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God save the king

Molti inglesi faticano ancora a declinare al maschile l’esclamazione, ma Carlo, a lungo oscurato dalle personalità della Regina e di Diana, è pronto a stupire e conquistare un popolo

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Un lungo weekend di festa. Da Westminster a Buckingam Palace. Sovrani e capi di stato, carrozze dorate e limousine nere, coreografie e parate, ali di folla. Carlo III è stato incoronato a 74 anni, acclamato dal popolo ma inseguito ancora dai dubbi, schiacciato sempre dai paragoni con la madre. “God save the queen” urlano ancora in tanti, e non è solo abitudine.
I ritratti, tutti, evidenziano in Carlo contraddizioni più o meno bonarie. Sa essere semplice, però capita s’inalberi dinanzi a strappi al protocollo. Mette becco su tutto, dalle forze armate alla scuola, inondando di messaggi i vertici delle istituzioni, e se per qualcuno è volontà sincera di contribuire a un miglioramento per altri è boria di chi ritiene di saper tutto. È pacato, ma capace di grandi sfuriate. Ha mille interessi, nessuno però profondo. Ha una sensibilità ecologista e tuttavia nessuna remora a spostarsi su un jet privato, è viziato eppure altruista. I biografi non autorizzati, e, secondo i gossip, confidenzialmente anche quelli autorizzati, riassumono in superficialità e immaturità, più banalmente è il prezzo di una formazione rigida, di una ricerca continua e inappagata d’approvazione dei genitori, specie di Elisabetta che divenuta giovanissima regina fu obbligata a sfumare dolcezze e premure.
Cresciuto in un’aura solo apparente – ha sperimentato il bullismo al college, ha sofferto la timidezza – Carlo ha compreso adolescente di non possedere il carisma materno né la forza caratteriale del papà Filippo, al resto ha pensato la lunghissima attesa della corona che ha radicato, nell’immaginario, la figura di un bambinone, sovrastato non solo dalla personalità di Elisabetta ma pure oscurato dalla moglie Diana, completamente diversa, prigioniera come lui in un matrimonio senza amore. Carlo amava Camilla, conosciuta giovanissima ma ritenuta dalla Famiglia non all’altezza e alla rottura del matrimonio, già logoro per le diversità caratteriali, provvide anche la scoperta da parte di Lady D di frequentazioni mai interrotte tra i due, diventati coppia dopo la tragica morte della principessa tra le lamiere di un’auto in un tunnel parigino. La vecchia nuova unione è stata benedetta anche da Elisabetta prima di chiudere gli occhi, e per il popolo è stato importante nonostante fatichi ancora a perdonare, attribuendo a Carlo tristezza e sventura della madre dei suoi figli, invece amatissima.
Elisabetta era regina nei modi. Anche senza trono, senza scettro, senza palazzo. E la monarchia, svuotata di poteri esecutivi, è su quello che si regge: sul carisma. È per questo che lei ha unito e rafforzato il Paese ed è per questo che Carlo s’avvia a un mandato complicato, conscio di non possedere quell’aura materna ma deciso a fare del suo meglio. «Sono qui per servire e non per essere servito» si presenta, e la formula di rito sfuma in promessa personalissima. Di sicuro, al netto delle contestazioni indipendentiste, l’entusiasmo popolare incoraggia e la sensazione diffusa è che tra difficoltà e pregiudizi il nuovo Re cominci a guadagnare simpatia.