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L’artista del legno che scolpisce emozioni e ricordi

Beppe Leardi, falegname e creativo di Lequio Tanaro, racconta l’amore e le sofferenze di una vita: la sua

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Pezzi di legno, apparentemente di scarto, che uniti tra loro riprendono vita e valore; meglio ancora se si tratta di legno antico, recuperato, che ha già una sua storia da raccontare e che, unita ad altre, riacquista significato. Un po’ come le parole che unite insieme narrano vicende; meglio ancora se sono tratte da eventi reali ricollocati nella giusta dimensione dopo lunghe ricerche. In entrambi i percorsi di ricostruzione storica e affettiva si fa strada una certezza: “Niente per caso”.
In questa convinzione si potrebbe riassumere la vita non certo facile di Beppe Leardi, falegname di professione (a lungo è stato titolare di una falegnameria mobilificio a Lequio Tanaro, oggi gestita dal figlio), eclettico artista del legno per passione, a tratti scrittore e ricercatore, senza dubbio uo­mo di una sensibilità non comune, che intaglia con le sue emozioni legno e parole.

Una dote, la sua, che è un patrimonio di famiglia, la «nostra seconda religione» come lui la definisce mostrando «quello da cui tutto è partito»: una pipa in radica di noce a forma di passerotto dalle fattezze così ben intarsiate da sembrare vero. La donò il nonno Pinotu al primogenito Cesco (padre di Beppe) tornando dalla guerra nel dicembre del 1918. Fu la sua strenna di Natale, non possedendo altro. La scolpì durante la prigionia in Austria, un pezzetto ogni notte al lume dei mozziconi di candela tenendo ben nascosto il coltellino per evitare punizioni.

È una storia non comune quella della famiglia Leardi. Nonno Pinotu nacque a Torino da genitori sconosciuti e fu portato in orfanotrofio a Dogliani, lontano dalle sue origini di cui ha preservato il cognome. Fu adottato da una famiglia di Somano e li si sposò e rimase vedovo in giovane età per due volte, con due figli a cui badare. Sopravvisse a due guerre, quella in Libia e il primo conflitto mondiale, non a quel male di vivere che lo portò a una scelta estrema.
Leardi conobbe buona parte delle vicende riguardanti la sua famiglia in tempi più recenti, scandagliando archivi storici e vecchi registri, mosso da una serie di quei casi che non avvengono per caso. Il primo: l’incontro con la scrittrice Maria Tarditi e con i suoi racconti simili a «quelli che mio padre aveva cominciato tante volte a descrivermi, ma quando si è giovani non si sta ad ascoltarli, ritenendoli miserie che non creano interesse».

Il secondo: il ricordo del padre che, in punto di morte, gli espresse il suo dispiacere per non essere riuscito a trasmettergli la storia della famiglia perché si sarebbe potuto scrivere un romanzo e concluse con un «chissà che un giorno…» quasi ad aprire un nuovo capitolo della storia, come di fatto avvenne. Non ultimo, l’impressione, durante le sue ricerche, «di avere davanti a me qualcuno che mi apriva tutte le porte a cui bussavo. Sempre più mi convincevo che era merito di qualcuno che voleva a tutti i costi questa realizzazione». È nato così il libro sulla storia della famiglia Leardi, “Niente per caso”, scritto a quattro mani con Maria Tarditi. Il volume, tra i più venduti della narratrice della Langa, è imperniato su Somano. E così si è facilmente innestato su altre capacità artistiche di Beppe Leardi.

Si perché Leardi ha una grande capacità di lavorare il legno che ha iniziato a esprimere in maniera preponderante durante un periodo buio della sua vita, quello della malattia che si è portata via la figlia Silvia. In quei momenti, recuperando 74 tipi di legno diverso tra gli scarti della sua falegnameria, ha realizzato un tavolo oggi richiestissimo per eventi e celebrazioni. Molti altri ne sono venuti dopo, ciascuno con la propria particolarità: quello ricavato da un rovere colpito da un fulmine, quello che valorizza i nodi di 204 tipologie di legno puntualmente indicati anche con la nomenclatura piemontese in una mappa allegata, e così via. Leardi è anche l’inventore delle panchine a esse, con le sedute sistemate in modo opposto così che «possiamo decidere se guardare avanti, ciascuno dalla sua parte o voltare la testa scoprendo di essere vicini». Sedici di queste panchine compongono “Una passeggiata per innamorarsi”, a Somano, percorso di quasi sei chilometri immerso nella natura e nelle testimonianze storiche, artistiche e religiose del territorio.

Un itinerario, fortemente voluto dall’Amministrazione di Somano, che «ricorda la fatica di chi ha lavorato queste terre, ma anche quella di chi ha dovuto andarsene in cerca di fortuna; le prime due panchine sono dedicate a mio nonno e a mio padre». Sì perché ogni panchina contiene una dedica incisa a fuoco per renderla duratura nel tempo, e riporta brani di poesie e testi di scrittori di queste terre. Sotto ciascuna è collocato un cassetto con un album in modo che chiunque possa riportare le proprie suggestioni. Forgiare il legno per le installazioni di Somano e per le tante altre panchine che sta realizzando, è per Leardi un modo per plasmare il dolore e veicolarne l’irruenza.

Le creazioni di Beppe Leardi hanno ormai varcato i confini della Langa. Le sue panchine, ciascuna personalizzata con una dedica, sono a Treviso (contro la violenza sulle donne), Alessandria, nel Cu­neese, in Liguria. Una è nel piacentino donata al musicista Matteo Bensi che sulla storia di Leardi, ricordando in particolare la figlia prematuramente scomparsa, ha scritto la canzone “La nostra panchina” dedicandole ampio spazio nel suo spettacolo “Le mie origini”.
Soprattutto l’artista del legno ha ricevuto numerosi riconoscimenti, ultimo in ordine di tempo, la cittadinanza onoraria di Somano conferita dal Sindaco Claudio Paolazzo in un salone gremitissimo di autorità, in primis il Governatore del Piemonte Alberto Cirio, sindaci del territorio e amici, con in testa Bartolomeo Salomone, presidente di Ferrero Spa, insieme alla figlia Elena, giovane autrice che proprio leggendo “Niente per caso” e incontrando Maria Tarditi, ha compreso la sua vocazione di scrittrice. Nell’occasione anche il sindaco di Lequio Tanaro, Giuseppe Trossarello, ha consegnato a nome della cittadinanza una targa al «poliedrico cultore di arti e mestieri, artigiano del legno, arguto scrittore e poeta della memoria langarola per i suoi meriti e le opere donate al suo paese». Il Comune guidato da Trossarello ha peraltro recentemente intitolato a Silvia Leardi la sala lettura della biblioteca, ricordandone la grande passione per la lettura e le tante attività svolte per il paese. Sedici rose tante quante le panchine realizzate a Somano, donate alla signora Agnese, moglie di Leardi, hanno reso omaggio alla memoria di Silvia legandola inscindibilmente al progetto “Una passeggiata per innamorarsi” e all’opera artistica del padre in cui continuerà a vivere.