“Packaging: sì al riciclo per la sostenibilità ambientale”

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Al centro del convegno “Europa a un bivio: riciclo o riutilizzo?”, il punto della situazione sull’iter di approvazione della riforma europea sugli imballaggi, che stravolgerebbe un intero sistema di imprese nei comparti di macchine per imballaggi, materiali, trasformatori e utilizzatori, dall’agroalimentare alla cosmetica

L’Italia è tra i Paesi Ue più virtuosi sugli obiettivi di riciclo fissati dall’Ue. Un primato di tutto rispetto quello del Belpaese nel rigenerare materiali già utilizzati, trasformando scarti e rifiuti in nuove risorse, ma questa eccellenza potrebbe scomparire se verrà approvata senza correttivi la riforma degli imballaggi su cui sta lavorando l’Unione Europea. Una norma che porta con sé potenziali impatti negativi su molte filiere industriali, a fronte di ritorni in termini di sostenibilità e minor impatto ambientale che non sono certi né al momento dimostrabili. Al centro del convegno “Europa a un bivio: riciclo o riutilizzo?” organizzato da Confindustria Cuneo, il punto della situazione sull’iter di approvazione della riforma europea, volta a favorire il riutilizzo degli imballaggi a scapito del riciclo e sulle sue criticità che creano enorme preoccupazione in tutti i settori industriali interessati. Dai produttori di imballaggi e loro fornitori di materia prima, utilizzatori industriali di imballaggi, costruttori di macchinari per il confezionamento e l’imballaggio, logistica e-commerce, riciclatori di imballaggi, grande distribuzione organizzata, operatori della ristorazione, senza contare molti altri comparti.

Dopo i saluti istituzionali del presidente Mariano Costamagna, “riciclo e riutilizzo sono due parole che devono viaggiare insieme, non contrapporsi. l’Italia è un esempio in Europa e nel mondo. Faremo del nostro meglio, portando i nostri rilievi in tutte le sedi istituzionali”. Stefano Ramero dell’Ufficio Sicurezza, Ambiente, Energia e Alimenti ha presentato i punti salienti della proposta di riforma europea. Dai principali obiettivi della proposta – ridurre i rifiuti di imballaggio, renderli riciclabili in modo sostenibile entro il 2030, con l’introduzione anche di sistemi vincolanti di vuoto a rendere – agli obblighi per gli operatori – no al monouso negli alberghi per i prodotti di igiene personale, alle bustine di zucchero, salse, vassoi, bicchieri in plastica nella ristorazione, reti e sacchetti per frutta e verdura inferiore a 1,5 kg – ai vincoli sulla componente biodegradabile, alla gestione dei rifiuti da imballaggio, alle azioni specifiche in materia di riutilizzo e ricarica, all’etichettatura.

Le nuove regole stravolgerebbero un sistema di 100 mila imprese e 7 milioni di addetti nei comparti di macchine per imballaggi, materiali, trasformatori e utilizzatori, dall’agroalimentare alla cosmetica e non è stata fatta una valutazione di impatto sotto il profilo ambientale, sanitario, economico.

La   posizione nazionale di Confindustria è stata portata da Marco Ravazzolo, Direttore Area Politiche per l’Ambiente, l’Energia e la Mobilità di Confindustria: «Fin dall’inizio, Confindustria ha sempre posto le sue perplessità sulle criticità emerse dall’analisi del testo, formulando però proposte concrete sia al Governo, sia ai portatori di interesse, di cui ci auguriamo che l’Europa tenga conto».

«Riciclo e riuso devono essere considerate come soluzioni complementari per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale. Una scelta aprioristica di principio come quella contenuta nella proposta di Regolamento rischia di vanificare quanto di buono è stato fatto dai diversi Stati».

Alberto Frache, Docente di Scienze e Tecnologie dei materiali, Politecnico di Torino si è soffermato sui dati sul riciclo degli imballaggi in Italia. «Negli ultimi 25 anni, dal 97 al 2022 si è passati da un’emergenza ad un’eccellenza».

«La raccolta differenziata – ha evidenziato Franche – era meno del 10%, oggi al 72%, ben a al di sopra della media europea che è ferma al 50 per cento, venti punti in più della Germania. Il tasso di utilizzo dei riciclati è del 21% superiore di dieci punti sulla media europea. Siamo in anticipo di nove anni all’obiettivo europeo del 2030. Tante aziende hanno fatto di questa attività il core business. Circa 5mila imprese fanno questo in Italia in modo esemplare siamo arrivati a 34 milioni di rifiuti riconvertiti in materie prime “seconde”. La vera sostenibilità va dimostrata con numeri e dati scientifici. Nella proposta Ue, non ci sono, così come non si parla di finanziamenti necessari per accompagnare le imprese al cambiamento».

L’europarlamentare Gianna Gancia, assente per il funerale dell’ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha inviato una nota, sottolineando come l’Italia, con la sua eccellenza riconosciuta nella gestione dei rifiuti di imballaggi, rappresenti un modello di successo. «Tuttavia, la proposta di regolamento attuale potrebbe mettere a rischio le nostre filiere produttive. La nostra posizione al Parlamento europeo riflette un approccio più flessibile, che bilanci le esigenze ecologiche e l’impatto economico. La sostenibilità ambientale può e va percorsa senza mettere a rischio quella economica e il lavoro delle imprese».

A chiudere gli interventi, Andrea Corniolo, responsabile dell’Ufficio Sicurezza, Ambiente, Energia e Alimenti, che ha moderato il dibattito: «Dai dati si evince come il modello italiano, caratterizzato da Conai e i Consorzi di filiera, ma anche da consorzi specifici per particolari materiali, ad esempio Coripet, rappresenti un’eccellenza in economia circolare rispetto ad altre realtà europee. Non tener conto dei risultati ottenuti preferendo l’opzione del riuso – con significativi problemi legati alla sicurezza alimentare e all’igiene – potrebbe portare ad un congelamento degli investimenti in ricerca e sviluppo sul riciclo. Infatti, anche se abbiamo ottenuto importanti risultati c’è ancora tanta strada da fare e c’è una necessità di investimenti in nuove tecnologie di processo che possono portare a materie prime secondarie sempre più performanti e sicure».