«Nella vita serve gioia. Lo insegna la natura»

IDEA ha incontrato Michelangelo Mammoliti, con La Rei Natura di nuovo due Stelle Michelin

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Rigenerante, riconciliante con la natura, ispiratore: l’incontro con lo chef Miche­lan­gelo Mammoliti è stato tutto questo. E tanto altro. A pochi giorni dalla (ri)conquista della seconda Stella Michelin – questa volta con La Rei Natura, il gioiello gourmet che fa capo al Boscareto Resort & Spa della famiglia Dogliani, a Serralunga d’Alba -, il 38enne cuo­co torinese si è raccontato a IDEA.

Chef, la se­conda Stella (ritrovata) l’ha particolarmente emo­zionata. Come mai?
«È arrivata grazie a un percorso breve ma intenso. Con la nuova avventura a La Rei Natura, ho scelto di ripartire da zero e adesso, a nemmeno cento giorni dalla vera apertura, ci troviamo a parlare di questo traguardo».

Qual è stata la chiave?
«Ci abbiamo messo grande de­terminazione e costanza. Il duro lavoro paga sempre, a patto di avere insieme una squadra che lotta per gli stessi obiettivi».

Forse è banale chiederlo a uno chef stellato, ma lei si sente un “cercatore di eccellenze”?
«Sì, è un termine che mi si addice. Sono una persona che ama il bello e così cerco sempre le eccellenze. Ma attenzione: ci pos­sono essere bellezza ed ec­cellenza anche nell’imperfezione. Lo insegna la natura».

Cosa ama della natura?
«Ogni cosa, nel bene e nel male. Guardi ad esempio quello che abbiamo davanti in questo preciso momento: una pera, una mela, dei fiori e, fuori dalla finestra, tante foglie. Nell’im­per­fe­zione, sono forme auree».

Dov’è nata la sua passione?
«Sono nato in mezzo a un mare di bouquet, floreali ma non solo. Sa, la Valle Susa è un luogo incantato: abbiamo talmente tante eccellenze che è impossibile non apprezzarle. E poi si sono aggiunti i miei familiari e tante persone che ho incontrato negli anni: tutti mi hanno insegnato ad amare la natura».

Cerca l’eccellenza nelle persone?
«Soprattutto nelle persone. Gli chef che ho conosciuto mi han­no insegnato a circondarmi di persone brave, certamente, ma an­che capaci di portare qualcosa di diverso. Non è necessario es­sere per forza dei campioni: con­ta saper giocare un ruolo importante in modo da contribuire a creare un insieme unico».

Crede nel gioco di squadra.
«Ogni chef può essere il migliore, avere delle idee bellissime e una creatività speciale, ma se poi non ha intorno persone capaci di percepire e comprendere le sue necessità allora diventa tutto inutile. Lo stesso vale per il ristorante: può essere il più bello del mondo, ma senza le persone non ha anima».

Come sceglie i collaboratori?
«Ho passato l’ultimo anno e mezzo in compagnia di tantissime persone. Trascorro del tem­po con loro, le accompagno anche quando lavorano. Sono stato con cercatori di tartufi e funghi, con produttori, con agricoltori e mugnai».

E cos’ha capito?
«Che nel nostro lavoro il merito più grande è il loro. Noi chef dobbiamo preoccuparci di non “rovinare” la materia prima».

Torniamo alla natura: l’elemento che la rappresenta meglio?
«L’Erythronium dens-canis: una pianta eccezionale, che sintetizza bene anche la mia filosofia di cu­cina. È un bulbo che vive sottoterra, pure a temperature molto basse, per poi spuntare non appena ghiaccio e neve co­minciano a sciogliersi. È in quel momento che inizia a tirar fuo­ri le sue foglioline color nocciola – che hanno un sapore di nocciola, appunto, e mandorla – e poi i suoi fiori, violacei, lilla oppure gialli. Ha un ciclo di vita di appena 20-25 giorni, proprio come i miei piatti che possono cambiare da una settimana all’altra».

Oltre alla natura, c’è un altro termine che descrive bene le sue creazioni: viaggio. A che punto è del suo viaggio?
«Come chef, penso di essere appena all’inizio. In questo lavoro, si raggiunge la piena maturità più avanti con gli anni: servono tantissimi incontri, esperienze, conoscenze e pure… errori».

Sono ammessi?
«Per ottenere grandi risultati è inevitabile sbagliare e compiere scelte errate».

E nel viaggio della vita come vanno le cose?
«Mi sono sposato con Simona e un anno fa è nata Maya (che proprio oggi, giovedì 23 novembre, giorno di uscita di IDEA, festeggia il primo compleanno). È una gioia meravigliosa averla e mi dà una carica pazzesca: mi ha arricchito parecchio, tanto che ora, al ristorante, mi sento anche un po’ il papà della brigata».

Non abbiamo ancora parlato di Langhe e Roero.
«Dopo un periodo di adattamento, mi sono fatto assorbire: è un territorio meraviglioso. Qui mi sento a casa».

Tra qualche mese, da queste parti, arriverà pure il Tour de Fran­ce. Da appassionato sarà contento, no?
«Molto. Infatti sono appena rientrato dall’allenamento… La vita è come il ciclismo: con sacrificio, serietà, determinazione e idee si riescono a scalare anche le vette più impervie».

Il consiglio?
«Ispirarsi a dei modelli di riferimento, ma poi essere autentici, esprimere sempre sé stessi, a costo di sbagliare; rispettare i propri tempi ma farsi trovare pronti al momento giusto».

Come fa l’Erythronium…
«Proprio così. Ogni volta che sboccia riesce a far felice chi la guarda. È quello che dobbiamo fare noi cuochi: dare gioia».