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Gli scatti retrò di Angelo Fiore che fanno sognare

In mostra a Bergolo le fotografie realizzate con una macchina d’epoca sapientemente restaurata

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Bergolo, borgo ar­ram­­picato sulle colline sopra Cor­te­milia, ha da lu­stri perseguito una vocazione per l’arte in senso lato, creando opere e spazi votati alla creatività. In quest’ottica il borgo di pietra ospita fino al 25 settembre una serie di mostre, tra le quali “Con­temporaneo Retrò” del fotografo Angelo Fiore nella cappella romanica di San Se­bastiano. Una mostra singolare, di ritratti fotografici realizzati con una macchina d’epoca sapientemente restaurata. L’analogico ritorna protagonista con scatti irripetibili: tributo alla bellezza, alla tecnica fotografica ma anche allo stupendo territorio dell’Alta Langa.

Angelo Fiore è fotografo dall’età di quattordici anni. Diplomato in arti grafiche, nel 1973 realizza a 18 anni le prime serie di immagini personali dalle quali sviluppa studi guidati da temi conduttori in continua evoluzione. Collabora con importanti azien­de nel mondo della stampa e della grafica. Nel 1990 fonda una società di outsourcing per la consulenza di arti grafiche. Nel 2010 gli viene conferito il Torchio d’oro dall’Associazione Pro­gres­so Grafico. Ha prodotto migliaia di fotografie stampate, pubblicato libri e ha partecipato a numerose mostre. Negli ultimi anni ha intensificato il suo lavoro nell’ambito della fotografia narrativa.

È all’inizio del 2020 che ha rimesso in funzione una macchina fotografica di grande formato del 1860 e che ora utilizza per ritratti come quelli in mostra a Bergolo. L’ottica ha una feritoia per inserire manualmente i diaframmi, che sono stati rifatti. L’ottu­ratore è semplicemente il tap­po. Tutte le immagini sono state realizzate direttamente durante le riprese fotografiche, senza post-produzione. Angelo Fiore, ha sempre utilizzato anche in analogico, la tecnica dell’alto contrasto acquisita nel mondo delle arti grafiche. Il costruttore della macchina fotografica che l’artista utilizza è Gavazzi & De Socher di Milano, periodo di costruzione 1880-1920. Ca­ratteristica che ne distingue l’unicità è il formato 24×30 centimetri con un’ottica da 600 millimetri.

«Per questo motivo la ricerca dei materiali e le soluzioni per la messa in funzione è stata molto impegnativa» spiega Fiore. La macchina è corredata di tre chassis con doppio volet per doppie esposizioni. Negli chassis veniva posizionato il vetro con l’emulsione (dagherrotipo): «In questo caso – spiega Fiore – è stato risolto applicando una colla speciale per far aderire il film negativo al vetro. Ho ritrovato un produttore nella repubblica Ceca, un’antica azienda fondata nel 1921, per il film negativo pancromatico nel formato 8”x10” e 24×30 centimetri». Una procedura complessa che da però risultati eccezionali: «Il passaggio dal negativo alla stampa su carta avviene a contatto con un torchietto che ho trovato in Inghilterra. La stampa è 1 a 1 formato 8”x10” e 24×30 centimetri quindi a contatto con il massimo della risoluzione. Per stampe veramente esclusive».

Tecniche e procedure complesse che Fiore è in grado di riproporre grazie alla sua grande esperienza: «Per fortuna ho iniziato a fare il fotografo nel 1969 in una Zinco­grafia dove facevamo le foto per produrre i cliché per la stampa tipografica ed ho imparato a stendere l’emulsione sulle lastre di vetro, sciogliere i prodotti chimici seguendo le formule dei fotografi più anziani. Questa esperienza mi ha aiutato a mettere tutte le procedure insieme supportato da molte cose che nella vita da fotografo avevo conservato e pensavo solo per ricordo, invece ho utilizzato tutto e le parti mancanti ho dovuto crearle anche con l’aiuto di un caro amico». Un percorso per nulla semplice, che ha richiesto tutta una serie di adattamenti: «Ri­tornare dal digitale all’analogico è stato un passaggio con molte difficoltà – spiega il fotografo -, ho dovuto ristrutturare in pratica tutto lo studio e rifare un ambiente per la camera oscura. Nonostante la scarsa reperibilità delle luci rosse inattiniche e di altri accessori che comunemente avevo utilizzato per tanti anni, ha intensificato il fascino di esporre e sviluppare un negativo in totale oscurità e stampare e sviluppare la carta dove l’immagine latente ma­no a mano appare ed è una sensazione meravigliosa che vale la pena per tutti gli sforzi profusi».

La mostra sarà proposta anche alle scuole del territorio al fine di far comprendere ai giovani studenti l’origine della fotografia intesa anche come arte.

BaNNER
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