazioni ambigue di magia. Ad Halloween, ad esempio, i satanisti celebrano i loro rituali, come i passaggi di grado nelle gerarchie e i matrimoni con Satana, è il loro Capo­dan­no. C’è ben poco da festeggiare».

A proposito, vengono da lei anche i bambini?
«No. Però ci sono rituali di consacrazione a Satana effettuati su neonati non battezzati che si rafforzano nel tempo. Una volta il Diavolo, durante l’esorcismo a un adulto, mi disse “sono arrivato prima io”».

Le è mai successo di incontrare qualcuno e intravedere in lui il de­mo­nio?
«(Lunga pausa, nda) L’opera del demonio è molto diversificata. L’espressione più subdola, più pericolosa e di gran lunga più diffusa è la tentazione, attraverso la quale provoca la libertà umana invitando a rifiutare Dio e ad accogliere dentro di sé il male. Dietro la corruzione prodotta dal peccato c’è sempre in qualche modo il demonio».

Quali sono le altre manifestazioni del “maligno”?
«Il gradino successivo è la vessazione con cui le persone vengono disturbate, come è successo anche a tanti santi. Don Bosco, a esempio, ricevette vere e proprie percosse fisiche con segni evidenti. Quello ulteriore è la possessione ovvero il prendere possesso delle facoltà umane».

Le viene mai il dubbio che tutto questo mondo satanico, così impalpabile, non esista?
«Il vomitare chiodi, ferro e grovigli di fili spinati e i casi di levitazione a cui ho assistito durante gli esorcismi sembrano un segno evidente anche all’esorcista più razionale. E io mantengo in genere una buona razionalità: non ho scelto questo servizio. Non lo avrei mai chiesto».

C’è un diavolo solo o sono tanti?
«A volte pronuncia dei nomi riconducibili alla Sacra Scrit­tura, altre si definisce una legione e parla al plurale. Si presenta come Satana, il principe di questo mondo, alle volte come Asmodeo (libro di Tobia, nda). Sono elementi che escono dalla voce di persone che non hanno mai letto le Scritture. Ma il rituale non si perde dietro a questi dettagli».

In quali condizioni si manifesta maggiormente?
«Il male si rivela a contatto con un grande bene. Questo spiega perché mentre nell’Antico Te­stamento il diavolo non viene quasi menzionato, nei Vangeli è molto presente. Spesso Gesù libera gli ossessi e uno dei compiti che affida agli apostoli è proprio lo scacciare i demòni. L’elemento che fa comprendere la presenza intensa all’epoca di Gesù è che il male viene alla luce con la sua violenza proprio quando è messo a contatto con un forte bene. Altrimenti continua la sua opera sotterranea».

Come si concilia questo impegno con l’essere parroco in un paese della Granda?
«Talvolta avverto la fatica del co­niugare diversi servizi: l’a­scolto quotidiano delle persone che mi chiedono aiuto, l’essere parroco di una comunità esigente. Manca il tempo per fare tutto ma è pur sempre una gioiosa fatica!»

In che senso sostiene che la sua comunità è esigente?
«È una comunità che risponde agli appelli e quindi si merita il massimo impegno, dalla catechesi alla progettazione pastorale, fino alla gestione evangelica e oculata dei beni della parrocchia. Ogni giorno rimango me­ra­vigliato dal bene e dal desiderio di fede che ho trovato qui. Anche se, non lo nego, come nella parabola, anche la zizzania non manca».