«DIG421 in Granda: un alveare di idee per il XXI secolo»

«Un progetto che mette al centro le persone, con la volontà di interconnettere aziende, processi e tecnologie, unendo competenze distinte per valorizzare il territorio»

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Il DIG421 nasce come Fondazione di partecipazione, un assetto societario caratterizzato da una struttura aperta che favorisce la collaborazione di più enti che condividono gli stessi obiettivi. Inaugurato da poche settimane, alla presenza di numerose autorità politiche nazionali e locali, professionisti ed imprenditori, DIG421 e la sua Fondazione si pongono come obiettivo quello di creare momenti di confronto e di condivisione, attivando lo scambio di conoscenze, av­viando progettualità congiunte, attraverso la collaborazione di soggetti diversi che lavorano allo stesso tavolo.
A presentare ai lettori di IDEA «questo ecosistema di relazioni in un network aperto, un open innovation», Giuseppe Pacotto, presidente della Fondazione DIG421 e la moglie Marcella Brizio, vicepresidente Fon­da­zione DIG421, nonchè fondatori di Tesisquare®.

Cosa rappresenta il DIG421, presidente Pacotto?
«È un luogo dove le persone e le idee si incontrano per fare rete, sperimentare, creare e consolidare il proprio business: il futuro è l’esperienza che incontra l’innovazione e si rigenera. La nostra azienda Tesisquare® si occupa costantemente e su molti assi dell’innovazione dei suoi prodotti e servizi informatici. Tuttavia, ci è parso interessante ascoltare con attenzione il concetto di “open innovation” proposto dal professor Henry Chesbrough, che a partire dal 2003 consiglia aziende e professionisti ad intraprendere percorsi paralleli e discontinui al proprio “core business”. Approccio che è stato preso in considerazione e reso operativo nel primo decennio, solo da grandi, grandissime imprese, creando propri importanti hub ed incubatori. Da alcuni anni però, anche le imprese medie lo hanno iniziato a considerare, con modelli, ovviamente, un po’ diversi. Modelli che potremmo definire federali e partecipativi con percorsi di co-innovazione. Noi dunque, partendo dalla considerazione che l’innovazione digitale è uno degli ingredienti onnipresenti nelle nuove innovazioni di prodotti e servizi, abbiamo deciso di essere tra i first mover del nostro territorio con un progetto partecipativo no profit, aperto a imprese, enti, professionisti privati e studenti del territrio, aperto al mondo. Progetto che vuol essere un inizio, certamente da affinare e migliorare, ma soprattutto uno schema di collaborazione aperta da lanciare, rendere efficace e lasciare come dote alle prossime generazioni».

Qual è il principale obiettivo, direttore Elio Becchis?
«La Fondazione Digital Innova­tion Gate for XXI Century risponde alla sfida di far collaborare le imprese fra di loro. La nostra ambiziosa mission desidera riuscire a far superare l’idea vecchia che “chi fa da sè fa per tre”. Noi preferiamo basarci sulla volontà di mettere insieme competenze, conoscenze ed esigenze delle imprese per realizzare idee concrete. Vogliamo favorire lo sviluppo del territorio puntando direttamente al cuore dell’innovazione digitale e creare un luogo fisico dove le aziende possano generare un network mettendo insieme le loro competenze, anche se apparentemente lontane. Abbiamo pensato ad un assetto societario aperto. La Fondazione favorirà momenti di confronto e di condivisione e di progettualità congiunta. La Fondazione è un punto di partenza: noi vogliamo diventi riferimento per la raccolta di nuove idee e la loro messa a terra. Ci auguriamo che sia uno strumento per il cambiamento futuro».

Dottoressa Brizio, il Digital Innovation Gate 421 è uno spazio collaborativo pensato come luogo dell’innovazione aperto al territorio ma con una vocazione internazionale… Co­me siete riusciti a immaginare dal punto di vista archiettonico il progetto?
«Attraverso il valente supporto di Nemesi abbiamo organizzato un complesso di uffici ubicati in volumi modulari auto-simili, evocanti il linguaggio digitale binario, tra loro collegati da una parete verde scenografica, avente struttura reticolare in acciaio. L’edificio in cemento, acciaio e vetro, ricerca un dialogo serrato con il contesto ambientale, in un rapporto osmotico con la natura, attraverso la sua porosità che rende il paesaggio parte costitutiva del progetto: il complesso è intervallato da piccole piazze, percorsi pedonali e sistemazioni paesaggistiche, che danno forma all’idea di connessione e relazione. Il progetto verde, invece, a firma di Bengala Land­scape Architecture racchiude la sua forza estetica nella vegetazione che crea una cornice omogenea e leggera, legata alla scelta di specie vegetali basata sulla stagionalità, a creare un giardino mutevole, che valorizza i tempi della Natura e che esalta le tensioni e il concetto di movimento che ispirano le forme dell’edificio. Un albero singolo, il Ginko Biloba, simbolo del­la vita e della rinascita, affianca la Chiesa di San Bernardo, valorizzando la riqualificazione del luogo sacro».

La recente inaugurazione è il primo tassello di un progetto più articolato che verrà implementato e completato entro il 2023, prevedendo anche un parco aperto al pubblico.