L’Unione europea che siamo abituati a conoscere non è sempre stata la stessa: essa è il frutto di un processo di integrazione in continuo divenire, basato sul superamento della tradizionale organizzazione degli Stati. Si tratta di un progetto complesso quanto originale, che a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ha messo in discussione molti elementi della politica internazionale.
L’integrazione europea è un processo in itinere caratterizzato dal compromesso, a cui hanno contribuito forze di matrici politiche differenti, portatrici di concezioni e strategie talora discordanti, che nel tempo hanno dialogato e trovato composizioni e saldature su cui si è basato il procedere della costruzione europea. Essa implica un’autolimitazione volontaria e non forzata della sovranità nazionale, e allo stesso tempo la costruzione di istituzioni con poteri sovranazionali per il perseguimento di obiettivi condivisi, elemento originale rispetto ad altre Organizzazioni Internazionali. Queste differenze hanno dato origine a tante visioni dell’UE: dal federalismo, che si propone un’integrazione che vada nella direzione di un’Europa in cui le sovranità nazionali vengano messe in secondo piano, al confederalismo, che ricerca, invece, il mantenimento della centralità della sovranità degli Stati, pur inserita in un contesto comunitario.
L’UE nasce, quindi, come risposta ai conflitti mondiali e, in generale, a tutte le antiche conflittualità europee, ma necessita della volontà di creare un sistema che impedisca il ricrearsi di una situazione conflittuale, con la difesa del modello democratico liberale e pluralista.
Il passaggio dall’integrazione economica, prima che politica, è visto come condizione fondamentale per il raggiungimento graduale dell’obiettivo finale, che è politico fin dalla dichiarazione Schuman (9 maggio 1950), dove già si parla di “federazione europea”. Il processo di integrazione europea si inserisce nel contesto della Guerra Fredda, caratterizzato da un assetto bipolare del mondo egemonizzato da USA e URSS. Nel frattempo, nell’Europa occidentale, dal secondo dopo guerra il quadro dei pubblici poteri è cambiato in modo profondo, ma senza dare origine alla nascita di nuovi stati, bensì di nuovi poteri ultrastatali sviluppati in modo graduale ma (almeno finora) continuo.
Questo processo di graduale istituzionalizzazione sovranazionale non ha ancora creato una federazione europea. Si era partiti molto intensamente, con l’idea di dare vita ad una comunità di impostazione federale, su proposta di Altiero Spinelli. Si è scelta, tuttavia, la via graduale dell’integrazione economica, e con i trattati di Roma si è dato vita ad un grande mercato integrato e a un’unione doganale, con impatto sull’economia ma anche sull’ordinamento giuridico, chiamato a reggere questa costruzione.
Partendo da questo trampolino di lancio, nel tempo, le competenze comunitarie si sono ampliate fino a toccare la dimensione politica, per quanto l’azione esterna dell’UE si componga ancora di una grande dose di intergovernativismo con voto all’unanimità, che spesso ne limita non solo il cammino verso un’Europa federale, ma anche l’incisività politica.