Eleganza, simpatia e grande disponibilità. Già dalle prime battute emerge lo spessore umano e professionale di Massimo Dapporto. L’attore e doppiatore, nato a Milano nel 1945, annovera 47 anni di carriera e 33 film. Ha cominciato il suo percorso artistico con le commedie, si è dedicato a cinema e televisione. Il massimo successo di pubblico l’ha ottenuto negli anni Ottanta, partecipando alle principali produzioni affidate a registi come Vanzina, Risi e Scola. L’ultimo set cinematografico al quale ha preso parte è stato “Nicola, lì dove sorge il sole” datato 2006. Il successo televisivo invece è arrivato con “Distretto di Polizia” dove ha interpretato il personaggio del commissario Marcello Fon­tana, antesignano dei tanti investigatori che negli ultimi anni sono stati protagonisti di serie televisive premiate dagli ascolti. Una carriera, la sua, che continua ed è ancora in grado di entusiasmare il pubblico.

Partiamo dallo spettacolo “Il delitto di via dell’Orsina”.
«Sta raccogliendo consensi ovunque. Qui a Napoli, dove ci siamo esibiti dal 15 al 20 febbraio al “Mercadante”, finalmente dopo due anni ho visto un teatro esaurito. Sono rimasto sorpreso. L’amore per il teatro fa superare, anche, i timori legati al Covid. Il nostro è uno spettacolo di valore, ma il vero spettacolo è vedere una platea e i palchi sold out. Mi sono emozionato. Quello di Napoli è un pubblico molto esigente e ha risposto con gusto, con risate e molti applausi. La regista Shammah, portando in scena il suo adattamento dell’originale francese, offre al pubblico una comicità elegante, intelligente e senza parolacce. Tornando al pubblico napoletano, che per me è una cartina tornasole parlando dei teatri italiani, all’uscita tutti commentavano lo spettacolo. Un’opera che è riuscita in pieno. Con Antonello Fassari c’è una bella sintonia sul palco, ci conosciamo da diversi anni, avevamo lavorato insieme in Celluloide, un film di Carlo Lizzani. Con Antonello mi sono trovato benissimo, si è creata una bella amicizia, anche perché viaggiamo insieme per le varie tappe. Meglio non potevo trovare, sono sincero».

Quella di Bra è l’unica data in provincia di Cuneo. Cosa ci dice sulla Granda?
«Mi ricordo di ogni città, una volta che ci ritorno. Mentirei se le dicessi diversamente. Nel 1971, che fu il mio primo anno di lavoro, capitai a Cuneo. Le racconterò di Bra e del territorio, quando arriverò dopo la data del primo marzo. Da parte dei nonni paterni, sono piemontese. Mia nonna (Olimpia Cavallito, ndr) era originaria dell’Astigiano e mio papà (l’attore Carlo Dapporto, ndr) aveva fatto una macchietta, che si chiamava Agostino e che parlava in piemontese. Il Piemonte mi piace molto come terra e per il dialetto. Sono nato a Milano, ma da quando avevo 4 anni vivo a Roma. Ho un miscuglio di regioni dentro di me, quando mi sposto in alcune di queste effettivamente mi sento un po’ a casa, più protetto».

Il teatro quante soddisfazioni le ha dato e le sta dando?

«A partire da metà degli anni Novanta, grazie alla televisione, ho sempre avuto il primo nome in compagnia e sono diventato un primo attore. Ho sempre cercato di mantenere una certa onestà nei confronti del pubblico. Non ho mai cercato uno spettacolo che potesse annoiare, anche perché poi sarei il primo ad annoiarmi. Non ho mai tradito il teatro e il pubblico dei teatri. E, a loro volta, non mi hanno mai tradito. Sono contento del lavoro fatto in tutti questi anni. Sono diventato grande, uomo, mi ha dato felicità. Il teatro è terapeutico, anche per gli attori».

Il punto più alto o la soddisfazione più grande che ha raggiunto?
«Ricordo con affetto e la rifarei adesso per quanto riguarda il teatro, “La coscienza di Zeno” il capolavoro di Italo Svevo. Parlando di cinema, dico “La famiglia” di Ettore Scola. Per quanto riguarda la televisione, Giovanni Falcone mi ha dato grandi soddisfazioni artistiche. La serie “Amico mio”, mi ha dato grande popolarità, superando i dicei milioni di spettatori. Senza dimenticare ovviamente il doppiaggio di Buzz Lightyear nei diversi e fortunatissimi episodi di “Toy Story”. In tanti, ad esempio, mi chiedono ancora del film “Soldati-365 all’alba”, con la regia di Marco Risi (un film del 1987, ndr). Ma una volta gli attori non erano così fortunati come quelli attuali».

A questo punto della sua carriera, qual è il prossimo obiettivo che vuole raggiungere?

«Vorrei smettere di essere un attore teatrale di tournée. Vorrei dedicarmi maggiormente a cinema e televisione, oppure facendo delle stagioni teatrali che durino al massimo due mesi e senza grossi viaggi. Fermandomi, soprattutto, nel­le grandi città. Ma questo dal 2023 in poi».