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«I leader dell’Europa devono fermare subito la guerra»

Liguori: «Non ci hanno detto nulla e ora rischiamo il tracollo»

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Ospite popolare dei salotti televisivi, Paolo Liguo­­ri ha portato nell’ultimo periodo un punto di vista non convenzionale sull’attualità. Lo abbiamo contattato per IDEA.

Direttore, cosa prevede per l’autunno?
«Che, verso la fine, potrebbe diventare drammatico. I rischi sull’energia, con la campagna elettorale in corso, non vengono affrontati con adeguata chiarezza. Si parla di aiuti, ma se le cose restano così, sarà difficile aiutare davvero le aziende e non solo le famiglie. Da due anni stiamo facendo finta di nulla, la situazione economica e sociale è gravissima. Le aziende danno lavoro e bisogna sostenerle, ma anche le famiglie per le bollette e le spese dei debiti. Così però rischiamo di diventare un paese “mantenuto”».

Con quali conseguenze?
«Le vediamo: tanta gente inizia a dimettersi dal lavoro. È agghiacciante. Già abbiamo pochi giovani, quei pochi non li incentiviamo tanto che alcuni di loro si dimettono dal lavoro. A me sembra una situazione pesante».

E quali segnali arrivano dalla politica?
«Questo è uno dei periodi più neri. La politica si sta muovendo – anche in questa fase elettorale – con sciatteria. I politici hanno cambiato il Parlamento, cioè l’organismo sovrano, senza una legge e senza neppure cambiare i collegi. Si sono quindi trovati assediati dal vecchio mondo di prima che contava su una rielezione, quella che i partiti non possono più dare a tutti».

Chi vincerà le elezioni?
«Ci sono sondaggi netti, ma a me il quadro sembra indecifrabile».

Qual è il tema più urgente da affrontare?
«Ho una mia idea che vedo minoritaria, ma non m’importa. C’è un “non detto”, un’ipocrisia sul fatto che siamo in guerra. Non stiamo solidarizzando con l’Ucraina attaccata, siamo in guerra. Senza che sia mai stato chiesto un parere agli italiani, siamo già in un’economia di guerra. Si attribuiscono tutte le colpe a Putin, quando in certi casi le colpe non sono mai di un unico soggetto. Certo, lui ne ha di più».

E intanto c’è l’autunno critico alle porte.
«Forse i politici non immaginavano che ci sarebbe stata una crisi di energia e di gas con la guerra? Ci sono tanti grandi economisti, a cominciare da Draghi (anche se il suo ambito è quello della finanza), e nessuno aveva capito che sarebbe stato tutto molto difficile? Però intanto alcuni paesi come la Norvegia ci guadagnano e speculano sull’energia».

E le sanzioni contro la Russia?
«Le sanzioni chieste dagli Usa fanno un danno soprattutto all’Europa, che si indebita e si sottomette ancora di più al potere d’oltreoceano, compreso quello energetico. C’è chi dice: ma noi eravamo subordinati a Putin per l’energia. Vero, ma con questo cambio di programma lo saremo di più nei confronti di Washington».

Come sta cambiando il mon­do?
«Siamo tornati ai grandi blocchi: Cina, Russia e Stati Uniti. Con il risultato di dissanguare l’Europa: l’euro è già pari al dollaro, la speculazione è evidente con l’idea di comprare presto le aziende eu­ropee. Que­ste cose che sto affermando e che i lettori di IDEA capiranno bene, i politici non le sapevano?».

Si è parlato molto di un’ingerenza russa nella politica italiana.

«C’è stata davvero? Non possiamo saperlo. Ma che gli Usa stiano ingerendo pesantemente lo vediamo in modo chiaro. Certo, sono nostri alleati. Ma non significa che noi dobbiamo esserne subordinati».

Non teme di essere accusato di complottismo, come minimo?
«Sono stato accusato di ogni cosa. Queste problematiche esistono, l’ingerenza c’è e ci sarà, solo che i partiti non dicono le verità scomode. Ma poi quale complotto? Francia e Germania sono messe come noi, un po’ meglio perché hanno il nucleare, mentre noi non abbiamo i soldi che servirebbero per le energie alternative e siamo costretti al carbone come ultima ratio. E pensare che prima gli ecologisti chiedevano di non trivellare per il gas, mentre oggi i Verdi in Germania pensano che in emergenza si possa utilizzare il carbone».

Altro che emergenza climatica…
«Cambia tutto. La pandemia aveva rinchiuso le persone in casa, poi è finita la libera circolazione e quindi la globalizzazione. Ognuno fa per sé ma non l’Europa perché c’è il patto atlantico. Ma questo esiste se siamo minacciati militarmente, mentre lo siamo economicamente. È una guerra di economie».

Quali nuovi scenari mondiali dobbiamo aspettarci?
«Samarcanda ha sancito l’alleanza dei 2/3 del nuovo mon­do, solo che noi siamo nel terzo minore. Prima si diceva “l’Europa conta”, adesso siamo in un contesto diverso dove si sta ricostituendo quella frontiera che avevamo demolito nell’89 con la caduta del muro di Berlino».

A proposito, se n’è appena andato anche Gorbaciov.
«E non è stato neppure celebrato. Lui, l’ultimo dei tre giganti che hanno fatto cadere il muro. C’erano stati giusti riconoscimenti per Papa Woy­tila, come per lo stesso Reagan. La morte di Gor­baciov è stata quasi ignorata. Perché ormai andiamo nel senso opposto, verso la nuova cortina di ferro».

L’addio alla Regina Elisabetta che cosa rappresenta?
«Fateci caso, i cronisti dicono che si tratta di “un evento seguito da tutto il mondo”. È una forma di egotismo infondato: nemmeno la metà del mondo se n’è interessato. Ci stiamo dividendo tra paesi che un tempo erano potenze coloniali e paesi colonizzati. Abbiamo due cartelli: i cinesi stanno con gli indiani, gli iraniani, gli africani…».

I cosiddetti paesi emergenti?

«Non più, ora sono emersi e si stanno associando sostanzialmente contro di noi».

Per cambiare dovremmo avere una nuova mentalità?

«Dobbiamo fare una politica europea e non atlantica, confrontandoci con l’alleato ma tenendo al centro interessi europei. E ora c’è la necessità che finisca subito la guerra in Ucraina, ogni giorno che passa qualcun altro ci guadagna, dai russi agli americani, agli speculatori. Mentre ogni paese europeo ci perde».

Servirebbe un’intesa tra leader europei che fin qui non si è vista.
«Formalmente c’è, però ancora non ho sentito un leader dire basta alla guerra. Dopo la Seconda guerra mondiale, la­sciammo pezzi d’Italia per te­nere Trieste avendo comunque la pace in questi 60 anni».

Voltiamo pagina: conosce il territorio piemontese?
«Ad Alba c’è un posto meraviglioso che è il Centro Ri­cerche Pietro Ferrero, un’eccellenza mondiale per il marchio che rappresenta, sempre avanti in molti campi. Poi nelle Langhe ci sono le eccellenze enogastronomiche che tutti conoscono e le tante aziende produttrici. Se ci sono italiani che non conoscono questo territorio, dovrebbero organizzare un viaggio perché si sono persi qualcosa».

CHI È
Nato a Roma nel 1949, dal 2015 è direttore editoriale del sistema multimediale TgCom24, sito web di riferimento che coordina l’interazione e le sinergie tra le diverse piattaforme del modello all-news di Mediaset: servizi, collegamenti, inchieste e telegiornali sui canali web e su quelli televisivi

COSA HA FATTO
Diventa professionista dopo l’esordio a Lotta Continua, passa a Bresciaoggi e poi al Giornale di Sicilia, nel 1985 è assunto al Giornale di Montanelli. Diventa direttore a Il Giorno prima di spostarsi a Studio Aperto, tg di Italia 1. Ogni tanto si concede incursioni nello sport (vedi Controcampo)

COSA FA
Sulle reti Mediaset è uno degli opinionisti più presenti e anche incisivi. Inoltre per TgCom24 cura anche la rubrica “Fatti e Misfatti” nella quale commenta l’attualità. Nell’ultimo periodo, ovviamente, si è occupato della guerra in Ucraina sottolineando i gravi rischi per l’Europa. È anche direttore del Laboratorio Digitale Master in Giornalismo della Iulm, università con sede a Milano