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La Provincia deve essere scelta dai cittadini e avere le risorse per fungere da cerniera tra Regioni e Comuni”

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Tra i temi del dibattito istituzionale più accesi, a partire dalla discussione sul disegno di legge presentato in Parlamento per reintrodurre l’ente, solo formalmente abolito dalla legge Delrio, “La rinascita delle Province” è stata al centro del convegno organizzato da Confindustria Cuneo, seguito in Sala Ferrero da un’ampia platea di imprenditori e da una folta rappresentanza di sindaci e amministratori del territorio. Prendendo le mosse dal percorso di riorganizzazione in atto, la riflessione ha visto l’intervento di Roberto Calderoli, ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, che ha dialogato con il giornalista di “Italia Oggi” Francesco Cerisano. È seguita la tavola rotonda, moderata da Ezio Bernardi, direttore del settimanale “La Guida”, con Giovanni Quaglia, presidente della Provincia di Cuneo dal 1988 al 2004 e Luca Robaldo, presidente della Provincia di Cuneo e sindaco del Comune di Mondovì.

Qualsiasi sarà la riforma, è fondamentale che abbia tra i suoi obiettivi principali l’efficienza della macchina amministrativa – ha sottolineato il presidente degli Industriali, Mariano Costamagna, nel saluto iniziale –. Se le leggi sono semplici, funzionali, efficaci, gli amministratori che guidano quella macchina posso farla andare a pieni giri e aiutare gli imprenditori, ma anche i cittadini, a raggiungere gli obiettivi che fanno crescere i territori e il Paese”.

Dopo l’introduzione di Giacomo Tassone, responsabile Servizio legale e normativa di impresa, ha preso la parola Marco Orofino, Ordinario di Diritto costituzionale alla Statale di Milano. Partendo dalla descrizione dell’assetto costituzionale, il professore ha ripercorso la storia delle Province, preesistenti alla Carta costituzionale, citando le norme che ne regolano la funzione, delineando un ente che non può essere restaurato com’era in passato e di cui va ripensato il ruolo alla luce delle nuove competenze, previste dal disegno di legge, valutando come elementi positivi sia l’elezione diretta del presidente della Provincia sia la previsione del quorum del 40% per l’elezione del presidente per scongiurare che con un doppio turno possa essere eletto un presidente di minoranza.

La necessità di tornare alle Province, ancora di più per una realtà come quella cuneese, che con i suoi 247 Comuni potrebbe rappresentare una Regione, è nei numeri e nei fatti – ha sottolineato il ministro Calderoli -. La presenza di un ente che faccia da cerniera tra il livello regionale e il livello comunale è fondamentale per sostenere le realtà territoriali più decentrate”. Sui costi necessari per sostenere la riforma, netto il commento di Calderoli: “La democrazia ha un costo. Ma se in gioco c’è la sicurezza dei cittadini, va pagato. Anche la legge Delrio ha determinato un incremento di spese, nonostante l’obiettivo fosse il risparmio, perché il personale è stato assorbito nella maggior parte dei casi dalle Regioni con ulteriori costi da sostenere”. È poi: “È fondamentale approvare la riforma delle Province entro le europee e regionali 2024 – ha evidenziato Calderoli – in modo da evitare la spesa aggiuntiva di 225 milioni per una tornata elettorale che non preveda l’election day”.

Nella seconda parte dei lavori, dopo l’introduzione di Ezio Bernardi, il confronto tra due Province, quella di Giovanni Quaglia, storico amministratore dal 1988 al 2004, che ha ricordato come la Provincia di Cuneo abbia rappresentato storicamente un esempio di capacità di progettazione, decisione e condivisione con il territorio a partire dai piccoli comuni alle sette sorelle, potendo contare anche su un ufficio tecnico ben strutturato che si rivelò fondamentale per progettare la ricostruzione post alluvione e che sarebbe potuto essere strategico anche adesso per i progetti del Pnrr, e quella di oggi, di Luca Robaldo che, pur mantenendo alcune competenze fondamentali intatte come l’edilizia scolastica e la viabilità, ha visto dimezzare in dieci anni il numero dei dipendenti e delle risorse a disposizione dell’ente:“Se c’erano enti che funzionavano, quegli enti erano le province, averle inopinatamente chiuse senza pensare al dopo ci ha portato in questa situazione”, ha commentato Robaldo, portando l’esempio della gestione delle strade, 3.119 chilometri, che è rimasta invariata nei numeri, ma non nei fondi disponibili.

L’errore della legge Delrio era prevedere una prima parte di riforma da completare dopo la vittoria del referendum. Che non c’è stata. Quindi ben venga la riforma, ma che sia completa, restituendo ai cittadini la possibilità di votare”.