«Il mio diario di vita ispirato dal pallone»

Al telecronista Carlo Nesti è stato assegnato il premio giornalistico intitolato al dronerese Pier Cesare Baretti

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Tra il premio Baretti e Carlo Nesti non può che esserci un legame significativo. Perché come ammette lo stesso giornalista torinese – uno dei volti e delle voci del mitico periodo di “90° minuto” in tv e “Tutto il calcio minuto per minuto” alla radio – proprio Pier Cesare fu il suo maestro di giornalismo negli anni di formazione in quella che è sempre stata la speciale palestra di Tutto­sport. Con Baretti uno spazio particolare lo ricopre un altro protagonista della scena culturale di quel periodo, lo scrittore e giornalista braidese Giovanni Arpino (a La Stam­pa), morto in questo periodo, il 10 dicembre del 1987. Baretti a Tuttosport guidava un gruppo di giornalisti di grande qualità, prima di vivere altre esperienze di lavoro, fuori dal giornalismo. Fu di­rettore generale della Lega Calcio e poi presidente della Fiorentina. Alla guida del club viola, ebbe il merito di puntare sul giovanissimo Ro­berto Baggio, acquistandolo dal Vicenza nonostante gli infortuni che il grande talento aveva già subito. Poi ebbe il merito di promuovere una campagna di tifo leale e sportivo in collaborazione con la curva viola, qualcosa di eccezionale ancora oggi. Non eb­be purtroppo il tempo di portare a termine il suo lavoro. Trovò la morte il 5 dicembre del 1987 (pochi giorni prima di Arpino) all’età di 48 anni per un incidente in elicottero. Due grandi personaggi. E una carriera felice come quella di Nesti, premiato significativamente a Dronero.

Di recente lo stesso Nesti ha raccolto i momenti più significativi della sua vita e della sua carriera nell’autobiografia “La vita è rotonda” (Sag­gese Editore) che lui stesso definisce «un diario esistenziale del pallone», proprio perché sullo sfondo c’è sempre il calcio. Una vita spesa al servizio delle passioni più grandi: il pallone, il microfono, la penna. Dagli anni ’70 agli anni Duemila, il racconto tocca quasi cinquant’anni di emozioni, aneddoti e disavventure attraverso la lunga esperienza in Rai nelle telecronache di sei Mondiali e sei Europei. In un periodo di evoluzioni continue fino all’attuale panorama dominato dal web. Lo abbiamo contattato nei giorni della premiazione, che ha dovuto rinviare di qualche giorno per un abbassamento di voce. Proprio il suo strumento principale.

Nesti, chi era per lei Pier Cesare Baretti?

«Era il mio maestro, insieme con lo scrittore Giovanni Ar­pino. L’uomo che mi ha insegnato il mestiere di giornalista sportivo».

Oggi che dirigente di calcio e che direttore sarebbe Baretti?
«Era una figura universale. Alla luce delle esperienze dirigenziali nella Fiorentina e nella Lega, avrebbe potuto diventare presidente della Juve prima di Montezemolo».

Cosa ricorda dei suoi anni a Tuttosport, prima di cominciare la lunga carriera in Rai?

«Ricordo “mostri sacri” come Panza, Ottolenghi, Ormezza­no, Romeo, Beccantini, Ca­miniti… Chi è stato più fortunato di me?».

Rispetto ai suoi anni, quanto sono cambiate le telecronache di calcio?
«Rispetto agli anni Ottanta-Novanta, le voci narranti so­no più di una. Ritengo che si parli il giusto in radio, e troppo in tivù».

Il calcio di oggi le piace ancora?

«Meno di una volta, perché, a causa di fuorigioco e pressing, pallone e giocatori stazionano, mediamente, nell’arco di appena 30 metri di spazio».

Proprio così. Per quanto riguarda invece Juve e Toro, le squadre che lei ha seguito di più: quali prospettive vede in questa stagione?
«Le solite. La Juventus gioca un campionato di Serie A1, con l’obbiettivo dei primi 4 posti. Il Torino, malinconicamente, gioca un campionato di Serie A2».

Di cosa si sta occupando adesso?
«Della promozione del mio decimo libro. È una autobiografia».

Per concludere, conosce il territorio della Granda?

«L’ho percorso tante volte, ma senza lunghe soste. Se le Langhe fanno parte del patrimonio Une­sco, per bellezza, e ricchezza, ci sarà un motivo, no?».