«Borghi bellissimi ma la differenza la fanno i sorrisi»

L’ex folletto della “Melevisione” ha girato l’Italia per Rai1 passando da Fossano: «Tante persone accoglienti in Piemonte, ma lo sapevo già: da 20 anni vivo a Torino». Nostra intervista a Lorenzo Branchetti

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Una vita da folletto. Vent’anni fa Lo­­ren­zo Branchet­ti appariva in tv nel­le vesti di Milo Cotogno ricevendo in eredità il ruolo da To­nio Cartonio: iniziava così un nuovo capitolo nella lunga storia della “Melevisione”. «È il mio talismano, quello della Tv dei Ragazzi. Avevo 22 anni e facevo già teatro per ragazzi, i musical, la gavetta. “Melevi­sione” cercava un nuovo folletto perché Danilo Bertazzi stava lasciando il ruolo. Tra centinaia di provinati scelsero me, mi spiegarono che avevo la faccia di chi affronta da folletto anche la vita. Era il dicembre 2003, nacque un’avventura alla qua­le sono affezionato: ancora og­gi una marea di ragazzi tra i 20 e 30 anni ricorda con affetto noi attori del programma».

Per lei è stata anche una svolta di vita: non ha più lasciato Torino, dove si produceva la trasmissione.
«È la città dove per me è cambiato tutto, una svolta professionale e umana. La adoro, mi piace viverci, è la più a misura d’uomo tra le metropoli italiane. Certo, mi ha conquistato un po’ alla volta, nel 2004 era ancora spenta, prima delle Olimpiadi. Arrivavo da Roma, io toscano di Prato, ricordo un impatto violento. Mi dicevo: dove sono finito? Tra le fabbriche… In realtà il grigio ha poi preso tanti colori e le Olim­piadi hanno aperto Torino al mondo, oggi è bellissima».

Non solo “Melevisione”, ha partecipato anche a “La pro­va del cuoco”.

«Torino è il mio punto di ricarica e nei primi anni mi sono dedicato solo alla tv dei ragazzi per scelta mia, ne ero diventato il volto. Ma proprio per questo, Antonella Clerici mi ha voluto con lei. Sono rimasto lì per 8 anni, tanto tempo. Ero un jolly, facevo un po’ tutto a parte cucinare, presentavo contenuti, ho fatto l’inviato e per una settimana ho sostituito Antonella».

Come la descriverebbe?

«È come la si vede, simpatica e sorridente. L’anno scorso sono passato a trovarla e lei mi ha fatto entrare nella diretta, “è venuto a trovarmi un vero folletto!”. Con lei i rapporti sono ottimi. Così come lo erano con Fabrizio Frizzi, un’amicizia purtroppo breve ma quel poco tempo in cui l’ho conosciuto mi ha riempito il cuore per la bellezza della persona che era. Cosa rara nel nostro mondo: lui era buono con tutti e innamoratissimo della sua famiglia, della sua piccolina. Non mi ha meravigliato l’enorme affetto ai suoi funerali, è stato uno dei più grandi in assoluto».

Recentemente lei ha ripreso a viaggiare con “Camper”: a lu­glio è passato anche da Fos­sano, giusto?
«Sì, negli ultimi due anni mi è capitata questa bellissima occasione su Rai 1, nella fascia oraria delle 12, visitando luoghi straordinari. Estate indimenticabile ma faticosa, con 64 puntate per 64 borghi visitati. Facevo cartoline da 4-5 minuti: mi sono riempito gli occhi di bellezza, dalla Val d’Aosta alla Sicilia. Cosa ricordo di Fossa­no? Che non era proprio un borgo, ma una cittadina. E il Ca­stello degli Acaja che colpisce con la sua maestosità, l’ottimo stato e i suoi mattoni rossi. Poi due meravigliose chiese e la piazza del mercato».

Non male come memoria, ri­spetto ad altri 64 luoghi…
«Il segreto? Di ogni posto ho cercato la sua unicità».

Abbiamo notato che sui suoi canali social fa spesso riferimento alla tragedia dell’11 settembre 2001: perché?
«Perché tutto il mondo ricorda che, al crollo delle torri gemelle, le trasmissioni furono interrotte ovunque, quasi all’unanimità. Ora, un conto è che davanti alla tv ci sia un adulto capace di capire subito cosa sta succedendo e un conto è che ci sia invece un bambino che sta seguendo il suo programma preferito: fumo, distruzione, paura. “Melevisione” all’epoca era il programma più seguito tra i ragazzi, il ricordo di quanto accadde resta impresso nella mente di quelli che oggi sono uomini e donne che erano davanti alla tv. I Pinguini Tattici Nucleari ne hanno fatto riferimento in un verso di “Scrivile scemo” cioè: “… un finale migliore per quella puntata della Melevisione, interrotta da torri che andarono in fiamme e bimbi che facevano domande”. Io ricordo che stavo seguendo il programma con i miei famigliari. Due anni dopo sono diventato il folletto».

Ha pensato al futuro?

«Dopo 20 anni di tv dei ragazzi, devo fare il tagliando. Gli attori dopo un po’ sentono l’esigenza di nuovi stimoli. L’esperienza di “Camper” è stata importante, mi piace raccontare. La mia faccia parla alle famiglie e parla di territorialità, magari a chi non può viaggiare. Mi piacerebbe continuare».

Che impressione ha ricavato incontrando gli italiani?

«L’accoglienza in alcuni posti è più calorosa, in altri meno. Ma io dico sempre: se in un bar ti sorridono e nell’altro ti danno il caffè senza dire nulla, tu da chi torni la volta dopo? Pie­montesi freddi? Sarà che io sono sempre sorridente, ma nei cinque luoghi in Piemonte che ho visitato (Vogogna nel Verbano, Avi­gliana nel Torine­se, Fos­sano, Cellamonte nel Mon­ferrato e Costigliole delle Lan­ze) ho sempre trovato persone carine e accoglienti. Do­vrebbe essere la normalità, le buo­ne maniere piacciono di più».

Detto da un folletto…
«È il mio approccio, lo devo ai miei genitori e alla mia famiglia, noi siamo così, sorridenti. Sono stato fortunato e non posso permettermi di non sorridere alle persone. Ecco perché mi dissero “si vede che sei un folletto”».